Terza puntata della 'Cronica', intanto che 'aggredisco' le 'Memorie historiche' catanzaresi di V. D'Amato. Sono lavori lunghi e mi domando se ne valga la pena, ma, come si dice? ...Dove c'è gusto non c'è perdenza, anche se non è proprio così, non sempre. Dimenticavo -anche se forse è intuitivo- di dire che il numero posto di seguito alla numerazione dei capitoli indica la corrispondente pagina del testo originale.
CatAmor
Quelli che regnavano nel Mondo quando fù fatta Città
Crotone.
CAPITOLO VIII: 43
Et mentre dal computo de gl'anni, che fà
Nicolò Doglioni nel suo universale Teatro de Prencipi, & dell'historie del
Mondo si cava, che la Città di Crotone fù fatta Città intorno alli detti anni
del Mondo 2270. con l'auttorità di tanti veridici Autori, regnando in italia
Ercole, con le medesime autorità si dice anco che nella Spagna regnava Hispan
figliuolo d Hispalo, che fù figlio d'Ercole, e da detto Hispan fu quella
Regione detta Hispagna, quale prima era detta Hiberia, dal fiume Hibero, e da
Hispalo fù detta la Città di Siviglia come anco referisce Trogo: nella Gallia
regnava Celte, dalla cui figliuola detta Galatea, e da detto Ercole nacque
Galate, da cui prese il nome di Gallia e tutta quella parte de’ Popoli detti
prima de Samothei: nell'Assiri regnava Altude, il quale fù tanto amico
dell'otio, che miseramente visse, e morì tra meretrici. Nell'Argivi Argo, il
cui fratello Atlante havendo scoperto con la sua sottile intelligenza il corso
delle stelle, stando egli sopra un'altissimo Monte, che dal suo nome Atlante fù
detto, diè cagione, che li Poeti fingessero, ch'egli con le spalle sostentasse
i Cieli; il che fu anco quando regnava Faraone in Egitto, Gioseffo figliuolo di
Giacob per l'interpre-tatione de’ sogni era già divenuto Monarcha governando
quei Regni mentre visse, e dopò la sua morte cominciarono gli Hebrei à patire
la servitù nell'Egitto, che durò per il spatio di cento quarantaquattro anni,
ſin'à tanto, che furono da Moisè per ordine di Dio liberati, conforme recita la
Biblia Sacra nella Geneſi, e nell'Esodo nelli loro Capitoli.
Et perche Plinio nel terzo lib. Cap. quinto
dice, che Napoli fù edificata da Cumani, e Calcidesi nationi Greche, li quali
venuti ad habitare nell'Isola d'Ischia intorno all'anni del Mondo 2818. indi à
terra ferma discesi edificorno Cuma, e poi passarono ad habitare Partenope,
ch'oggi si dice Napoli, come anco riferisce Servio sopra il terzo dell'Eneide
di Virgilio; e dal nostro computo auttorizzato da tanti veridici, e gravi Autori
appare che questa Città di Crotone, come sta detto da capo, habbi havuto il
principio della sua habitatione d'intorno alli anni del Mondo 1765. dunque
chiara cosa è che più di mille, e cinquantatrè anni l'habitatione di Crotone fu
prima di quella di Napoli.
Et Mentre Bartolomeo Marliano nella sua
Topografia con l'auttorità di Catone, di Tito Livio, di Cicerone, e altri,
apporta, che Roma hebbe il suo principio intorno agli anni del Mondo 3212.
trecento novantaquattro anni dopò di Napoli. Resta chiaro ancora, che questa
Città di Crotone, ch'incominciò dall'anno 1765. hebbe il suo principio 1447.
anni prima di Roma.
Nel detto Teatro de' Prencipi, e
dell'historie del Mondo del Doglioni si legge ancora, che intorno all’anni
2484. Dardano diede principio all'habitatione di quella Città, che da se stesso
prese il nome di Dardania, che poi fù detta Troia nella Frigia, & perche la
prima habitatione della Città di Crotone fù intorno agli anni 1765. dunque
Crotone hebbe il principio 710. anni prima di Troia, e sequendo il computo
degl'anni del detto Doglioni, dicemo, che l'ultima ruina di Troia fosse stata
intorno 2783. che à questa ragione la Città di Crotone hebbe il suo principio
anni 1018. prima di detta ruina.
