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lunedì 4 luglio 2022

§ 360 040722 Memorie historiche di Catanzaro, V. D'Amato. 2.

 Seconda puntata delle Memorie historiche 'catanzaresi' del D'Amato. Numeri fra parentesi e qualche tratto evidenziato fanno parte dei miei 'mezzi di servizio', non vi si faccia caso.

Catamor.                                                              ...................                   

        

(Stemma della famiglia Amato, dal sito www.nobilicalabresi.it, che ringrazio).

   Sodisfatti quei fuggitivi dell'amenità non meno del luogo, che de' commodi al lor bisogno vi scorsero, stabilirono di fondarvi perpetuamente la residenza: onde datisi con partite vicende à necessarie fatiche, assicurarono il sito inespugnabile da per se stesso con Trincee d'ogn'intorno, e vi piantaron le Tende, indi ne disegnaron la Pianta.

    Partito da quei contorni il nemico per l'altre parti scorrere della misera Italia, raccomandato il governo delle genti, e dell'armi a' compagni di più sperimentata virtù, inviaronsi Cattaro, e Zaro (fratelli come vogliono molti) alla volta di Costantinopoli, ove doppo un viaggio prospero giunti, furono all'udienza di Niceforo Imperadore introdotti. Della causa richiesti della venuta, doppo non senza lacrime haverli dato distinto ragguaglio della deplorabil caduta della Gran Grecia; giunti al particolar di Paleopoli, di quella li dipinsero le ruine. Delle miserande reliquie nel Triavonà salvate lo ragguagliaro, in nome delle quali nella Cesarea mano posero una supplica, con la quale la facoltà chiedeano, e l'assenso di poter in quel luogo una Città fabricare per lor rifugio; gli descrissero il luogo, e gliene dimostraron la pianta. Questa fatta da Niceforo da' periti Ingegnieri ben considerare, fù lodata, ammirata, & egli diede l'assenso. Stava per dissancorare dal Porto di Bizantio con carta (6)di Procurator di Niceforo in Italia Flagitio Conte di Benevento: onde data fù a lui l'incumbenza dall'Imperadore dell'edificatione di questa disegnata Città. Sodisfatti dell'ottenuto Cattaro, e Zaro , doppo d'haver baciato à Cesare il piede, con la di lui licenza s'accompagnaro col Conte, e date le vele al vento, con prospero viaggio giunsero a' lidi della già fù Magna Grecia.

    Posero à terra il piede, & avvicinatisi per la via, che al Triauonà li scorgeva, vi giunsero doppo alquante hore di camino, dove con segni di non ordinario contento accotci furono, e festeggiati. Preceduti alquanti giorni di riposo, volle il Conte osservare il sito, quale scortolo con suo stupore un de' più forti, ch'egli visto mai havesse, diè l'ordine s'allestissero à dar principio.

    Con questa gente d'arme era il Vescovo refuggito della destrutta Paleopoli, la di cui antica Chiesa restando illesa dal furor de' Barbari, magnifica per le fabriche, e per lo disegno, oggi detta Roccella, è Tempio dedicato alla Vergine, appartenente al Vescovo di Squillace. Era Paleopoli una delle tre Città principali situate trà il fiume Croci, e quel di Squillace, eccedente però l'altre in grandezza di sito; ciascheduna di loro per special privilegio in trè feste più cospicue dell'anno, ch'erano la Natività del Signore, la Pasca, e l'Assuntione, con partite vicende obligavano il Vescovo à celebrar gli uffici hor in una, hor in un'altra delle loro Chiese, in modo che di queste trè funtioni una per luogo far ne doveva, tenendo per tal'effetto una Catedrale per ciascheduna d'esse, che però venne detto Episcopus Trium Tabernarum, cioè di trè Tabernacoli, titolo che ritenne anco doppo la rovina delle sue Chiese; e così vana è di coloro l'opinione, che vogliono, che la Città di Trichine havesse havuto trè Vescovadi, ne' quali doveva il Vescovo nelle feste sudette compartirsi nel modo sopra accennato. Trè Chiese Vescovali in una Città, e picciola poi com'era Trichine, non si legge di esser mai state, nè si ritrovano: Due Terre, ò trè con le loro Chiese, che oblighino il Vescovo à celebrare vicendevolmente nelle feste, anche in Calabria vi sono, Cariati, e Cerentia. Costui per nome Leon Grande in (7)un'Altare da lui eretto, celebrata la Messa, fè un'efficace oratione nel fine, con la quale esortò, che all'impresa s'accalorassero; e per stimolarli col proprio esempio, haver volle la parte nelle fatiche.

