Nel quadro degli studi sui 'territori filottetei' non poteva mancare la lettura di uno dei massimi archeologi del secolo scorso, Jean Bérard, grande esperto della Magna Grecia. Ritengo che le supposizioni di G.F. Pugliese, 'l'oscuro cronista locale', come ebbe a definirlo Paolo Orsi, trovino delle conferme anche nelle parole del Bérard. E a dire il vero, più vado a rovistare nelle storie di Cirò e dintorni, più mi convinco del valore dell'opera di Pugliese.
Quelle che seguono sono le pagine
336-341 del volume 'La
Magna Grecia', Storia delle colonie greche dell'Italia
Meridionale, di Jean Bérard
(1908-1957), opera che vide la luce nel 1957 in Francia e in Italia nel 1963
per i tipi di Einaudi, nella traduzione di Piero Bernardini Marzolla. Si tratta di
un'opera fondamentale per la conoscenza della storia e della leggenda della
colonizzazione greca dell'Italia Meridionale. Ho lasciato la numerazione originale
delle note, che nell'edizione 'Piccola Biblioteca Einaudi' (PBE 28) appaiono
alla fine del capitolo IX. Trovo interessante il confronto tra il lavoro
storiografico di G.F. Pugliese e l'opera storica di J. Berard. Ritengo che da
questo esame l'impegno e l'attendibilità della 'Descrizione...' del Pugliese ne
escano rafforzati, tenuto conto anche dei limitati mezzi di cui l'appassionato
storiografo cirotano poteva disporre.
Riporto,
inoltre, uno stralcio, a cavallo delle pagine 431-32 della edizione
sopracitata, che recita:
''Città come Lagaria, Crimisa o
Petelia restarono completamente in secondo piano, nel quadro della vita
politica dell'età storica; ma possedettero santuari venerandi, dov'erano
conservate reliquie di eroi. Tutto però fa pensare che quei santuari
esistessero già molto prima della colonizzazione greca, che cioè siano stati
'ellenizzati' dai coloni greci stabilitisi in italia e in Sicilia in età
storica, ma che in realtà fossero santuari 'indigeni' molto più antichi.
Ciò si osserva anche quando una leggenda si riferisce direttamente a città che
in tempi storici ricevettero una colonia greca ed ebbero maggiore
importanza.'' (E di seguito si cita il caso della leggenda di Crotone e
di Lacinio, ndr).
Come
si può notare, anche questo ultimo assunto non è in contrasto con la lezione
del Pugliese...
Ecco, quindi, le pagine del Bérard.
''A
conclusioni più positive potremo giungere studiando la leggenda di Filottete, leggenda il cui centro principale fu la regione di Sibari e di Crotone, ma che si ritrova anche nel paese degli Elimi, nella Sicilia occidentale. Già nell'epos omerico Filottete ci è presentato come il capo dei Tessali che andarono a combattere sotto le mura di Troia. Nella favola fu celebre soprattutto per aver ricevuto da Eracle morente l'arco
e le frecce; e un altro famoso episodio della sua storia era la sua deportazione nell'isola di Lemnno a causa del fetore che emanava dalla sua gamba morsa da un serpente. La tradizione conosciuta da Omero nell'Iliade e nell'Odissea voleva che fosse felicemente
rientrato, dopo la caduta di Troia, nel suo regno,
la penisola dei Magneti84. Ma una tradizione attestata in età più tarda lo
faceva passare per i mari italiani.
