Premessa: con grande piacere mi sono imbattutto, per un fortunato caso, nelle pubblicazioni del professor Guglielmo Genovese; con la ritrosia del profano dilettante mi sono rivolto a lui per domandare il permesso di poter 'postare' questo suo studio, su questo blog senza pretese, dove mi piace annotare fatti e 'cose', genericamente intese, che riguardano il paese dal quale manco da trentacinque anni, Cirò Marina.
Il professor Genovese, con rara disponibilità e rapidità, non solo mi ha concesso il privilegio che gli avevo richiesto, ma mi ha anche espresso il suo gradimento per questa mia iniziativa, desiderio, o quello che è... Ne sono contento, perché ritengo che la cultura sia un atto del dare, del non trattenere per se soli quanto si riesce a tesaurizzare delle proprie esperienze. La cultura è quel che resta quando si è dimenticato tutto, così mi diceva un mio vecchio insegnante... C'entra, soprattutto parlando di archeologia, cioè di uno studio della storia che ritengo ancora più difficile delle altre storie le cui fonti e documenti sono molto più facilmente reperibili e consultabili.
Il 'dossier' che presento è stato leggermente modificato dallo scrivente, ma solo nella misura e nell'intento di 'calettarlo' sulla realtà cirotana; ne consegue che la numerazione delle note e delle figure è stata adeguata alle scarse possibilità di editing del blog. Confido che il professor Genovese, al quale rinnovo i miei ringraziamenti, non me ne voglia. Fin qui la parte 'riportata' quasi integralmente, nelle prossime puntate le considerazioni sul mito, su Filottete. Intanto faccio tesoro di questa bella definizione: territori filottetei... mi piace.
Dossier
Indagini
archeologiche per una carta archeologica del territorio di Filottete
Cattedra di Archeologia
e Storia dell'Arte Greca e Romana
Università degli Studi di Roma La Sapienza
Direttore Scientifico
Prof. Eugenio La Rocca
Responsabile Coordinatore
Prof. Guglielmo Genovese
Indagini
archeologiche per una carta archeologica del territorio di Filottete.
a) Il territorio di
Filottete: il quadro geo-topografico
b) Elementi per una
premessa
c) Aspetti metodologici per la realizzazione di una ricerca programmata
nella Crotoniatide
d) La ricerca
programmata nel territorio di Filottete: modelli di indagine analitica
SCHEDA ANALITICA N. 1 : Santuario di Punta Alice
SCHEDA ANALITICA N. 2: Cirò Marina
SCHEDA ANALITICA N. 3: Cirò Superiore
SCHEDA ANALITICA N. 4: Melissa
SCHEDA ANALITICA N. 5: Strongoli
SCHEDA ANALITICA N. 6: Le Murgie di
Strongoli
Figure
Bibliografia dossier
Indagini
archeologiche per una carta archeologica del territorio di Filottete.
A) Il territorio di Filottete: il quadro
geo-topografico.
Il comprensorio
filotteteo, oggetto del nostro interesse, a livello geo-topografico si può individuare nella
parte più settentrionale della Crotoniatide, presso l'estremità meridionale
della Sibaritide.
Si tratta di un ambito archeologicamente omogeneo, posto tra il promontorio di Punta
Alice e il fiume Neto. Entrambi costituiscono i confini naturali entro cui
ricadono i tenitori degli attuali comuni di Cirò, di Cirò Marina, di Melissa e di Strongoli (fig. 1).
Il quadro delle conoscenze relativo
alle chorai coloniali della Magna Grecia, e in particolare della
Calabria, resta, tuttavia, alquanto approssimativo[1]. L'area, comunque,
che a livello mitico è interessata dall'arrivo di Filottete, è nota per la presenza
cospicua e ininterrotta di gruppi indigeni e italici, strutturatisi secondo modelli
protourbanistici[2], com’è
esemplarmente rappresentato dal caso di Le Murgie di Strongoli[3]. Sulla base dei dati sin qui evidenziati
dalla ricerca precedente si è, inoltre, predisposta,
seguendo un criterio geografico da nord a sud, una ripartizione del territorio
per aree di indagine,
contraddistinte dai numeri 1-6 (fig. 2):
Punta
Alice: area 1;
Cirò
Marina: area 2;
Cirò
Superiore: area 3;
Torre Melissa-Melissa:
area 4;
Strongoli centro: area 5;
Strongoli
Le Murgie: area 6.