    Così diviso il disegnato luogo in quattro parti uguali, in altre tante classi partissi ancora la gente sotto il comando de' Capi à loro assignati: E perche molto importava, per assicurarsi d'invasione nemica, di muro cingere il sito, prima di por mano ad altro edificio, principiar di quello le fortificationi. Dalla Porta prima detta Granara, forse per­che tutto il frumento per essa entrava, oggi appellata della Marina, circuendo tutta quella parte meridionale, che tira fin'all'acqua di Tubulo, di muro cinsero Zaro, e Pitinto assicurato da trè fortissimi Bastioni. Questi furono i Capi dell'una delle accentiate Classi, e poco una dall'altra distante a vista del Mare, quasi al muro attaccate della Città, ove il Bastione di mezo stà situato, eressero due Chiesuole, quali fin al prefente i nomi de' Fondatori conservano, S. Pantaleo di Zaro, e S. Nicolò di Pitinto. Dall'acqua di Tubulo fin à quella di Cerausto, parte esposta per fianco alla Tramontana, parimente munir di muro Cattaro, e Tubulo, nel quale spatio si contano otto Bastioni, e trè Torri, con una Porta quasi in mezo della distanza detta di Stratò, & un'altra più moderna vicina a Cerausto appellata di S. Agostino, per esser sotto il Convento de' Padri dell'ordine di quello Santo. Tramanda tuttavia la sua memoria a' posteri il pri­mo nel proprio nome, che ritiene una Cappella da lui fondata nella schiena d'un'alta Rupe dedicata alla Vergine detta di Cattaro. Viene del secondo anco il nome in una Fonte da lui fabricata vicino al Muro nel più basso dell' Oriente. Dall'acqua di Cerausto, ove oggi vi è una mediocre fontana d'acque pregiate, abbracciando col resto del fianco di Tramontana la parte tutta Montana, e quel lato esposto al Ponente fin'alla Parocchia oggi appellata S. Ma­ria di Mezogiorno, cinse Favatà con lungo giro di muro, à difesa del quale con ordinata distanza si numerano dieci Bastioni; & una Porta, per dove prima uscendosi per ponte in quel braccio stretto di Terra, che dalla parte montana (8)formano i fiumi, Montanata venne appellata. Et un'altra nel più basso del Ponente detta di Prattica, per la frequenza vi è da' vicini Villaggi, ò forse per esser da' Cittadini il Tempio frequentato di San Leonardo, posto in quei primi tempi fuora di detta Porta, benche oggi per accidente occorso stà situato in una falda del Pezzano. La prima Chie-sa da questo Capitano fondata fù S. Nicolò al presente det­to delle Donne, nel sommo quasi della Città, esposto a Tramontana: Mà perche doppo (come dirassi) vennero in questa parte ad abitar i Latini, ritiratosi nel Quartiero, che per loro i Greci ritennero, un'altra n'eresse, con dedicarla al Santo medesimo; & al presente dicesi S. Nicolò di Favatà, e vedesi all'incontro della Porta maggiore del Convento del Carmine. Munì di fabrica il resto del disegno da S. Maria di Mezogiorno fin alla Porta Granara, luogo parte Occidentale, parte Meridionale, il quarto Capo delle già memorate Classi Malacina di Coracitano, il quale per haver la cura dell'edificatione di quella parte risguarda il fiume Crotalo, diedeli dal suo cognome l'odierno nome Coraci. In questo spatio di mura si veggono sei Bastioni proportionatamente distanti, e più torri; Fabricò costui due Chiese, ambedue dedicate a S. Nicolò, una dicesi di Malacinadi dal proprio nome, l'altra dal suo cognome Coracitano. Non rechi maraviglia, se sotto;il nome di questo Santo s'eressero in quei tempi tante Chiese, perche la devotione de' Greci verso di questo lor Beato Vescovo era non ordinaria.                                          

