Seconda puntata delle Memorie historiche 'catanzaresi' del D'Amato. Numeri fra parentesi e qualche tratto evidenziato fanno parte dei miei 'mezzi di servizio', non vi si faccia caso.
Catamor. ...................
Sodisfatti quei fuggitivi dell'amenità non meno del luogo, che
de' commodi al lor bisogno vi scorsero, stabilirono di fondarvi perpetuamente
la residenza: onde datisi con partite vicende à necessarie fatiche, assicurarono
il sito inespugnabile da per se stesso con Trincee d'ogn'intorno, e vi piantaron
le Tende, indi ne disegnaron la Pianta.
Partito da quei contorni
il nemico per l'altre parti scorrere della misera Italia, raccomandato il governo
delle genti, e dell'armi a' compagni di più sperimentata virtù, inviaronsi
Cattaro, e Zaro (fratelli come vogliono molti) alla volta di Costantinopoli, ove
doppo un viaggio prospero giunti, furono all'udienza di Niceforo Imperadore introdotti.
Della causa richiesti della venuta, doppo non senza lacrime haverli dato distinto
ragguaglio della deplorabil caduta della Gran Grecia; giunti al particolar di
Paleopoli, di quella li dipinsero le ruine. Delle miserande reliquie nel Triavonà
salvate lo ragguagliaro, in nome delle quali nella Cesarea mano posero una supplica,
con la quale la facoltà chiedeano, e l'assenso di poter in quel luogo una Città
fabricare per lor rifugio; gli descrissero il luogo, e gliene dimostraron la
pianta. Questa fatta da Niceforo da' periti Ingegnieri ben considerare, fù
lodata, ammirata, & egli diede l'assenso. Stava per dissancorare dal Porto di
Bizantio con carta (6)di Procurator di Niceforo in Italia Flagitio Conte di Benevento: onde data fù
a lui l'incumbenza dall'Imperadore dell'edificatione di questa disegnata Città.
Sodisfatti dell'ottenuto Cattaro, e Zaro , doppo d'haver baciato à Cesare il
piede, con la di lui licenza s'accompagnaro col Conte, e date le vele al vento,
con prospero viaggio giunsero a' lidi della già fù Magna Grecia.
Posero à terra il
piede, & avvicinatisi per la via, che al Triauonà li scorgeva, vi giunsero
doppo alquante hore di camino, dove con segni di non ordinario contento accotci
furono, e festeggiati. Preceduti alquanti giorni di riposo, volle il Conte
osservare il sito, quale scortolo con suo stupore un de' più forti, ch'egli visto
mai havesse, diè l'ordine s'allestissero à dar principio.
Con questa gente
d'arme era il Vescovo refuggito della destrutta Paleopoli, la di cui antica
Chiesa restando illesa dal furor de' Barbari, magnifica per le fabriche, e per
lo disegno, oggi detta Roccella, è Tempio dedicato alla Vergine, appartenente
al Vescovo di Squillace. Era Paleopoli una delle tre Città principali situate
trà il fiume Croci, e quel di Squillace, eccedente però l'altre in grandezza di
sito; ciascheduna di loro per special privilegio in trè feste più cospicue
dell'anno, ch'erano la Natività del Signore, la Pasca, e l'Assuntione, con
partite vicende obligavano il Vescovo à celebrar gli uffici hor in una, hor in un'altra
delle loro Chiese, in modo che di queste trè funtioni una per luogo far ne doveva,
tenendo per tal'effetto una Catedrale per ciascheduna d'esse, che però venne
detto Episcopus Trium Tabernarum, cioè di trè Tabernacoli, titolo che ritenne
anco doppo la rovina delle sue Chiese; e così vana è di coloro l'opinione, che
vogliono, che la Città di Trichine havesse havuto trè Vescovadi, ne' quali doveva
il Vescovo nelle feste sudette compartirsi nel modo sopra accennato. Trè Chiese
Vescovali in una Città, e picciola poi com'era Trichine, non si legge di esser
mai state, nè si ritrovano: Due Terre, ò trè con le loro Chiese, che oblighino
il Vescovo à celebrare vicendevolmente nelle feste, anche in Calabria vi sono,
Cariati, e Cerentia. Costui per nome Leon Grande in (7)un'Altare da lui eretto,
celebrata la Messa, fè un'efficace oratione nel fine, con la quale esortò, che
all'impresa s'accalorassero; e per stimolarli col proprio esempio, haver volle
la parte nelle fatiche.