B) Elementi per una premessa.
La mia cattedra di Archeologia e
Storia dell'Arte Greca e Romana, presso l'Università degli Studi di Roma La Sapienza, intende
compiere, in concorso con la Soprintendenza
Archeologica della Calabria, analisi archeologiche, secondo criteri
multidisciplinari, sul comprensorio in questione, ritenuto uno dei cardini nel
complesso fenomeno della colonizzazione greca in Occidente[4], e al contempo
della fase successiva: la romanizzazione[5]. In base alle
ricerche antecedenti sembra possibile proporre alcune linee tematiche per la
comprensione degli aspetti territoriali, archeologici, storico-artistici,
demo-antropici, socio-politici e culturali, che, limitatamente a quest'ambito territoriale, possono essere
esaminati mediante un'azione sinergica. In
previsione di un'analisi capillare, s'intende, altresì, distinguere specifici
temi di ricerca, che potranno essere
oggetto di tesi per le lauree specialistiche, sulle problematiche più
stringenti che l'indagine archeologica farà emergere, e che potranno condurre
alla realizzazione di seminari da tenere presso la suddetta cattedra,
incentrati sulle seguenti questioni:
•
le componenti epicorie: conio-enotrie, definite mixellenes
da Paolo Orsi, presenti nel mitico territorio di Filottete (situato negli
attuali comuni di Cirò, Cirò Marina e Strongoli, nelle località Le Murgie e Pianetti),
i cui centri proto urbani (realtà necropolari e aree santuariali) sono in grado di
attestare una presenza indigena che vive ininterrottamente dalla fase
protostorica sino alla romanizzazione, interagendo e contaminandosi con
moduli e forme greco-coloniali, ma mai snaturandosi negli aspetti cultuali,
artistici e materiali[6].
•
Le interrelazioni e gli apporti fra Greci e Indigeni che
paiono maturare verso la fine del VI sec.
a.C., e precisamente nel 510 a.C., ossia nel momento successivo alla
distruzione di Sibari
da parte di Crotone, quando compaiono i primi fermenti di una nuova strutturazione delle
componenti indigeno-italiche in rapporto all'emergere di alcuni gruppi osco-sabellici (Brettioi e
Loukanoi) e raffermarsi di Petelia[4].
•
Le risultanze del conflitto fra componenti greche e
italiche per il controllo della Magna Grecia, il contributo che a ciò diede la presenza dei diversi condottieri,
sopraggiunti in Calabria, ed infine la partecipazione di alcune potenze esterne come
Siracusa, Cartagine e Roma[5].
•
La romanizzazione della Crotoniatide, la nascita della
colonia romana di Croto e il suo declino,
in relazione, anche, a quel che accade nella limitrofa area sibarita con lo sviluppo
della colonia di Copia-Thuri[6].
C) Aspetti
metodologici per la realizzazione di una ricerca programmata nel territorio di Filottete.
La ricerca proposta mira a ridefinire in
maniera sistematica le presenze antropiche antiche del comprensorio filotteteo,
e ciò può realizzarsi soltanto partendo da un’approfondita analisi del
materiale pregresso che giace nei magazzini dei musei. Essenziale sarà,
altresì, la realizzazione di specifiche campagne di survey, per ottenere un
quadro dell'antropizzazìone del comprensorio sopra indicato, secondo modelli e
formule già canonizzate dall'archeologia del paesaggio[7].
È chiaro, inoltre, che non si potrà prescindere
dai basilari aspetti geologici, geomorfologici e geoarcheologici, che di recente si
sono rilevati sempre più determinanti[8] sulla scorta di esplorazioni analoghe
compiute in altri contesti dell'Italia meridionale[9], ma anche in quelli calabresi come la
Sibaritide[10] e la Crotoniatide
meridionale[11]. Slmilmente a
quest'ultimo ambito[12] s'intende
procedere, esaminando siti ritenuti particolarmente rappresentativi come: Punta Alice di Cirò
Marina [area 1] e Le Murgie di Strongoli [area 6],
oggetti delle rispettive schede analitiche nn. 1 e 6, presenti in
questo dossier, allo scopo di giungere, in accordo con la Soprintendenza Archeologica della Calabria, alla pianificazione di idonee
campagne di scavo a carattere
stratigrafico. La combinazione di campagne di ricognizione e di scavo si prospetta
nell'esclusivo intento di produrre la
maggior quantità di dati possibili relativi alle prime fasi dì vita di
un territorio o di un sito, alla sua frequentazione ed infine al suo declino. D’altronde,
proprio questa formula combinatoria sembra
poter rappresentare la strategia analitica più calzante per studiare un in modo estensivo un comprensorio complesso
proprio come quello di Fiiottete.