   Non fù d'uopo assicurar di fosso le mura, perche il sito da per se stesso naturalmente forte, ed elevato, è sodo masso di scoglio, assicurato prima dagl'Antemurali, che li fanno argine al piede, e dalla profondità, con la quale s'abbassano poi le vallate, bastò tagliar quella parte, per dove con gran difficoltà poteasi salire. Questa Città è di figura ovale, & allungasi col restringersi dalla parte Montana volta al Settentrione; Hà il circuito di quattro miglia.

   Assicurato in tal guisa il posto, rivolsero alla struttura degli edifici sollecito l'animo. Per prima edificarono la Chiesa Matrice in quel luogo appunto ove oggi è la Piazza (9)Maestra sotto Titolo di S. Michele Arcangelo, e quella consacrò Stefano Arcivescovo di Reggio ad istanza di Flagitio Procurator di Niceforo, e vi furono di subito trasferiti da Leon Grande primo Vescovo della novella Città dalla desolata Paleopoli i Corpi di S. Ireneo Vescovo di Leone, e di S.Fortunato Vescovo di Todi, quali si conservavano sotto l'Altare Maggiore della Catedrale di quella Città, e dichiarati con plauso universale della Città sorgente Padroni.             

Stabilito ciò che apparteneva allo spirituale, si diedero alla fabrica delle case con tanta asseveranza, che in breve tempo si ridussero gli Abitanti à stantiar nel coperto. Non furono da principio in magnifica forma l'abitationi costrutte, perche il lusso ò non nato, o in fascie in quei tempi, non disegnò superbi edifìci, o dalla fretta, con che s'accomodavano fù bandito. Furono bensì d'honesta grandezza le case con alti, e bassi, di non minor al­tezza di venti braccia, come alcune rimaste in piedi in quel Quartiero, che hoggi dicesi la Grecia, ne fanno fe­de, le quali conservano ancora le Travi di farna, che i boschi all'hora in piedi somministraronli, impossibile ad esser stati posti in altro tempo, per non essere in queste parti, che trenta miglia distanti alberi somiglianti quali non portariansi senza dispendio esorbitante, e riescono incivili per la rozezza; tutti riscontri da non escluder quella legname civilissima, e facile a lavorarsi, che da' vicini boschi non solo a Catanzaro tramandasi, ma à molte parti del Regno, & infino à Genova.

Così ridotta in qualch'ordine questa, che fin dal suo natale fù Città Vescovale, e Capo della Provincia, come non solo nelle nostre antiche Croniche in quel passo in particolare si legge, che parla della fondatione del Pretorio di Flagitio in quella Città fabricato, per render ragione a' Popoli della Calabria, ch'è del tenor seguente. Erexit praetorium suum Flagitiuas propè Ecclesiam S. Michaelis Archangeli, ubi universi Calabri, & Lucani diisdicabantur, ma come Paolo Gualtieri Professor di Filosofia, e Theologia nel glorioso Trionfo de' SS. Martiri di (10)Calabria nel primo libro nel foglio 227. 228. e 229. ove produce ancora una Bolla di Calisto Secondo della Consacrazione della nuova Chiesa.

   Partissi Flagitio doppo d'haver la forma stabilito del governo, & appoggiato da lui medesimo alle persone di Cattaro, e Zaro Capi principali di quelle genti tutte, & Autori dell'edificatione della Città, qual volle,che Roc­ca di Niceforo si dicesse, pcr essere di questo fondata sotto l'Imperio, correndo gli anni della nostra salute ottocento, e quattro.            