Così diviso il disegnato
luogo in quattro parti uguali, in
altre tante classi partissi ancora la gente sotto il comando de' Capi à loro
assignati: E perche molto importava, per assicurarsi d'invasione nemica, di
muro cingere il sito, prima di por mano ad altro edificio, principiar di quello
le fortificationi. Dalla Porta prima detta Granara, forse perche tutto il
frumento per essa entrava, oggi appellata della Marina, circuendo tutta quella
parte meridionale, che tira fin'all'acqua di Tubulo, di muro cinsero Zaro, e
Pitinto assicurato da trè fortissimi Bastioni. Questi furono i Capi dell'una
delle accentiate Classi, e poco una dall'altra distante a vista del Mare, quasi
al muro attaccate della Città, ove il Bastione di mezo stà situato, eressero
due Chiesuole, quali fin al prefente i nomi de' Fondatori conservano, S.
Pantaleo di Zaro, e S. Nicolò di Pitinto. Dall'acqua di Tubulo fin à quella di
Cerausto, parte esposta per fianco alla Tramontana, parimente munir di muro
Cattaro, e Tubulo, nel quale spatio si contano otto Bastioni, e trè Torri,
con una Porta quasi in mezo della distanza detta di Stratò, & un'altra
più moderna vicina a Cerausto appellata di S. Agostino, per esser sotto
il Convento de' Padri dell'ordine di quello Santo. Tramanda tuttavia la sua
memoria a' posteri il primo nel proprio nome, che ritiene una Cappella da lui
fondata nella schiena d'un'alta Rupe dedicata alla Vergine detta di Cattaro.
Viene del secondo anco il nome in una Fonte da lui fabricata vicino al Muro nel
più basso dell' Oriente. Dall'acqua di Cerausto, ove oggi vi è una mediocre
fontana d'acque pregiate, abbracciando col resto del fianco di Tramontana la
parte tutta Montana, e quel lato esposto al Ponente fin'alla Parocchia oggi
appellata S. Maria di Mezogiorno, cinse Favatà con lungo giro di muro, à
difesa del quale con ordinata distanza si numerano dieci Bastioni; & una Porta,
per dove prima uscendosi per ponte in quel braccio stretto di Terra, che
dalla parte montana (8)formano i fiumi, Montanata venne appellata. Et un'altra nel più basso del Ponente detta di Prattica, per la frequenza vi è da'
vicini Villaggi, ò forse per esser da' Cittadini il Tempio frequentato di San
Leonardo, posto in quei primi tempi fuora di detta Porta, benche oggi per
accidente occorso stà situato in una falda del Pezzano. La prima Chie-sa da
questo Capitano fondata fù S. Nicolò al presente detto delle Donne, nel sommo
quasi della Città, esposto a Tramontana: Mà perche doppo (come dirassi) vennero
in questa parte ad abitar i Latini, ritiratosi nel Quartiero, che per loro i
Greci ritennero, un'altra n'eresse, con dedicarla al Santo medesimo; & al presente
dicesi S. Nicolò di Favatà, e vedesi all'incontro della Porta maggiore del Convento del Carmine.
Munì di fabrica il resto del disegno da S. Maria
di Mezogiorno fin alla Porta Granara, luogo parte Occidentale, parte
Meridionale, il quarto Capo delle già memorate Classi Malacina di Coracitano,
il quale per haver la cura dell'edificatione di quella parte risguarda il
fiume Crotalo, diedeli dal suo cognome l'odierno nome Coraci. In questo spatio
di mura si veggono sei Bastioni proportionatamente distanti, e più torri;
Fabricò costui due Chiese, ambedue dedicate a S. Nicolò, una dicesi di
Malacinadi dal proprio nome, l'altra dal suo cognome Coracitano. Non rechi
maraviglia, se sotto;il nome di questo Santo s'eressero in quei
tempi tante Chiese, perche la devotione de' Greci verso di questo lor Beato
Vescovo era non ordinaria.
