Incapaci di mezzana cosa, sono fortissimi o vilissimi, dottissimi o ignorantissimi; ma, nell'ignoranza, estremamente maliziosi e sempre pazienti nel raggiungere il fine.''
P. Mattia Doria, 1713.
E' la seconda volta che mi imbatto in Mattia Doria; altrove appuntai che:
‘E’ in balia del barone impoverire e rovinare un vassallo;
tenendolo in carcere o non permettendo al governatore o al giudice del borgo di
sbrigare la causa. Col diritto di grazia fa ammazzare chi vuole e grazia
l’omicida; colla transazione della pena riempie di birri e di assassini la
terra. Abusa del suo potere contro gli averi, come contro l’onore dei vassalli.
Al suo capriccio deve sottostare il commercio come il matrimonio. Provare il
delitto di un barone è impossibile. E lo stesso governo, or vigoroso e talor
violento col barone debole, non ha che indulgenza pel barone potente…Da’ detti
abusi si vede che alcuni sono come sovrani nelle loro terre.’
(in
‘Archivio storico delle Provincie
Napoletane’, XXIV, 1899, p. 336).
Non mi sembra peregrino un confronto con Giovan Francesco Pugliese, DEIN, volume II:
''Un Sovrano filosofo
scriveva: «Je ne pretend pas multiplier
mes sujets pour les rendre hereux; mais je veux les rendre hereux pour qu'ils
se multiplient».
Si
mediti dunque da chi è destinato dalla Provvidenza a reggere i destini de'
popoli, che le nostre Provincie non hanno altra occupazione che l'Agricoltura,
e la Pastorizia: che se la prima languiva sotto il dominio feudale, ora è
perseguitata, ed oppressa. Le proprietà sempreppiù si concentrano, e si
sottraggono all'uso de' più: se si hanno le terre non si supplisce alle sementi
coi Monti frumentarii pei vizii che ho rilevato; se si han le sementi, non si
ha il numerario per animare e sostenere l'industria, né vi si supplisce per
altri vizii co' Monti pecuniarii; ed il mutuo ad interesse tra privati delle piccole
somme alimenta una usura scandalosissima; quindi lungi dall'essere avviati i
nostri popoli alla felicità per moltiplicarsi,
sono spinti alla diffidenza, alla mala fede, ed alla immoralità, ond'è che il brigantaggio, ed il forbando che si reprime col sangue, e colla distruzione, dal
sangue, e dalla distruzione ripullula. Si dice e si ripete non senza ragione
che i montanari Calabresi siano inclinati alla ferocia, ma finora per quanto
io mi sappia, niuno ha detto che tali uomini laboriosi potessero divenir buoni,
ossia niuno si è finora occupato a proporre mezzi proprii da impedire che
divenissero cattivi. Ciò pruova che nella società sia più facile il declamare,
che il ragionare.''
E ancora, sempre in GFP, DEIN, II:
''Queste squadre (parla dei braccianti e bifolchi delle zone interne) che
ci vengono ('ci', in senso locativo, 'che vengono a Cirò', per prestarsi ai lavori più pesanti), e ne partono (da Cirò) cantando, e festeggiando, innalzando, bassando, e
strisciando al terreno le grandi e ricurve loro falci, mentre formano la gioja
e saziano la curiosità de' ragazzi, mi hanno ispirato e m'ispirano delle gravi
riflessioni.
Da questa classe così paziente e laboriosa, attiva, elastica,
e per loppiù sobria, che ordinariamente si ciba di un pane duro di segala, e di
un peperone, uscivano i valorosi Brezii, ed a' tempi nostri i più bravi
combattenti nelle Spagne, e sotto Genova, parte sotto la guida inglese, parte
sotto la francese. E da tal classe i feroci delle guerre civili: i furenti
depredatori, i violenti vendicativi raramente dell'onore, spesso, e sempre
degl'interessi materiali, e de' soprusi. Ma con ciò può affermarsi vera la tinta
che si appicca a' nostri montanari, anzi alle nostre provincie di formarne il brigantaggio il carattere distintivo?
Forse uno studio più imparziale della indole naturale, e fattizia dalle
occupazioni, e dalle relazioni civili ed economiche, farebbe cessar questa
imputazione, e chiarirla in gran parte calunniosa. Forse non si declamerebbe
quanto si è declamato e continua a declamarsi contro le scorrerie ed i
scorridori di campagna che ne' loro eccessi fan fremere la giustizia vera; se
in vece di pensare unicamente alla distruzione delle comitive dopo che già si
son formate, si approfondisse preventivamente sulle cause che le fan nascere,
e su' mezzi veri che si usano per sostenerle. Forse si conchiuderebbe che anche
‘’Le rebut des societès policées (se tale può chiamarsi questa infelice classe)
peut former une societé bien ordonné.’’ Forse si scovrirebbe che ‘’l'iniquitè,
l'injuste repartition des biens, les supplices, et les fardeaux de la misere,
l'insolance et l'impunite des richesses, l'abus du pouvoir fait souvent des
rebelles, et des criminelles’’.... e forse si direbbe non distruggete una
infame genia ma donnez leurs (invece di un Manhes obbligato a severità
orrende per reprimere il disordine già stabilito) un chef genereux, humain,
eclairé, vous fairez des ces brigands un Peuple honnét, docil, raisonnable!...
Tanto più che questa classe non è quella descritta da Tacito
parlando degli antichi Germani, più difficile ad indurla ad arar la terra ed aspettarne dopo
un anno il frutto, perché lenta e vil cosa estima acquistar col sudore quel che
può col sangue. Ma potrebbe per ritornata barbarie in mezzo al decantato
progresso dell'incivilimento (quod
absit) divenirla. Quelli che ci fan tremare sempre sono i montanari, sono
i Casalini. Ebbene i più laboriosi uomini che abbia il regno son questi: i più
sobri son dessi.''
Prendiamo questo come un inizio o una rapida occhiata alla visione storica del copiato e misconosciuto Pugliese... se mi sarà possibile farlo, 'dirò dell'altre cose ch'i v'ho scorte', chissà...
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