I temi
di indagine, preliminarmente definiti al
punto A, possono ora delinearsi più propriamente come
studio su;
•
origine dei centri epicori ed il loro rapporto con il
mito.
•
Relazioni tra le diverse componenti culturali indigene
insediatesi nella Crotoniatide.
•
Rapporti interculturali e di interazione esistenti fra milieu
indigeno-italico e componenti allogena (Greci. Fenici), con
annesse problematiche (identificazione di central places: nuclei satelliti etc.) durante la fase
arcaica, la fase classica e quella ellenistica.
•
Sviluppo di una dialettica antropologica nei rapporti
con il mondo italico, e nei rapporti economici
con il mondo greco e greco-coloniale, alla luce dei dati e degli elementi cultuali (nascita, sviluppo e
relazione polis, santuari extraurbani, protocentri indigeno-italici e micronuclei-fattorie)
•
Riesame della realtà insediativa a seguito dell'occupazione
romana, dualismo fra Petelia e Kroton. con dismissione di oppida e castella, e
trasformazione di micronuclei-fattorie in villae
•
Rilettura del quadro della romanizzazione
Sulla base del pregresso, essendo sicuri
dell'importanza del comprensorio filotteteo e dell'indagine che si intende prospettare e condurre a
termine, quest'ultima dovrà incentrarsi secondo
specifiche modularità che contemplino:
•
interventi conoscitivi e preliminari per una
riconsiderazione dei dati provenienti da ricerche
preesistenti, mediante ricognizioni topografiche o reinterpretazioni sia dei
saggi di scavo che dei materiali sin qui noti.
•
Mappatura o ri aggi ornamento delle evidenze
archeologiche, utilizzo di cartografia pregressa,
di fotografie aeree, valutazione delle problematiche geologico-ambientali, dati di
archivio, fonti letterarie, fonti bibliografiche, etc.
•
Nuovi interventi per la ridefinizione delle conoscenze,
effettuati con l'utilizzo di sistemi di
ricerca innovativi: aerofotogrammetria, rilevamento di superficie, telerilevamento, indagini
di tipo diagnostico prospezioni geofìsiche, survey.
•
Saggi di scavo in aree rilevanti del comprensorio in
oggetto (schede analitiche nn.1; 6).
D) La ricerca programmata nel territorio di
Filottete: modelli di indagine analitica.
L'approccio globale allo studio del territorio dì Filottete dovrà
compiersi secondo criteri modulari sistematici e intensivi in un congruo lasso di
tempo. Considerata, d'altronde, la complessità delle problematiche, dovrà
essere attuabile, nei casi di interazione culturale, l'uso di modelli analitici
come ad esempio; il Peer Polity Interaction. La ricerca combinata di più
metodologie dovrà fornire,
altresì, un'adeguata rilevazione del quadro antropico. Determinante è, quindi, la realizzazione di una carta archeologica
in cui si evidenzino le differenti periodizzazioni della vita dei centri
in questione, mediante apposite carte di fase, ottimizzando la capacità di
documentazione con l'impiego di sistemi informatici. D’altronde, numerose sono le università e gli enti di ricerca italiani e
stranieri che si stanno interessando alle problematiche relative ai
rapporti fra mondo greco-romano e mondo indigeno-italico, come: l’Università
del Salento che da anni si è proposta di
realizzare il censimento sistematico degli abitati indigeni dell'Italia
meridionale, l'Università di Groningen che da anni esamina il sito di
Francavilla Marittima nella Sibaritide, l’Università della Basilicata che ha
studia le interazioni culturali fra mondo greco e milieu indigeno nella
regione lucana e nell'area della Piana di Gioia Tauro, ed infine l’Università di Austin in Texas impegnata
in ricerche territoriali sul Metapontino e sulla Crotoniatide meridionale. Ebbene, come è accaduto in queste esperienze,
l'impiego di un sistema GIS potrà consentire
la lettura e l'interpretazione globale delle dinamiche insediative su scala territoriale, determinando da un lato
l'opportunità di valutare lo studio delle funzioni spaziali, e dall'altro rendendo possibile
l'integrazione dei differenti livelli di analisi;
•
livello archeologico
•
livello geografico
•
livello geologico-geomorfologico-pedologico.