Non fù d'uopo assicurar di fosso le mura,
perche il sito da per se stesso naturalmente forte, ed elevato, è sodo masso di
scoglio, assicurato prima dagl'Antemurali, che li fanno argine al piede, e
dalla profondità, con la quale s'abbassano poi le vallate, bastò tagliar quella
parte, per dove con gran difficoltà poteasi salire. Questa Città è di figura
ovale, & allungasi col restringersi dalla parte Montana volta al
Settentrione; Hà il circuito di quattro miglia.
Assicurato in tal guisa il posto, rivolsero
alla struttura degli edifici sollecito l'animo. Per prima edificarono la Chiesa
Matrice in quel luogo appunto ove oggi è la Piazza (9)Maestra sotto Titolo di S.
Michele Arcangelo, e quella consacrò Stefano Arcivescovo
di Reggio ad istanza di Flagitio Procurator di Niceforo, e vi furono di subito
trasferiti da Leon Grande primo Vescovo della novella Città dalla desolata
Paleopoli i Corpi di S. Ireneo Vescovo di Leone, e di S.Fortunato Vescovo di
Todi, quali si conservavano sotto l'Altare Maggiore della Catedrale di quella
Città, e dichiarati con plauso universale della Città sorgente Padroni.
Stabilito ciò che apparteneva allo
spirituale, si diedero alla fabrica delle case con tanta asseveranza, che in
breve tempo si ridussero gli Abitanti à stantiar nel coperto. Non furono da
principio in magnifica forma l'abitationi costrutte, perche il lusso ò non
nato, o in fascie in quei tempi, non disegnò superbi edifìci, o dalla
fretta, con che s'accomodavano fù bandito. Furono bensì d'honesta grandezza le
case con alti, e bassi, di non minor altezza di venti braccia, come alcune
rimaste in piedi in quel Quartiero, che hoggi dicesi la Grecia, ne fanno fede,
le quali conservano ancora le Travi di farna, che i boschi all'hora in piedi
somministraronli, impossibile ad esser stati posti in altro tempo, per non
essere in queste parti, che trenta miglia distanti alberi somiglianti quali non
portariansi senza dispendio esorbitante, e riescono incivili per la rozezza;
tutti riscontri da non escluder quella legname civilissima, e facile a
lavorarsi, che da' vicini boschi non solo a Catanzaro tramandasi, ma à molte
parti del Regno, & infino à Genova.
Così ridotta in
qualch'ordine questa, che fin dal suo natale fù Città Vescovale, e Capo della
Provincia, come non solo nelle nostre antiche Croniche in quel passo in
particolare si legge, che parla della fondatione del Pretorio di Flagitio in
quella Città fabricato, per render ragione a' Popoli della Calabria, ch'è del
tenor seguente. Erexit praetorium suum Flagitiuas propè Ecclesiam S.
Michaelis Archangeli, ubi universi Calabri, & Lucani diisdicabantur, ma
come Paolo Gualtieri Professor di Filosofia, e Theologia nel glorioso Trionfo
de' SS. Martiri di (10)Calabria nel primo libro nel foglio 227. 228. e 229. ove produce ancora una Bolla
di Calisto Secondo della Consacrazione della nuova Chiesa.
Partissi Flagitio doppo
d'haver la forma stabilito del governo, & appoggiato da lui medesimo alle
persone di Cattaro, e Zaro Capi principali di quelle genti tutte, & Autori
dell'edificatione della Città, qual volle,che Rocca
di Niceforo si dicesse, pcr essere di questo fondata sotto l'Imperio, correndo
gli anni della nostra salute ottocento, e quattro.