Et essendo stata fatta Città intorno all'anni
del Mondo 2270. si chiarisce questo essere stato 513. anni prima della rovina
di Troia.
Quanto era grande questa Città, et il suo castello.
CAPITOLO IX: 46
Questa città era dodici miglia di circuito,
come dice Livio nel 14. lib. delle sue historie, con grosse muraglie, che la
cingevano, e la rendeva fortissima anco un grandissimo Castello, che d'una
parte soprastaua al mare, e dall'altra parte soprastava alli campi, e lo
rendeva forte il sito, essendo il detto Castello sopra un monte sublime, e elevato,
con una muraglia grandissima, che lo circondava, il fiume Esaro passaua per
mezzo, conforme si leggono le proprie parole di detto Livio in detto lib. 14.: Urbs
Croto murum in circuitu patentem duodecim millia passuum habuit, ante Pyrri
adventum in Italiam, post vastitatem eo bello factam, vix pars dimidia
habitabatur, flumen, quod medio oppido fluxerat, extra frequentia tectis loca
praeter fluebat muros &c. e poco appresso dice così nell'istesso libro &
Arx Crotonis una parte imminei muri, altera vergente in agrum situ tantum
naturali quodam munita postea, et muro cincta, quo per aversae rupes ab
Dionisio Siciliae Tyranno per dolum fuerat capta.
Et mentre era di tanta grandezza, e così ben
munita, e fortificata, era piena dentro di grandissimi, e sontuosi palaggi, di
vaghe fontane, e di Tempij superbissimi, havea una bellissima, e spatiosissima
piazza, della quale fà mentione Diodoro Sicolo nel 12. della sua Biblioteca,
quando racconta la fuga di Sibariti dalla loro patria, dicendo, che gionti detti
Sibariti in Crotone, n'andaro subbito alla piazza, in mezzo della quale si
vedeva una Ara dedicata ad un Dio, il quale Dio era Ercule (come si dirà à suo
luoco) al quale essi Sibariti confugirno per sicurtà della loro vita; per lo
che nacque la guerra trà Crotonesi, e Sibariti, come à suo luoco anco si dirà.
Fà mentione ancora di questa piazza
Erodoto nel terzo lib. quando racconta la fuga di Democide Crotoniata dalle
mani de i Persi mandati con esso lui da Dario, se ne venne nella sua patria,
dove arrivorno anco essi Persi, quali havendo trovato Democide nella piazza il
presero, e volendolo portare via con loro, li fù da sui Cittadini prohibito.
Per tornare al detto Castello, e sapere
quanto grande era, dall'istesse parole di detto Livio, dicendo, che da una
parte soprastava al mare, e dall'altra parte alla campagna, chiaramente se ci
dimostra, che quello, ch'oggi è Castello, che soprasta al mare, era unito con
quello che ſi chiamava Cavaliero, che soprastava alla campagna, e tanto era
grande l'antico Castello; anzi prima, che detto luoco chiamato il Cavaliero,
che li moderni haveano fatto, come un forte dentro la Città, pochi anni sono si
deroccasse, vi si vedeua una bellissima cisterna, e molti altri edifici, e muri
sotterranei, che ſino al Castello di hoggi si stendevano, & detto Castello
antico dovea essere così grande, mentre si refugiavano in quello (nelle tante
invasioni di diverse gente straniere che tutta Italia non solo questa Città,
trauagliarono) la moltitudine di gentil'huomini con loro grosse famiglie, che
in sì popolosa, e grande Città si ritrovavano, come à suo luoco pienamente se
ne ragionerà.