Questa tradizione la conosciamo
da Strabone, il quale l'attinge all'opera di Apollodoro sul Catalogo delle Navi: si leggeva in quest'opera che, secondo certi
autori, Filottete sarebbe arrivato nella regione di Crotone
dove colonizzò il capo Crimisa e, più all'interno, la città di Chone, da cui presero nome i Choni; mentre alcuni suoi compagni ripartirono e, guidati dal troiano Egeste, andarono a fondare Segesta, nei pressi di Erice85. Immediatamente prima, senzaprecisare a quale fonte attinga, Strabone
attribuisce la stessa origine alla vicina città di Petelia, indicandola come
metropoli dei Choni: essa sarebbe stata fondata da
Filottete costretto da disordini di carattere politico a
lasciare la città tessala di Melibea86. La stessa notizia, cioè che Petelia sarebbe stata
fondata da Filottete, si ritrova in un verso dell'Eneide ampiamente commentato da Servio, in un'«allusione» di Silio Italico e in un passo di Solino87. Secondo Servio, Filottete era arrivato nella regione di Petelia direttamente da Troia, evitando di rimettere piede nella sua patria: ma si tratta forse di un particolare inventato, che inoltre non ha alcuna importanza.
Già Licofrone sapeva dell'arrivo
di Filottete in Italia: nell'Alessandra, Cassandra predice che l'erede dell'arco di Eracle sarà accolto dalla pìccola città di Crimisa, nella regione degli Enotri, nei pressi della corrente dell'Esaro; il Crati
vedrà la sua tomba presso il santuario del dio di Patara (cioè Apollo Aleo), dove il Naueto si getta in mare; lì sarà ucciso dagli Ausoni Pelleni, quando presterà aiuto ai Lindi, recatisi dalla lontana Rodi ad abitare in questa terra
straniera; e a Macalla gli abitanti del paese costruiranno sulla sua tomba un grande tempio e lo onoreranno con sacrifici88.
Il Pseudo-Aristotele ci dà una versione
molto simile, evidentemente attinta alla stessa fonte, cioè,
probabilmente, a Timeo. Vi leggiamo che i Sibariti
tributavano un culto a Filottete: al ritorno dalla
guerra di Troia, l'eroe aveva fondato Macalla
nella regione di Crotone, a centoventi stadi da quest'ultima
città, e consacrato le frecce di Eracle nel santuario di
Apollo Aleo; ma i Crotoniati, divenuti potenti, rapirono le
frecce e le collocarono nel loro tempio di Apollo, a
Crotone; in questa stessa regione Filottete fu sepolto, nei pressi del fiume
Sibari: perì mentre dava man forte ai Rodi, arrivati al
seguito di Tlepolemo, in un combattimento contro i «barbari»
indigeni89. Queste
notizie sono confermate dagli scoliasti di Licofrone, oltreché
dai compilatori bizantini, che propongono, per Macalla e Aleo,
due etimologie di scarso valore: in particolare, Tzetze cita
un passo di Euforione, poeta ed erudito alessandrino del secolo III, in cui si attribuisce a Filottete la fondazione del tempio di Apollo Aleo a Crimisa, fra Crotone e Turi, ma in cui, con un errore topografico congiunto a un grossolano anacronismo, si parla di Campani e di Lucani90.
Sarà qui opportuno ripetere la
stessa osservazione che abbiamo fatta a proposito di Epeo
a Lagaria e Metaponto. Èchiaro che, in origine, i centri della leggenda di
Filottete non furono Sibari e Crotone, ma
oscure località della regione compresa fra le due grandi colonie achee: secondo
alcuni, Crimisa e Petelia, secondo
altri Crimisa e Macalla. E così vuole
non soltanto il «criterio della verosimiglianza», ma anche la testimonianza degli autori antichi, che è
esplicita. Il Pseudo-Aristotele racconta infatti come Crotone, all'apice
della sua potenza, si impossessò delle
frecce di Eracle, annettendosi sia il territorio di Macalla sia la
leggenda. Probabilmente, Sibari non agì
diversamente nel secolo VI, e il culto
passò dalla vecchia Sibari alla sua erede Turi: stando a Giustino, Filottete era, infatti, il fondatore di
Turi, dove nell'età romana si poteva
ancora vedere un monumento eretto in
sua memoria, e le frecce di Eracle, conservate in un tempio di Apollo91.