Alla voce, che da per
tutto correva dell'edificatione di questo Forte, risolsero d'abitarlo alcuni
Latini, quali per le Selve dispersi, l'ira fuggivano di quei Barbari, che
parimente te loro patrie havean desolato: Ma dubitando d'esser esclusi, vollero
accertarsene per mezo d'honestissimi Ambasciadori inviati da loro doppo la
partenza di Flagitio à Cattaro, e Zaro, supplicandoli di ricovero. Commiserarono
quegli huomini pij le sventure di coloro, che mendicavano albergo; onde non
isdegnaro d'accomunar la fortuna, con gente, che corso haveva la medesima loro
sventura. L'introdussero, l'accarezzarono, & assegnaronli un capacissimo
luogo, ove fondar potessero gli Abituri; e fù
quella parte della Città, che a man sinistra si vede per la via, che dalla
Porta della Marina corre con quasi dritta linea fin'à S. Giovanni, ultimo
termine della Città, ch'è un tiro di vantaggiato miglio.
Non sì tosto dalla pietà furono introdotti
de' Greci, che di quefti emulando l'opre, erfero Abitationi in assai più
magnifica forma di quella, che il presente stato li consigliava. Fondaron
Chiese: & il modo all'uso Italico stabilirono del governo: Soggetti bensì
restarono per all'hora alle leggi comuni, che imponevano i Fondatori, in virtù
della potestà lor da Flagitio comunicata. In quanto all'osservanza de' sacri Riti si praticava
con differenza, ciascheduna delle due Nationi osservando il proprio ufo: che
però negli antichi Testamenti, che nelle Scede
de' Notari di quei tempi conservansi, si legge, che il Testatore lasciava, che
intervenisse nel suo funerale il Clero Greco, e Latino.
(11)Ecco nello spazio di men di
quattro anni crestiuta, e popolata quella Città,
che inferiore dalla sua nascita non fsi conobbe di forze, ò men di glorie
dovitiosa di qualunque altra, che vanta antichi natali nella Calabria. Di
forze, perche bambina ancora il suo sito eminente, e la Virtù
degli Abitanti inespugnabil la resero; Di glorie, perche in lei tutte quelle si
trasfusero della Gran Grecia per mezo de' suoi Fondatori, di quefta furono
heredi. Da quell'accomodamento, che fecesi di Greca gente, e Latiaa, frà poco
nacque un disordine, e fù,che mal distinguendosi per l'ignoranza nel conoscersi
il Plebeo dal Civile, trapazzato con decoro veniva spesso il rispetto: Onde per
riparar à questo inconveniente, divisa fu la Città in quattro Ordini. Coloro
nel primiero furono ascritti, che da Parenti illustri la descendenza trahendo,
il titolo meritaro di Nobili. Quelli nel secondo successero, che per le propria
virtù riguardevoli, Honoratissimi Cittadini appellati vennero. Nel terzo coloro
furon descritti, che civilmente con le fatiche delle loro arti vivevano. Costò
il quarto di Plebe, che venne d'ogni officio escluso della Città. Ordine in una
Republica necessario per non esiliar quel decoro, con l'anima del quale
mantiensi.
Cresciuto poscia col
crescere degli Abitanti il maneggio de' publici affari, per sottrarsi, da
alquanto peso, che grave era homai fatto à due Comandanti;
stabilirono, che un numero di quindici Cittadini per il governo della Città
s'eligesse, con limitata facoltà di governare non più, che il corso d'un'anno,
nel fine del quale di nuovo d'altretanti si facesse la scelta, e così
successivamente in perpetuo; e questi nel fine del lor'officio dell'amministrato
dessero i conti, acciò quello del Publico convertir non potessero in ufo
proprio. Eligevansi perciò un del primo Ordine, & un'altro del secondo, a'
quali veniva dal Publico autorità comunicata di sopraintendere à gli affari del
Comune, ma non con assoluta facoltà, poiché nella determinatione de' negotij
intervenivano dodici altre persone, quattro per ciascheduno Ordine, à tal fine (12)anco detti, nè senza l'assenso della maggior parte potevasi qual sia faccenda
determinare. Eligevasi in oltre con nome di Pretore, oggi detto Mastro Giurato,
un'altro, e questi havea l'incumbenza della guardia della Città, e come Capo
supremo in tempo di guerra veniva obedito; che perciò li s'assegnava un buon
numero di soldati à stipendio mantenuti del Publico, & un'anno eligevasi
del primo Ordine, & un'altro del secondo; onde non mi reca maraviglia, se
col tempo poi conosciuto il merito di questi Honorati Cittadini da' Regnanti,
che successero, vennero per special privilegio dichiarati uguali nelle
prerogative, & honori a' Nobili della Provincia. Questo modo di governo
oggi dura, e dicesi il Corpo tutto Magistrato. Si fà per elettione, ma
con variata forma di prima,
intervenendovi tutti i trè Ordini.