In
tal senso, sarà possibile, valutando il quadro insediativo del comprensorio
filotteteo, cogliere la capillarità distributiva degli abitati
indigeno-italici sia rispetto alla polis di Kroton e alla colonia romana di Croto
e sia in rapporto a Sybaris, a Thurii, e a Petelia, individuando
la presenza
di villae romanae e di luoghi di culto rurali ed extraurbani.
Scheda analitica n. 1
Area 1: Punta Alice
Provìncia: Crotone
Comune: Cirò Marina
Località: Punta Alice-Mesola San Paolo
Riferimento
IGM: F. 231 III SE
Descrizione: Punta Alice è una punta sul mare, protesa a
circa 700 m ad E della spiaggia
Altimetria: 10 m slm circa
Contesto: luogo di culto
Cronologia: VIII-I sec. a.C.
Attività di ricerca proposta: scavo stratigrafico
Premessa.
La località Punta Alice è nota per l'esistenza del luogo di culto, oramai concordemente riconosciuto come il santuario dedicato ad Apollo Aleo da Filottete; i resti del santuario sono stati portati alla luce da Paolo Orsi[13]. Determinante è comprendere pienamente le relazioni del santuario con le località contermini situate nel territorio di Cirò Marina [area 2] e con quelle collinari di Cirò [area 3] (fig. 5 dell’originale).
1. I dati archeologici
pregressi.
Attestazioni storiche in merito
all'area sacra e in generale al Cirotano sono state fornite da Giovan Francesco
Pugliese[17]. Paolo Orsi fra il
1914 ed il 1915 tentò di definire l'area topografica in cui sarebbe sorto il
santuario di Apollo Aleo, senza, però, riuscirvi, mentre fu in grado di individuare
un ulteriore luogo di culto situato in località Cozzo Leone di Cirò Superiore[18]. Quando nel 1923
casualmente si rinvennero dei resti nel corso di lavori di bonifica, Paolo Orsi decise di compiere la sua unica
campagna di scavo, a cavallo tra i mesi di aprile e maggio del 1924, per un totale di ventiquattro giorni, che mise in luce
la gran parte degli elementi sino ad
oggi nota[19]. Nel 1977, fu,
invece, Dieter Mertens a effettuare alcune esplorazioni in collaborazione con la Soprintendenza
Archeologica della Calabria, la cui indagine, incentrata
sugli aspetti architettonici del tempio, consentì di identificare almeno due differenti fasi
costruttive: la prima tardo arcaica, risalente alla metà del VI sec. a.C., e la
seconda
ellenistica, databile ai primi decenni del III sec. a. C.[20] Il primo edificio
sarebbe stato un eptastilo (7x15 colonne), a cella molto allungata (27x7.9 m), divisa
da un colonnato centrale, senza
pronao e con adyton a quattro pilastri interni (fig. 6 dell’originale), mentre il secondo, che lo avrebbe
sostituito, era un ottastilo (8x19 colonne) con pteroon raddoppiato sul lato orientale (fig. 7 dell’originale). Ulteriori
elementi sostanziali furono quelli provenienti da uno scavo del 1982 compiuto
da parte di Juliette De La Genière che consentì di
estendere la frequentazione del luogo ad un periodo coincidente con la prima metà del VII sec. a.C., e da uno
realizzato nel 1985 da Roberto Spadea
che sostanzialmente confermava i dati precedenti[21]. Gli ultimi saggi,
nei pressi del tempio, sono
stati effettuati, nel 1994 ad opera di Maria Grazia Aisa, ancora inediti, e sottolineano
una continuità di frequentazione per tutto il III sec. a.C.[22].
2. Aspetti conoscitivi
per la realizzazione di una ricerca programmata a Punta Alice di Cirò Marina.