Poiché molti santuari si spartirono, o meglio si contesero, le reliquie dell'eroe, si comprendono agevolmente le titubanze o apparenti contraddizioni della tradizione. A quanto si può giudicare in base alle testimonianze degli autori antichi, le frecce di Eracle consacrate da Filottete in un santuario di Apollo Aleo dovettero originariamente trovarsi a Crimisa; ma la tomba dell'eroe sì sarebbe trovata a Macalla, e un altro heròon doveva esistere
sulle rive del Sibari, il che spiegherebbe l'ambiguità dei versi di Licofrone e
del corrispondente passo del Pseudo-Aristotele; infine, come
abbiamo visto, anche Petelia si diceva fondata da
Filottete. Ora, il capo Crimisa dev'essere identificato con
la punta dell'Alice, quaranta chilometri a nord di Crotone, nei
cui paraggi recenti scavi hanno riportato alla luce le
rovine di un tempio che sembrerebbe appunto quello
di Apollo Aleo92. La Chone di cui parla Strabone dev'essere identificata con l'attuale Cirò,
in cima a una collina dell'interno, qualche chilometro più a sud. Anche il sito di Petelia va cercato a una certa distanza dal mare, ancora un po' più a sud, a Strongoli, dove sono
riemerse vestigia dell'antica città, che sorgeva in una posizione particolarmente forte93. Invece, ancora non si è riusciti a localizzare Macalla. È evidente
che non ci si può basare sulle indicazioni topografiche di Licofrone, come al solito oscure e vaghe; e l'unico dato preciso che possediamo è quello fornito dal Pseudo-Aristotele, il quale ne valuta la distanza da Crotone in centoventi stadi, cioè circa ventidue chilometri. Ora, è degno di nota il fatto che gli autori antichi che parlano di questa leggenda si dividono in due classi: gli uni parlano di Crimisa e di Petelia, gli altri di Crimisa e di Macalla, ma nessuno nomina insieme Petelia e Macalla; e inoltre, la
distanza che separa Strangoli da Crotone è in linea d'aria di ventidue
chilometri, cioè proprio la distanza indicata dal
Pseudo-Aristotele. Macalla e Petelia saranno dunque
state la stessa città, l'odierna Strongoli? È una congettura non illecita, in attesa di una
scoperta archeologica che risolva il problema.
Al pari di Lagaria, né Crimisa, né Petelia, né Macalla -
se questa va distinta da Petelia - furono città importanti nell'età
storica. Tranne che nei testi relativi alla leggenda di Filottete, Macalla non è mai nominata dagli autori antichi; e il nome di Crimisa lo ritroviamo solo a
proposito del responso dato dalla Pizia a Miscello, quando gli consigliò di
andare a fondare Crotone94. Quanto a Petelia, essa dovette svilupparsi e
significare qualcosa soltanto nella seconda metà del secolo
IV e nel secolo successivo, al tempo della dominazione
lucana e in età romana; fino ad allora era rimasta completamente nell'ombra95. L'archeologìa ha dimostrato
come Petelia e Crimisa siano state profondamente permeate
dalla civiltà ellenica; ma né l'una né l'altra, a quanto sappiamo,
appartengono al novero delle colonie fondate dai Greci sulle coste dell'Italia meridionale dal secolo VIII in
poi; e il responso dato a Miscello, sia pure un'invenzione di eruditi di
epoca tarda, implica che Crimisa esisteva
già prima della colonizzazione achea dell'età storica. Ancora una volta siamo dunque indotti a distinguere nettamente fra
colonizzazione storica e colonizzazione
mitica96.