   Alla voce, che da per tutto correva dell'edificatione di questo Forte, risolsero d'abitarlo alcuni Latini, quali per le Selve dispersi, l'ira fuggivano di quei Barbari, che parimente te loro patrie havean desolato: Ma dubitando d'esser esclusi, vollero accertarsene per mezo d'honestissimi Ambasciadori inviati da loro doppo la partenza  di Flagitio à Cattaro, e Zaro, supplicandoli di ricovero. Commiserarono quegli huomini pij le sventure di colo­ro, che mendicavano albergo; onde non isdegnaro d'ac­comunar la fortuna, con gente, che corso haveva la medesima loro sventura. L'introdussero, l'accarezzarono, & assegnaronli un capacissimo luogo, ove fondar potessero gli Abituri; e fù quella parte della Città, che a man sinistra si vede per la via, che dalla Porta della Marina corre con quasi dritta linea fin'à S. Giovanni, ultimo termine della Città, ch'è un tiro di vantaggiato miglio.

    Non sì tosto dalla pietà furono introdotti de' Greci, che di quefti emulando l'opre, erfero Abitationi in assai più magnifica forma di quella, che il presente stato li consigliava. Fondaron Chiese: & il modo all'uso Italico stabilirono del governo: Soggetti bensì restarono per all'hora alle leggi comuni, che imponevano i Fondatori, in virtù della potestà lor da Flagitio comunicata. In  quanto all'osservanza de' sacri Riti si praticava con dif­ferenza, ciascheduna delle due Nationi osservando il pro­prio ufo: che però negli antichi Testamenti, che nelle Scede de' Notari di quei tempi conservansi, si legge, che il Testatore lasciava, che intervenisse nel suo funerale il Clero Greco, e Latino.

    (11)Ecco nello spazio di men di quattro anni crestiuta, e popolata quella Città, che inferiore dalla sua nascita non fsi conobbe di forze, ò men di glorie dovitiosa di qualun­que altra, che vanta antichi natali nella Calabria. Di forze, perche bambina ancora il suo sito eminente, e la Virtù degli Abitanti inespugnabil la resero; Di glorie, perche in lei tutte quelle si trasfusero della Gran Grecia per mezo de' suoi Fondatori, di quefta furono heredi. Da quell'accomodamento, che fecesi di Greca gente, e Latiaa, frà poco nacque un disordine, e fù,che mal distinguendosi per l'ignoranza nel conoscersi il Plebeo dal Civile, trapazzato con decoro veniva spesso il rispetto: Onde per riparar à questo inconveniente, divisa fu la Città in quattro Ordini. Coloro nel primiero furono ascritti, che da Parenti illustri la descendenza trahendo, il titolo meritaro di Nobili. Quelli nel secondo successero, che per le propria virtù riguardevoli, Honoratissimi Cittadini appellati vennero. Nel terzo coloro furon descritti, che civilmente con le fatiche delle loro arti vivevano. Costò il quarto di Plebe, che venne d'ogni officio escluso della Città. Ordine in una Republica necessario per non esiliar quel decoro, con l'anima del quale mantiensi.

   Cresciuto poscia col crescere degli Abitanti il maneg­gio de' publici affari, per sottrarsi, da alquanto peso, che grave era homai fatto à due Comandanti; stabilirono, che un numero di quindici Cittadini per il governo della Città s'eligesse, con limitata facoltà di governare non più, che il corso d'un'anno, nel fine del quale di nuovo d'altretanti si facesse la scelta, e così successivamente in perpetuo; e questi nel fine del lor'officio dell'amministrato dessero i conti, acciò quello del Publico convertir non potessero in ufo proprio. Eligevansi perciò un del primo Ordine, & un'altro del secondo, a' quali veniva dal Publico autorità comunicata di sopraintendere à gli affari del Comune, ma non con assoluta facoltà, poiché nella determinatione de' negotij intervenivano dodici altre persone, quattro per ciascheduno Ordine, à tal fine (12)anco detti, nè senza l'assenso della maggior parte potevasi qual sia faccenda determinare. Eligevasi in oltre con nome di Pretore, oggi detto Mastro Giurato, un'altro, e questi havea l'incumbenza della guardia della Cit­tà, e come Capo supremo in tempo di guerra veniva obedito; che perciò li s'assegnava un buon numero di soldati à stipendio mantenuti del Publico, & un'anno eligevasi del primo Ordine, & un'altro del secondo; on­de non mi reca maraviglia, se col tempo poi conosciuto il merito di questi Honorati Cittadini da' Regnanti, che successero, vennero per special privilegio dichiarati uguali nelle prerogative, & honori a' Nobili della Provincia. Questo modo di governo oggi dura, e dicesi il Corpo tutto Magistrato. Si fà per elettione, ma con  variata forma di prima, intervenendovi tutti i trè Ordini.

