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lunedì 11 luglio 2022

§ 361 110722 MEMORIE HISTORICHE DELL'ILLVSTRISSIMA, FAMOSISSIMA, E FEDELISSIMA CITTA' DI CATANZARO di V. D'Amato, p.te III.

   Riprendiamo la trascrizione dell'opera del D'Amato... ma non ditelo a nessuno: infatti di visualizzazioni delle puntate precedenti non vi è traccia, per cui vado avanti non visto. 

   Progredendo la riedizione del testo, mi corre l'obbligo di annotare che il D'Amato non si esprimeva male, tutt'altro: a mio modestissimo parere usava un italiano abbastanza corretto e fluente per l'epoca, e infatti molti autori a lui coevi sono molto, ma proprio molto, più oscuri nella prosa e affetti da prosopopea e prolissità nel dire di quanto non sia il nostro D'Amato.

CatavurAmurus.

(Rielaborazione dell'A. da file di Google)

Questi, & altri, se non in tutto, in parte prosperi successi a' Greci, e Saraceni,che unicamente in Italia militavano, somministrandoli ardire, gli portò fin presso Salerno, ove da Arrigo secondo incontrati, e combattuti, furon sconfitti, e dispersi; e con ciò parve si quietassero tanti travagli. Mà a capo di cinque anni cominciaro à farsi sentire in Regno i Normandi. Questi passati in Italia sotto honorati stipendij poco prima, vi si fermarono con l'occasione del guadagno, che fatto haveano d'alcuni Stati. Uno di costoro detto Guglielmo, ò Ferabac (secondo alcuni) doppo d'haversi per causa d'interesse di stato disgustato con Molocco in Sicilia,ove collegati, havevano di mano a' Mori tolta quell'Isola, passò in Calabria, occupò molti luoghi, poscia rivolse l'armi contro i Pugliesi; onde fù d'uopo all'Avversario Molocco passare alla ricuperatione delle Terre occupate; mà venuto con Ferabac à battaglia, rotto, e fugato lasciò senza contesa l'acquistato al Normando, che da 16indi in poi nominossi Conte di Puglia.

   E' probabile, che in quei tempi si mantenesse per l'Imperio Greco ancor Catanzaro, non essendo spediente à Ferabac contornar le sue forze sotto le mura d'una Città inespugnabile, e numerosa, che difendendosi havrebbe dato esempio al resto della Calabria di non ceder senza contratto, à tempo, ch'ei pur sapeva, che dissipato l'uno, male hauria possuto formare il secondo Esercito, Signor di picciol Stato, e di nascente fortuna: E tanto più deve credersi, che non hauendo questi, che alquanti luo­ghi soggettati della Calabria (come concordemente scrivono tutti) non si deve comprendere nelle Piazze perdute una Fortezza difficile ad espugnarsi senza il favor delle congiunture, e degli anni.

   A Ferabac successe Drogo di lui fratello, il quale nella Puglia il suo dominio ampliando col torlo a' Greci, la strada aprì a' suoi posteri all'acquisto di due Corone.

   Roberto Guiscardo fu il primo de' Normandi, che doppo d'haver la Calabria sottomessa al di lui dominio, n'hebbe da Nicolò Secondo Papa pacifica l'investitura col titolò di Ducea, promettendo un'annuo tributo: Dal che ne nacque l'esser questa Provincia di nuovo feudo di S. Chiefa. Costui non hebbe Catanzaro, che per via di lunghissimo assedio. Mantenevasi questa Città per ancora per l'Imperio Orientale, quale in tutto mancato nella Calabria, unica 'nella Provincia rimasta, una Republica ella sembrava con proprie leggi vivente. A lei rivolse Roberto cupido di dominarla la mente, e l'armi. La richiese d'obedienza; gli fu negata. Li protestò la guerra; gli fu riposto, che bastava esser ella Città di Soldati per non temere. Fu assediata, combattuta più mesi, resistè intrepida senz'agiuto, perche Squillace caduta, Reggio sorpresa, Locri oppugnata, Costantinopoli trop­po lontana, non haveva d'onde sperarlo; che perciò ri­dotta a penuria di viveri, & astretta dalla guerra civile, che dentro era già nata fra' Greci, e Latini, che l'abitavano, tra lor discordi, si refe à patti. Questo fu il primo assedio, ch'ella sostenne, e questa l'ultima volta, che aperse 17al nemico, da hostil violenza astretta, le porte.

