Inizio la trascrizione dell'opera di Vincenzo D'Amato, pubblicata a Napoli nel 1670, quindi quasi coeva a quella del Nola Molisi (1649).
CatavurAmurus.
MEMORIE
HISTORICHE DELL'ILLVSTRISSIMA, FAMOSISSIMA, E FEDELISSIMA CITTA' DI CATANZARO
Registrate
Dalla Penna Del Signor VINCENZO D'AMATO
Patrizio di detta Città
Et
al Glorioso Nome dedicate della medesima sua Patria.
IN
NAPOLI Per Gio: Francesco Paci
M.DC.LXX.
CON LICENZA DE' SVPERIORI.
Libro Primo.
Poscia
che con la sua virtù Carlo Magno la fortuna abbattè di Desiderio Rè de'
Longobardi, che per più anni infestò all'Italia tentava sù le rovine della medesima
Chiesa erger il tempio della Gloria al suo Nome: combattuto c'hebbe l'ardimento
de' Mori nella Spagna: Posta in libertà Terra Santa da' Saraceni occupata: Assunto
alla dignità Imperiale nell'Occidente da Leone Terzo Pontefice di questo Nome,
aspirava con gli sponsali d'Irene lmperatrice di Costantinopoli all'assoluto
comando di quell'Imperio, dall'ambitione de' passati Regnanti in due parti diviso.
Era
sù la conchiusione il trattato, quando Niceforo Patritio, ò che stimasse indecenza,
che la potenza tutta in un straniero si rivolgesse, ò da stimoli punto del
dominare, non solo con improvisi tumulti sturbò il concerto mà imprigionando l'istessa
Irene, indi esiliandola in Lesbo, si fè' da' Congiurati gridar Regnante.
Assiso
appena sù l'altezza di quel Trono, dal quale havea precipitato quell'Infelice,
applicò l'animo allo stabilimento di quello, con far offrire à Carlo pronto
l'accordo pattuito pria con Irene, ch'era di divider nella seguente forma
l'Imperio. Ch'appartenesse al dominio Greco ciò che quindi da Napoli, indi da
Manfredonia scorre ver l'Oriente, & resto, che à terminar và con l'Alpi, soggetto
rimanesse al Latino. Lasciando in libertà Venetia, in vano da Niceforo istesso
combattuta anni doppo.
Stabilito
in ciò l'accordo, parve all'afflitta Italia di respirare, stanca homai da invecchiate
guerre, che fatto haveano il suo seno Campo di Marte: Mà dalla perfidia Romana,
dalla malvagità de' Toschi, e Lombardi fatto della lingua privo, e de gli occhi
il Santo Pontefice Leone, restituitigli poscia da quell'Immensa Mano, alla
quale và giunta l'Onnipotenza; stimolata la Divina Giustitia, chiamò dall'arse
contrade dell'Africa un numero così incredibil di Barbari, che quasi spaventoso
Torrente da per tutto inondando, non trovò argine di ben munita Fortezza, ò
riparo di franco petto, che l'arrestasse, fin che sboccato nella Metropoli
dell'Universo, abbattè di quella le mura, spiantò le Case, le Chiese tutte sconfisse,
quella parte degli abitanti avanzati al ferro disperse, il tutto di spavento
empiendo, e d'orrore, non cessando tanta tempesta, che doppo lunghissime
guerre, e gran spargimento di sangue.
Fortuna
assai peggiore dell'altre parti d'Italia corse in quei tempi la Magna Grecia,
che dal furor sconfitta de' Barbari, si pianse prima atterrata, che combattuta.
Questa
fù quella parte della Grecia, che i Portici à suo tempo oscuro d'Athene con le
famose Scuole di Pitagora, ove fin dalle parti men conosciute del Mondo á studi
di Filosofia concorsero gli huomini, e delle quali fin al dì d'oggi se
n'ammirano non in tutto atterrate le fabriche, e le Colonne, quali ad un Capo,
che mette in mare poco da Cotrone distante donano il nome: Sì celebre per la sontuosità
de' suoi Tempi, che costrinse la Fama da per tutto predicarne le maraviglie, onde
fin da' paesi più remoti peregrine spinse le Genti ad ammirarne le pompe,
obligando secoli doppo la penna di Solino à registrarle trà le cose più memorabili
dell'Universo. Questa fù quella in arme così famosa, che all'eccidio
congiurando anch'ella di Troia, solamente da Locri picciol membro del suo gran
Corpo inviò à favor de' Greci 37 Navi, sussidio di non ordinarie forze in in
quei tempi, sotto la condotta d'Aiace Oileo: Questa fù quella gloriosissima Regione
tanto più nobił d'origine, quanto meno lascia distinguere i suoi Natali, invano
da infinità d'Autori trà lor discordi con diligenza cercati, mentre nell'oscuro
seno dell'Antichità gli ritrouano sepelliti. Ricca di così vaste Città, le di
cui atterrate reliquie oggi con maraviglia il circuito dimostrano di trè leghe.
Quella infine, che sola tra le Provincie della vastissima Greca Monarchia meritò
per le sue eccellenze il nome di Grande, un repentino insulto di Barbari (ò
vicende deplorabili di quà giù!) la combatte, la spianta, l'atterra, si che
appena ne lascia a' posteri la memoria ne' suoi vestigij.