   Col corso degli anni, giva di punto in punto la Città, in magnificenza aumentando, e nella struttura de' Palagi, quali oggi, ancorche capacissimi, e d'esquisita for­ma, non sono d'estraordinaria altezza, sì per causa de' terremoti, che continuamente travagliano la Provincia: sì perche l'eminenza del sito spesso combattuto da gagliardissimi venti non lo permette: E nelle fabriche di più Chiese: E nell'ordine delle strade. E perche l'acque,che eran dentro, di molta perfettione non erano, si arrese ad accomodar i Fonti alla Città più vicini. Due Fontane si fabricaro, ambedue nella falda del Pezzano, non più, che un tiro d'Arco, dalla Porta Montanara lontane, e poco una dall'altra discoste, ridotte oggi in più bella forma da' Cittadini. Un'altra nel lembo di quel Monte, che à rimpetto della Città sollevasi nella parte di Tramon­tana, la perfezione delle cui acque li diè il nome dell' Acqua buona. E' da questa non molto lungi in più elevato luogo un'altra detta Rossella, con cinque altre attor­no del Monte, sù del quale sta la Città situata, trà le quali una in quel Giardino nella man destra dell'uscita della Città dalla Porta di Stratò, che per esser stato della moglie di Cattaro detta Lencrista, diè nome all'acqua.

    Morto, che fù l'Imperadore, non più Rocca di Nice(13)foro la Città venne detta, perche per rimunerare in par­te i Cittadini le fatiche de' Fondatori, vollero di quelli la memoria eternare con appellarla da' proprii nomi, onde Cattarozaro fu detta; voce, che poi corrotta sonò Catanzaro. Ritenne però il primo nome tuttavia nelle parti  à lei più remote finche il Tempo, padre dell'Oblio, in tutto l'estinse.

    Con la morte poscia de' Fondatori non morì nella Città l'ardimento, anzi che formidabile resa dall'intrepidezza degli Abitanti, potè nel secondo passaggio de' Saraceni in Italia doppo la di lei edificatione, nell'anno 829. in modo rintuzzar di coloro l'audacia con provocarli, che si persuasero quelli per loro meglio il non assalirla: onde con sua estrema gloria quasi che sola in quella seconda invasione vergine nella Provincia rimase. Questa barbara Natione, che par che sempre la mira del suo furore più fiera rivolgesse a' danni della Calabria, e di Puglia, ripassando con numeroso Esercito il Mare, e doppa d'havernel 845. posto l'assedio àTaranto, affondate poco da Cotrone distante molte Navi Venetiane, e buon numero incendiate, quali al soccorso della Calabria eran con altre di Teodosio Imperadore venute, ben che a terra un'infinità di gente ponesse, che tutte quelle parti senza contrasto trascorsero, non trovasi chi dica haver Catanzaro non solo manumessa, mà combattuta. nè meno, così fatta era formidabile fin'à quell'armi, che contrasto in quei tempi non ritrovavano. Si segnalarono ancora, col restar inespugnate nella Provincia, Squillace, Locri, e Reggio con non poca lar gloria.