II santuario di Punta Alice merita
un'attenzione particolare nel campo delle ricerche archeologiche che
mirano alla conoscenza del territorio di Filottete. Non a caso il capo su cui sorge il santuario, il Crimisa
Promontorium, in antico dovette costituire il luogo più avanzato della
costa tra Sibari e Crotone, rappresentando uno dei principali punti di approdo
per la navigazione nel golfo di Taranto[23]. Sotto questo
profilo, del resto, importanti sono le considerazioni fatte da numerosi studiosi
sull'importanza del centro di culto come catalizzatore di interessi comuni
tanto da parte delle componenti epicorie quanto di quelle allogene, mettendo in risalto l'apporto locale attestato dai
dati materiali[24]. Assolutamente certa è l'anteriorità del culto rispetto alla costruzione del primo
edificio, considerata la presenza di ceramica in quantità significativa,
databile già alla prima metà del VII a.C.
In
merito alle tecniche costruttive, il tempio della fase arcaica presentava una
cella con zoccolo
in pietra calcarea e un alzato in mattoni crudi con peristasi lignea[25]. Il successivo edificio, invece, fu
monumentalizzato: la peristasi divenne, infatti, lapidea. A livello conservativo, i maggiori elementi si hanno
per quel che concerne la parte occidentale dello stilobate. La parte settentrionale e quella orientale sono parzialmente
conservate, mentre di quella
meridionale rimane poco o nulla. Fra gli elementi architettonici recuperati, si
ritiene di poter annoverare: un frammento di sima del VI sec. a.C.,
un'antefissa gorgonica di fine VI, tre antefisse
di cui una a testa femminile della seconda metà del IV sec. a.C., una a
maschera silenica, una maschera
grottesca e numerosi frammenti litici della trabeazione[26]. Riguardo alla presenza di altre
strutture, la mancanza di indagini non consente di proporre al momento grandi valutazioni, tuttavia
a SO dell'edificio templare furono rinvenuti già dall’Orsi resti di strutture (le cosiddette case
dei sacerdoti), ancora da indagare, presumibilmente databili fra il III ed il I
sec. a. C.
In seguito si edificò una chiesetta bizantina[27]. In sede di analisi
si deve, altresì, evidenziare come ancora non sia noto il temenos e non
siano state rinvenute favisse, senza contare che un culto così importante avrebbe dovuto avere edifici
a coronamento cospicui e sicuramente in
numero maggiore di quanto è sinora noto.
[1] Osanna 1992; Osanna 1997, pp. 273-292; Genovese 1999; Osanna
2000. pp. 203-220; Genovese 2001, pp. 585-672.
[2] De la
Genière 1993; pp. 81-91; Tucci 2003, pp. 167-197; Aisa-Tucci
2004, pp. 167-197.
[4] Maddoli 1979, pp.
133-167; Mele 1983, pp. 9-87; Musti 1991, pp. 21-35; Giangiulio 1989, passim; Giangiulio 1991, pp. 37-53; De La Genière 1997, pp. 503-518;
Genovese c.s.
[6] Orsi
1932; Ceraudo 1994; Genovese 2001; Ceraudo 2003, pp. 351 sgg.
[10] Cambi-Terrenato 1999; Cambi 2003.
[11] Guidi 1999; Cremaschi 2000.
[12] Thompson 2000,
pp. 403-421 ; Di Stefano 2000, pp.
689-706; Belvedere 2000, pp.
707-756; De Sena 2000, 756-110: Carter 2000, pp. 771-792; Quilici-Quilici Gigli 2000, pp. 793-806; Bianco 2000; pp. 807-818.
[13] Peroni et alii 1982-1984; Peroni et alii 1984a;
Peroni et alii 1984b; Peroni et alii 1994; Attema-Delvigne-Van Leusen 2004, pp. 825-833; Attema 2006, pp. 522-527.
[14] Carter 1983, pp.
169-177: Carter 1990; Carter-D’Annibale 1984, pp. 546-551; Carter-D’Annibale 1993, pp. 93-99.
16] Orsi,
1932.
[18] Orsi
1921, pp. 490-492; De La
Genière 1987, pp. 312-313; Genovese 1999, pp. 70:
91-92, 144-145;
Mastronuzzi 2005.
Mastronuzzi 2005.
[19]
Orsi, 1932.
[20]
Mertens 1983, pp. 189 sgg; Mertens 2006.
[21
De La Genière
1987, pp. 311-318.
[22]
Aisa 1996, pp. 286-287.
[23]
Giangiulio 1996, pp. 254-255.
[24]
Massimo Osanna si è addirittura spinto ad ipotizzare una realtà esclusivamente
indigena: Osanna 1992.
[26]
Mertens 1993, pp. 61-80.
[27]
Genovese 2001.
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