Col corso degli anni,
giva di punto in punto la Città, in magnificenza
aumentando, e nella struttura de' Palagi, quali oggi, ancorche capacissimi, e
d'esquisita forma, non sono d'estraordinaria altezza, sì per causa de'
terremoti, che continuamente travagliano la Provincia: sì perche l'eminenza del
sito spesso combattuto da gagliardissimi venti non lo permette: E nelle
fabriche di più Chiese: E nell'ordine delle strade. E perche l'acque,che eran
dentro, di molta perfettione non erano, si arrese ad accomodar i Fonti alla
Città più vicini. Due Fontane si fabricaro, ambedue nella falda del Pezzano,
non più, che un tiro d'Arco, dalla Porta Montanara lontane, e poco una
dall'altra discoste, ridotte oggi in più bella forma da' Cittadini. Un'altra
nel lembo di quel Monte, che à rimpetto della Città sollevasi nella parte di
Tramontana, la perfezione delle cui acque li diè il nome dell' Acqua
buona. E' da questa non molto lungi in più elevato luogo un'altra detta
Rossella, con cinque altre attorno del Monte, sù del quale sta la Città
situata, trà le quali una in quel Giardino nella man destra dell'uscita della
Città dalla Porta di Stratò, che per esser stato della moglie di Cattaro detta
Lencrista, diè nome all'acqua.
Morto, che fù l'Imperadore, non più Rocca di Nice(13)foro la Città venne detta, perche
per rimunerare in parte i Cittadini le fatiche de' Fondatori, vollero di
quelli la memoria eternare con appellarla da' proprii nomi, onde Cattarozaro fu
detta; voce, che poi corrotta sonò Catanzaro. Ritenne però il primo nome
tuttavia nelle parti à lei più remote
finche il Tempo, padre dell'Oblio, in tutto l'estinse.
Con la morte poscia
de' Fondatori non morì nella Città
l'ardimento, anzi che formidabile resa dall'intrepidezza degli Abitanti, potè
nel secondo passaggio de' Saraceni in Italia doppo la di lei edificatione,
nell'anno 829. in modo rintuzzar di coloro l'audacia con provocarli, che si
persuasero quelli per loro meglio il non assalirla: onde con sua estrema gloria
quasi che sola in quella seconda invasione vergine nella Provincia rimase.
Questa barbara Natione, che par che sempre la mira del suo furore più fiera
rivolgesse a' danni della Calabria, e di Puglia, ripassando con numeroso
Esercito il Mare, e doppa d'havernel 845. posto l'assedio àTaranto, affondate
poco da Cotrone distante molte Navi Venetiane, e buon numero incendiate, quali
al soccorso della Calabria eran con altre di Teodosio Imperadore venute, ben
che a terra un'infinità di gente ponesse, che tutte quelle parti senza
contrasto trascorsero, non trovasi chi dica haver Catanzaro non solo manumessa,
mà combattuta. nè meno, così fatta era formidabile fin'à quell'armi, che
contrasto in quei tempi non ritrovavano. Si segnalarono ancora, col restar
inespugnate nella Provincia, Squillace, Locri, e Reggio con non poca lar
gloria.