    Correvano gli anni della nostra salute 914. quando la Calabria, e la Puglia dalle, ceneri delle quali estinte lor glorie la generosità richiamando, non in tutto spenta, benche da' Barbari oppressa, sdegnando di veder Romano dalla bassezza de' suoi natali, asceso per gradi di fortunati incontri all'Imperio Orientale, gli negaro l'obedienza, onde mal potendo quell'huomo vile per all'hora vendicarsi di tanto oltraggio, a' danni di queste Provincie provocò (barbaro) gli Africani, con promessa d'as-(14)sistere à lor favore: Questi, che par che nati siano alle prede, concitati appena dall’Empio, fero il quarto passaggio con sì gran numero d'armati, che non trovando contrasto, la Calabria , Basilicata, e Puglia corsero senza contrasto dalle parti Orientali fin'à quelle, che l'Occidente riguardano. Gli avanzi della preda diedero al fuoco; chi non perì dal ferro, destinaro alle catene. Cosenza istessa , che illesa in due altre invasioni erasi conservata , abbandonata dagli abitanti, soggiacque al sacco. Catanzaro non combattuta mirava da lontano l'esterminio delle Città abbattute, delle Terre spogliate, de' Villaggi fumanti, e dalla fortezza assicurata dell'inespugnabil suo sito, e dal coraggio difesa di coloro, che l'abitavano, potè mantenersi lo spatio di quindici anni, che quei Barbari ivi fermaronsi, anche doppo la morte di Romano, trà le crapole estinto l'anno terzo del suo Imperio , à cui successe il terzo Niceforo, nel qual tempo dal Principe di Capua persuaso Ottone primo Imperadore dell'Occidente à scacciare i Saraceni da’ luoghi oppressi da loro, con mostrargliene la facilità, con che poteva farlo, accinsesi all'impresa, con tanto più di calore, quanto stimolato veniva dallo sdegno verso di Nicefo tro Nicefororo , che per haver à pezzi fatto tagliare un buon numero d'huomini segnalati, da lui inviati dalla Calabria à Costantinopoli per condur la figlia di quello, destinata moglie ad Ottone il giovane, in modo il di lui nome abborriva, che cercava levarlo dalle bocche degl'Italiani, con torli quanto in Calabria possedeva , & in Puglia; se possesso quel potea dirsi in paesi, ove vittoriosi scorreano i Mori: Onde formato un numeroso Esercito, passò in Puglia, indi in Calabria, e scacciando i Saraceni , e soggettando i Greci, doppo d'haver molto sangue sparso nemico, glorioso adietro rivolse il piede. Catanzaro, che col resto della Calabria, e di Puglia mal tollerando il dominio di Romano per la viltà della sua nascita, liberata s'havea dal giogo servile, è da credere (benche si taccia) che con l'istessa generosità sdegnando parimente la codardia, e la vità di Niceforo, che così vilipendioso 14 lo resero, che anni doppo le memorate sciagure fù in Costantinopoli lapidato, indi per ordine della moglie ucciso nel proprio letto da Giovanni Zimisce, ad Ottone aprisse le porte, non sdegnando d'obedire a colui, che doppo il corso di trent'anni d'Imperio chiuse glorioso il periodo della sua vita.

    Si riposò questa Città sotto l'ombra della protettione dell'Aquila Romana per qualche tempo; finche pervenuti all'Imperio d'Oriente Basilio, e Costantino, tolsero di mano a' Barbari l'Isola di Creta; indi, col mezo de' medesimi al loro soldo passati, ricuperarono la Calabria, e la Puglia. E mentre Ottone secondo herede dell'Imperio, non della Virtù, e della fortuna del padre, vuol farli fronte, abbandonato da’ suoi nel più fervido della battaglia, fù miserabilmente rotto, & imprigionato. Mà non servendosi dell'occasione i nemici, perderono con la speranza dell'acquisto di tutt'Italia il prigioniero medesimo, che fuggito loro di mano, si portò à debellar Benevento, e di là condottosi à Roma, dal dolore abbattuto, finì la vita l'anno decimo del suo Imperio.

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