Ma
i versi di Licofrone e la notizia del Pseudo-Aristotele mostrano come gli antichi ponessero un rapporto fra l'arrivo di Filottete in Occidente e la colonizzazione
rodia dell'età eroica. Conosciamo
questa colonizzazione soprattutto da
Strabone, il quale la pone molto prima dell'inizio delle Olimpiadi. A quei tempi i Rodi avrebbero fondato
colonie fin sulle coste della Spagna
o nelle isole Baleari; si sarebbero stabiliti anche sulle coste
italiane, a Partenope nella Campania, a
Elpie nella Daunia, e in particolare sul golfo di Taranto, nella Siritide e nella regione di Sibari sul Traente, cioè
nei pressi delle città di Filottete97. Licofrone e il
Pseudo-Aristotele, mettendo a capo di questi Rodi l'eroe Tlepolemo,
fanno rientrare questa colonizzazione rodia nel quadro della tradizione favolosa. Non è escluso che la leggenda rodia e quella tessala abbiano avuto
un'analoga origine, giacché tra Rodi e
la Tessaglia
non mancarono contatti98; ma non si può spiegare la
leggenda di Filottete con un arrivo di Rodi in quella regione in tempi storici:
la sola colonizzazione rodia attestata nei
tempi storici è quella di Gela e di
Agrigento in collaborazione con i Cretesi, e quella di Lipari in collaborazione con gli Cnidi.
Una difficoltà è costituita dal
nome di Ausoni Pelleni con cui Licofrone designa i nemici che Tlepolemo e
Filotteteebbero da combattere. I commentatori pensano di regola che questo nome
stia a indicare gli Achei che nel secolo VII fondarono Sibari: Pellene era, infatti, una città dell'Acaia, nel Peloponneso99. Ora, può ben darsi che con
quel termine, la cui interpretazione è veramente ardua,
Licofrone abbia voluto indicare gli Achei di Sibari: in tal
caso saremmo di fronte alla solita confusione fra
colonizzazione mitica e colonizzazione storica, confusione che non si riscontra
soltanto nell'Alessandra; e, del resto, Tzetze, il quale intende appunto gli Achei della Pellene peloponnesiaca, si sente in dovere di spiegare che questi Pelleni erano venuti in Italia prima della distruzione di Troia100, mentre gli scoliasti antichi, più prudenti, si astengono da qualsiasi
commento. Il Pseudo-Aristotele, che si esprime in termini più chiari, non parla
di Pelleni, ma di «barbari» che abitavano la
regione: e può darsi che la fonte a cui attinsero in comune tanto Licofrone
quanto il Pseudo-Aristotele parlasse
semplicemente di indigeni101.
Comunque sia, è importante notare che tali leggende
dovevano essere connesse alla popolazione indigena dei Choni. Filottete, dice
Strabone, fu il fondatore di Petelia, che è considerata la metropoli dei Choni;
e colonizzò anche, alle spalle di Crimisa, la città di Chone, da cui i Choni
traggono il loro nome102. Anche la Siritide
e la regione di Sibari sul Traente, che si reputano colonizzate dai Rodi,
appartengono al paese dei Choni. D'altra parte, anche in Sicilia la leggenda di
Filottete era localizzata presso un popolo indigeno, gli Elimi, in rapporto con
la leggenda del troiano Egeste; colonizzazione mitica confermata da Strabone
nella sua descrizione della costa settentrionale della Sicilia103. Ora, il fiume che
attraversava il paese degli Elimi di Segesta si chiama Crimiso, nome che
presenta una ben strana analogia con quello di Crimisa: il dio di quel fiume
era considerato il padre di Egeste104. Proprio presso gli Elimi e presso i Choni di Siri troveremo una
leggenda molto più diffusa in Italia di quella di Filottete: la leggenda
troiana.''
Note.84 Odyss., III, 190; Il., II, 716 sgg. Sulla leggenda di Filottete cfr.Roscher, III, col. 2311 sgg.
85 STRABONE,
VI, 254 = I, 3, F. H. G., I, fr. 173, p. 458 = JACOBY,II, fr. 167,
p. 1093. Cfr. STEFANO DI BISA.NZ10, S. v. Χώνη.
86 STRABONE,
VI, 254 = I, 3.
87
virgilio, Aen., III, 402.
88
LICOFRONE, vv. 911-13, 919-29.
89 pseudo-aristotele,
De mir. ausc., 107.