Correvano gli anni
della nostra salute 914. quando la Calabria, e la Puglia dalle, ceneri delle
quali estinte lor glorie la generosità richiamando, non in
tutto spenta, benche da' Barbari oppressa, sdegnando di veder Romano dalla
bassezza de' suoi natali, asceso per gradi di fortunati incontri all'Imperio
Orientale, gli negaro l'obedienza, onde mal potendo quell'huomo vile per
all'hora vendicarsi di tanto oltraggio, a' danni di queste Provincie provocò
(barbaro) gli Africani, con promessa d'as-(14)sistere à lor favore: Questi, che par che nati siano alle prede,
concitati appena dall’Empio, fero il quarto passaggio con sì gran numero d'armati,
che non trovando contrasto, la Calabria , Basilicata, e Puglia corsero senza
contrasto dalle parti Orientali fin'à quelle, che l'Occidente riguardano. Gli
avanzi della preda diedero al fuoco; chi non perì dal ferro, destinaro alle
catene. Cosenza istessa , che illesa in due altre invasioni erasi conservata ,
abbandonata dagli abitanti, soggiacque al sacco. Catanzaro non combattuta mirava
da lontano l'esterminio delle Città abbattute, delle Terre spogliate, de'
Villaggi fumanti, e dalla fortezza assicurata dell'inespugnabil suo sito, e dal
coraggio difesa di coloro, che l'abitavano, potè mantenersi lo spatio di
quindici anni, che quei Barbari ivi fermaronsi, anche doppo la morte di Romano,
trà le crapole estinto l'anno terzo del suo Imperio , à cui successe il terzo
Niceforo, nel qual tempo dal Principe di Capua persuaso Ottone primo Imperadore
dell'Occidente à scacciare i Saraceni da’ luoghi oppressi da loro, con mostrargliene
la facilità, con che poteva farlo, accinsesi all'impresa, con tanto più di
calore, quanto stimolato veniva dallo sdegno verso di Nicefo tro Nicefororo ,
che per haver à pezzi fatto tagliare un buon numero d'huomini segnalati, da lui
inviati dalla Calabria à Costantinopoli per condur la figlia di quello, destinata
moglie ad Ottone il giovane, in modo il di lui nome abborriva, che cercava levarlo
dalle bocche degl'Italiani, con torli quanto in Calabria possedeva , & in
Puglia; se possesso quel potea dirsi in paesi, ove vittoriosi scorreano i Mori:
Onde formato un numeroso Esercito, passò in Puglia, indi in Calabria, e scacciando
i Saraceni , e soggettando i Greci, doppo d'haver molto sangue sparso nemico,
glorioso adietro rivolse il piede. Catanzaro, che col resto della Calabria, e
di Puglia mal tollerando il dominio di Romano per la viltà della sua nascita,
liberata s'havea dal giogo servile, è da credere (benche si taccia) che con l'istessa
generosità sdegnando parimente la codardia, e la vità di Niceforo, che così
vilipendioso 14 lo
resero, che anni doppo le memorate sciagure fù in Costantinopoli lapidato, indi
per ordine della moglie ucciso nel proprio letto da Giovanni Zimisce, ad Ottone
aprisse le porte, non sdegnando d'obedire a colui, che doppo il corso di
trent'anni d'Imperio chiuse glorioso il periodo della sua vita.
Si riposò questa Città
sotto l'ombra della protettione dell'Aquila Romana per qualche tempo; finche
pervenuti all'Imperio d'Oriente Basilio, e Costantino, tolsero di mano a'
Barbari l'Isola di Creta; indi, col mezo de' medesimi al loro soldo passati, ricuperarono
la Calabria, e la Puglia. E mentre Ottone secondo herede dell'Imperio, non
della Virtù, e della fortuna del padre, vuol farli fronte, abbandonato da’ suoi
nel più fervido della battaglia, fù miserabilmente rotto, & imprigionato.
Mà non servendosi dell'occasione i nemici, perderono con la speranza dell'acquisto
di tutt'Italia il prigioniero medesimo, che fuggito loro di mano, si portò à
debellar Benevento, e di là condottosi à Roma, dal dolore abbattuto, finì la
vita l'anno decimo del suo Imperio.
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