Questa è quella Fortezza, che incerta al Marafioti, & al Sumonte, dicono solo esser eretta su la Cima d'un'alto Monte, nella quale non permettevano gli Abitanti, che sorastieri a forza vi entrassero, e che fu per inganno prefa da Roberto, fingedo di voler ivi sepellir un mor­to: Cosa in tutto ridicola, e favolosa, mentre non è da credere, che per così frivolo pretesto ad un nemico aprisse le porte, che tutta la Calabria hauea corso con l'armi: E se bene non vuole il Summonte esser questo Forte da lui sorpreso stato quattro miglia da S. Marco discosto, dice supponerlo, e non l'afferma.

   Entrò vittorioso Roberto, si giurare homaggio; e conoscendo, che il dominio della Calabria dependeva assolutamente dall'assicurarsi di questa Piazza, sì per esser in sito naturalmente inespugnabile, come per star situata nel centro della Provincia, per dove con facilità si può tramandar à gli altri luoghi soccorso in tempo di guerra, vi fondò un fortissimo Castello in quell'estremo della Città, che risguarda il Pezzano, sopra un masso di scoglio al di fuori tagliato, con Torri, e Bastioni sì bene intesi, che alla fortezza sua naturale congiunti, lo resero sicuri di batteria, e di scalate. Quella parte però, che risguarda la Città, benché inefpugnabile per all'hora fù soggetta col tempo all'Artiglieria de' Cittadini medesimi, portata su la cima del Monte di mezo della Città per combatter il Tiranno Centelles, ivi dentro fortificato.

    Stabilito con ciò Roberto il suo dominio nella Cala­bria, rivolse l'animo ad altri affari; e Catanzaro mirata con occhio favorevole dal novello Regnante (arte po­litica per guadagnarsi gli affetti d'una Nation bellicosa) fè applicar i suoi Cittadini ad abbellir lei con le fabriche, à fondar Academie di Studi, ad introdurvi ogn'arte, specialmente le più pregiate: E perche fin dal tempo di Giustiniano Imperadore d'Oriente erasi in Costantinopoli l'uso di far la seta introdotto per via di due Monaci frati in India, ove dicono haver havuto origine questo mestiere, benche prima per la comunicatione s'haveva 18con le genti Orientali sapevasi il modo benissimo di nutrir il Verme della Seta, le continue turbolenze della Calabria non havevano permesso, la pianta degli Alberi necessari al nutrimento di quello: Hora godendo Catanzaro una perfettissima quiete, diedesi alla cultura delle piante sudette, appellate Celsi, ò come alori dicono Mori, e col beneficio dell'acque, che l'irrigavano, crebbero in breve: con le foglie poi delle quali cominciossi à nutrir il Verme; indi da' gusci del detto à cavar nell'acquabollente la seta; con la prattica d'alcuni Orientali nella Città commoranti imparando molti la testura di quella, ne fecero drappi di varie sorti: onde in modo vi si stabilì l'Arte, ch'oggi si numerano da mille Telari, che non solo tessono Velluti piani, e di lavoro, ma tele di seta d'ogni conditione, alle quali mescolando l'oro, l'argento, in sottilissime lamette tirati, formano i più ricchi, vaghi, e dispendiosi Drappi, ornati di artificiosità fuori; e per tutta Europa tramandansi con invidia non ordinaria di molte Nationi, che di quest'Arte fanno professione.

   Descrittione del serico. La nutridura di questo Verme à coloro che non è nota, par favolosa. Da minutissima semenza posta nel fin della Primavera à covar in caldo nasce il Bombice della picciolezza d'una formica, e nelcorso di quaranta giorni, ch'egli hà di vita, quattro volte à dormir si pone, & altretante (sempre  crescendo) lascia à guisa delle serpi la spoglia, e questo per ogni dieci giorni. Indi giunto alla grandezza d'un dito di fanciullo, abbandonando le foglie del Moro, ò Celso, che si dica quell'Albero, che, lo nutrisce, monta sù certi ramoscelli d'alcune piante, che li li pongono sopra, & ivi fabricadosi da per se stesso la sepoltura con fila, ch'ordisce con la sua bocca à guisa bianco del Ragnodella, forma un guscetto del color dell'oro, overo grande poco meno d'un Dattilo, rimanendo lì dentro egli imprigionato, dal quale si cava la seta. Dal medesimo doppo alquanti giorni da una parte da lui forata col picciol dente esce nuova Fenice risorto, non più nella sua forma di prima, mà alato, e con19giungendosi maschio à femina, partoriscono quella semenza, dalla quale l'anno appresso rinasce; onde non soggetto (per così dire) alla comune corruttione, continuamente in vita conservasi .