90 euforione, apud tzetze, ad licofrone, v. 911 = fr. 40 Meineke.Cfr. pseudo-apollodoro, Epit., VI, 15 (Mythographi Graeci, ed. Wagner, I, p.
219). - stefano di bisanzio, s. v. Mάχαλλα. Cfr. Etym.Magnum, 574, 16, e scol. ad tucidide,
I,
12. - Etym. Magnum, 58, 4. Come che
sia, il nome del dio sembra fosse Alaeos, non Alios, e (contrariamente a
quanto suppone il ciaceri, Storia, I, p. 151)
non ha nulla a che vedere con la dea Alia di Rodi.
91 giustino, XX, I, 16.
92 Cfr.p.orsi, Templum Apollims Alaei ad Crimisam
promontorium, Roma 1935. Cfr. anche la nostra Bibliographie topographique. Benché
nessun vestigio apparente sussistesse prima degli scavi, la tradizione locale
aveva conservato il ricordo di un antichissimo santuario in questa
zona.
93 Cfr. I. G., XIV, pp.
156 sg.; C. I. L., X, pp. 15
sgg. - Il nome attestato dalle iscrizioni è Petelia, non Petilia.Il nome diPetilia,
dato a Policastro da un erudito locale, non è antico né giustificato.
94 diodoro, fr. VIII, 17, I. Ammesso che il
testo dell'oracolo non sia una pura e semplice invenzione, se ne dovrà
dedurre che il nome di Crimisa, derivato secondo stefano di bisanzio (s. v. Kρίμσα) da quello di una
ninfa, è anteriore all'arrivo degli Achei nel secolo VIII: il che è probabile.
95 Cfr. pauly-wissowa, XIX1, col.
1125 sg.
96 Sui due
passi di Diodoro in cui si è creduto di scoprire la prova di una
colonizzazione tessalica in questa regione, cfr. supra, p. 153. Sulla
localizzazione degli Aminei tessalici e sulla loro origine, cfr. oltre, p. 389.
97 Su questa
colonizzazione rodia cfr, supra, pp. 66 sg.
98 Tlepolemo è anch'egli connesso
a Eracle, dì cui è figlio, e abitò in Tessaglia prima di partire da Argo per
fondare Ialiso, Lindo e Camiro a Rodi, i compagni che egli condusse a
Rodi sarebbero stati degli Eoli e del Beoti, al pari dei colonizzatori
predorici di Coo (strabone, XIV, 653 =
2, 6). Sulla leggenda di Tlepolemo, che di regola si diceva fosse perito
dinanzi a Troia ma che aveva la tomba a Rodi, cfr. roscher, V, col. 1057-61.
99 Cfr.
soprattutto giannelli, p. 191; ciaceri, Storia, I, p. 152.
- licofrone, ed. Holzinger, p.
305.
100 TZETZE ad LICOFRONE,
V. 911.
101 Cfr. EUFORIONE, apud
TZETZE, ad LICOFRONE, V. 911 (cfr. supra,n. 90).
Tale è l'interpretazione del pais (p.
229).
102 STRABONE, loc. Cit; TZETZE, ad LICOFRONE,
V. 912, F.
H. G., II, fr. 9, p. 10 (dove si deve
leggere Χώνη e non Pώμη). Forse i due nomi di Chone e di Crimisa sono uno
di quei doppioni tanto frequenti nella toponomastica: cfr. berard, Navigations, IV, pp.
193-94.
103 strabone, VI, 254 (cfr. n. 85); e cfr. VI, 272 = 2, 5.
104 Fiume
Crimiso: cfr. diodoro, XIX, 2, 8
ecc. - Crimiso padre di Egeste: licofrone,
v. 961, e scol. ad loc.; virgilio, Aen.,
V, 38, e servio, ad Aen., I, 550. Cfr.
pauly-wissowa, XI1,
col. 1859. Il fiume Crimiso è rappresentato in forma di cane sulle
monete di Segesta: head, p. 164.
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