Dispersi
gli Abitanti che alle ruine sopravissero di questa invasa Regione, quei di
cuore più timidi (quasi per sepellirvisi) ne più folti recessi delle boscaglie
fabricaronsi gli abituri. Altri di franco petto dalla fortezza assicurati, e da'
vantaggi di alcuni posti eminenti, ove per difendersi ascesero, schermironsi dal
nemico furore fandoli fronte.
Di
questa fatta d'huomini intrepidi, due Capitani Cattaro, e Zaro, che con poca
fortuna le mura di Paleopoli havean difeso, Città Metropoli di tutto quel paese,
che dal Fiume Croci, oggi Crocchia, stendesi fin al pertinente di Locri, situata
tra il fiume Crotalo, al presente Coraci, e quel di Squillace, che per lo spazio
di quattromiglia (come additano le sue miserande reliquie) riguardava il Mar
Ionio per fronte, stendendosi con la sua lunghezza fin al piè di quel Monte, ove
oggi senz'abitanti stà situata la Rocca, cedendo alla fortuna nemica, ritirandosi
da principio con molta quantità di soldati, & altri Capi di guerra con buon
numero di Donne fuggitive nella sommità del Zarapotamo, che s'erge oltre la riva
del fiume Crotalo à vista della Città sopradetta, il di cui nome oggi conserva
ancora un'antichissima Chiesa, nell'estremo edificata del suo lembo, sotto
titolo di S. Maria. Indi misurando le poche forze, con le quali mal potevano
contrastare un'Esercito d'infinito numero, e vincitore, adocchiato il Monte
Triavonà trè miglia da lor discosto entro Terra, gente inviaro esperta per riconoscerlo,
quale celebrandolo nel ritorno di sito più vantaggioso, e capace, & alle
difese più atto, allontanaronsi dal nemico, ivi con buon ordine rifuggendo.
Considerato
nel loro arrivo più maturamente il luogo, non solo lo riconobbero profittevole
all'imminente necessità di difendersi, ma atto à capir nella sua sommità una
Città spatiosa.
Ergesi
il Triavonà da Ponente per lunghezza di più di un miglio per fianco in scoscese
balze, dal di cui imo al sommo stanca non vi giunge la vista. Dilatasi dalla
cima alquanto distante in una breve pianura atta à capir più Borghi: Indi di
nuovo sollevasi in un masso di scoglio tant'alto, che uno strale, ch’uscisse
d'arco gagliardo non può giungervi in modo alcuno a far colpo. Non concede
franca salita, che per un picciol viottolo industriosamente tagliato. Bagna il suo
piè per tutto il fiume Massento. Dal lato di Tramontana per altretanto spatio,
e nella forma dell'altro con dirupi inaccessibili si distende, nella profondità
delle quali scorre il fiumicello Conaci. Ambedue le vallate così vicine, che i
fiumi formano dalla parte montana, che fanno una Penisola di sole cento cinquanta
braccia di latitudine, per dove con spatiosa pianura al lembo si và à congiungere
del Monte Pezzano. Mostra da Mezogiorno di larghezza quafi uguale a i fianchi la
fronte così elevata al Mar Ionio, che tirane la salita oggi Maestra della Città,
non apre da nessuna parte altra via: Al di cui piè, che dicono della Sala, dove
non giungesi dall'alto prima d'haver caminato un buon miglio, sboccando i sudetti
fiumi s'uniscono con perdere il suo nome Conaci, forse per esser egli d'acque
più povero, s'apre una spatiosa pianura, che dilungandosi sempre uguale lo spatio
di sei miglia, và à terminare nel Mare. Dall'una, e l'altra parte di quest'ampiezza
quasi ad arte formati dalla Natura si sollevano ameni Colli di ugual altezza, sul
dorso de' quali (di gran diletto alla vista) oggi s'ammira un'ordine regolato
d'abitationi, e di Torri, per dove li vagheggiano Possessioni, e Giardini
d'amenità non ordinaria; quali sporgendosi breve tratto dall'uno, e l'altro
lato delle falde delle Colline, lasciano libero il corso al fiume, dal quale
vengono continuamente irrigati: La sommità poi del sopraccennato Monte in trè
Colli dividesi, che dolcemente uno dall'altro staccandosi, vanno così insensibilmente
crescendo, che con gradito inganno gode la vista d'una spatiosa pianura, non
punto povera d'acque, mentre più Ruscelletti sorgenti (avvenga che di qualità
non pregiata) da per tutto lentamente scorrendo l'irrigano. In più parti di quest'ampio
seno ergeansi folte boscaglie, hora sotto il ferro cadute degli Abitanti che
nel loro intrigato Vano un'orror venerabile conservando, eccitavano la follia
de' Gentili alla veneratione di un'antichissimo Tempio detto del Sole, ivi posto
dalla parte guarda il Ponente, consacrato poscia da' Greci al Glorioso Nome del
Salvatore, sotto il qual Titolo oggi si arruola una Confraternita numerosa di
pijssimi Cittadini.
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