   Stanno impiegate in questa professione da settemila persone, parte delle quali tessono i Drappi, conciano parte la seta, prima posta à dritto filo dalle Donne, poscia ritorta in un'ingegnoso artificio, volgarmente Filatorio appellato: Altri la colorano; diversi assistono a' Maestri nelli Telari, che girando alternamente alcune fila, formano i lavoridel Drappo. Da questa industria cavano i Cittadini non ordinario guadagno, poiche da per tutto, insino alle Spagne, in Francia, in Inghilterra, & in Venetia tramandandosi queste tele, entra nella Città giornalmente il danaro: oltreche havendosi ivi à buon prezzo cagionano un lusso universale nel vestir nobilmente di seta, fatto oggimai comune fin’alle genti più infime.

    Abitavano in questa Provincia, sì come in molte parti del Mondo (doppo che furono dispersi) gli Ebrei. Questi industriosi per loro natura, e dediti alle mercantie, & ad ogni genere di negotij, volentieri venivano ammessi nelle Città più famose: onde disegnarono i Catanzaresi chiamarne qualche parte, accioche aprendo Fondachi di mercantia, gli cogliessero l'incommodo di mendicar da lontano i panni, & altre cose al vestir necessarie; e per più facilmente condurceli, gli offrirono una perpetua franchigia. In tal guisa allettati, ne vennero buon numero: E perche vollero haverenella Città luogo à parte, gli assegnarono un Quartiero nel mezo d'essa,confine  à quella strada, c'hoggi dicesi Capuana, e fù dal loro nome detto Giudeca. Giunti, aprirono botteghe di ricchissime mercantie; e mescolando con i loro negotij i drappi medesimi di seta, che ivi si lavoravano, cagionarono  un grand'utile a' Cittadini, & aprendo la strada al concorso di tutta la Provincia per via de' loro negotij, partorinano alla Città molti commodi, oltre il danaro, che in abbondanza vi entrava.

   Militava con Roberto Duca di Calabria Roberto Conte 20di Loritello, figlio d'Unfrido. A questi diede una figlia naturale di Ruggiero suo fratello per moglie, al quale poi Roberto morendo lasciò la Sicilia con  anteporlo a' proprij figli. Hebbe il Loritello in dote la città di Catanzaro, con molte altre Città, e Terre al di lei contorno col titolo di Contea, e con assoluto dominio soggetto alle conditioni servili degli hodierni Baroni. Lo testificano chiaramente i Privilegi del Secondo Roberto suo figlio alla Città, & ad altri particolari concessi in quelle parole: Deigratia Comes Catanzarij. Titolo solamente usato da' Signori liberi, & independenti, come egli era: Ancorche poscia dall'ambitione di molti usurpato in Regno, fù da' successori Regnanti per Prammatica speciale levato.

   Morì Roberto di Loritello dieci anni doppo, che prese per moglie la figlia di Ruggiero, & à lui successe il secondo Roberto suo figlio, il quale dalla madre allevato fin’all'età d'anni quattordici, prese il dominio dello Stato, riserbandosi ella il Titolo, & alcune rendite solamente, con le quali passò a secondo matrimonio col Conte Ugo di Molisi.

   Da Roberto Guiscardo, che morì l'anno 1085. ò secondo altri 82. rimasero frà gli altri due figli, Boemondo  primogenito, e Ruggiero. Questi, ancorche nato secondo, in mano hauendo il governo della Calabria, e  di Puglia, conferitoli dal Padre mentre viveva, fù per le sue rare virtù, & ottime qualità nell'una, e nell'altra Provincia con plauso universale acclamato; ottenendone ancora da Urbano Papa Secondo l'investitura, perloche sdegnato Boemondo, mosse un numeroso Esercito a’ danni di Ruggiero: Mà stimolato poscia da nuova gloria, accompagnò le sue armi a quelle di Francia, e di molti altri Principi, che con occasione della Crociata dal Pontefice publicata passarono all'acquisto di Terra Santa, ove egli si portò con tanto valore, che nella divisione dell'acquistato hebbe Antiochia: E così libero cesse al fratello il dominio della Calabria, e di Puglia. 


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