Vi era un spatioso, e sicuro porto, dove molte
Trireme, navi, e altri vascelli si lavoravano, havendo la commodità delle
montagne della Sila vicine da dove ogni sorte di legname vi si portava: perlo
che la città di Crotone teneva in ordine sempre un'armata per defensione sua, e
delle Città, e Terre à lei soggette; il che si cava in Laertio nella vita di
Formione, in Suida, & altrove, dicendo, che Formione valorosissimo Capitano
Crotoniata per mare, e per terra due volte in battaglia navale vinse i
Lacedemonij, li quali per vendicarsi della perdita prima, rinforzata la seconda
volta la loro armata di ottantacinque grosse navi, s'incontrorno con l'armata
de’ Crotonesi, li quali dovevano essere ò molti più, ò poco meno di loro, e li
vinsero, li ruppero, e vittoriosi se ne ritornarono, portando con essi gran
parte dell'armata nemica, mentre trè navi sole se ne andorno à pena salve à
Lacedemonia, rimanendo l'altre parte sommerse, e parte prese da’ Crotonesi.
Polibio nel 10 lib. parlando delle felicità
di Crotone così và dicendo: Nihilo tam minus magnam sibi felicitatem
vendicare videntur haud aliundè, quàm ex locorum fertilitate, quae nè conferri
quidem potest ad Tarantinorum portus, et loca. est autem & commoditas eius
loci etiam ad portus Adriaticos, nunc quidem magna, maior vero fuit ante haec
tempora.
Petronio Arbitro Caualiero Romano, il quale
scrisse nel tempo, che Roma godeva l'Imperio del Mondo nel Capitolo 76. dice
essere stato personalmente in Crotone Città antichissima, e stimata un tempo
delle prime d'Italia, conforme era in stima la Città di Roma nel tempo, che lui
scrisse, e che i suoi popoli erano stati sempre mai eccellenti in arme e in
lettere, e havere vissuto con buone, e sante leggi. Et Plutarco nella seconda
parte dice che questa Città di Crotone mandò in agiuto di Alessandro Rè de Macedonia,
che stava molto oppresso da’ Persi, una trireme de’ Crotonesi valorosi sottola
scorta di Failo Capitano valorosissimo di Crotone, il quale con detta sua
Trireme, & co’ suoi valorosi campioni, con incredibile valore l'istesso
Alessandro, e tutta la Grecia da tanti inimici assalti liberorno, il detto
Doglioni nella prima parte del primo volume dice, che questo Alessandro
successe Rè di Macedonia, dopò Aminta suo padre, e fù cognominato il Ricco,
nell'anni del Mondo 3460.
Erodoto Autore antico lib. ottavo, Cap. 4.
dice, che Atene ritrovandosi da Xerse potentissimo inimico molto ossessa, mandò
a dimandar agiuto da Crotone, la quale mandò subito una grossa nave de’
Crotonesi in suo agiuto sottola guida d'un valoroso Capitano detto anco Failo,
il quale si adoprò con tanto valore co' suoi, che ritirato per all'hora
l'inimico, da tanto crudele assedio la Città di Atene liberolla; & secondo
il Doglioni nel Theatro de’ Prencipi nella prima parte del primo volume Serse
fù negli anni del Mondo 3476.
Tito Livio lib. 4. de bello punico dice, che
li Brutij, che militavano insieme con cartaginesi ſoldati di Anibale, sdegnati
contro essi cartaginesi, che si usurpavano per essi soli il dominio delle
terre, che prendevano, si risolsero con ogni loro sforzo di andare, &
pigliare Crotone, credendo, che se questa Città, e il suo porto havessero
possuto ottenere, tutta la maremma della Magna Grecia, & altri luochi più
prossimi occupato haverebbono.
Li Saraceni sottoil loro Capitano Sabba, che
vennero in Italia nell'anno del Signore 931. con gran travaglio, e stenti
pigliorno questa Città, la quale dopò presa, rifecero le mura, e case & per
molti anni mantennero nel porto una grossa armata, con la quale tutto il Regno
& gran parte della Grecia danneggiorno, come si dirà a suo luoco.
Il
Constanzo lib. 3. fol. 60. il Sommonte, e altri, dicono che il Rè Giacomo, ò
Giaimo d'Aragona Rè di Sicilia con 50 galere, e molti altri suoi vascelli con
Rugiero dell'Oria suo Ammiraglio venne in Crotone, dove si trattenne nel porto molto
tempo detto Rè ſin tanto, che Ruggiero andò, e venne da soccorrere Catanzaro,
che stava assediato dal Conte di Artois Marescial del Rè Carlo II. di Angiò.
Li Tempij superbissimi, et ricchissimi, che erano in
questa città,
et altre cose curiose, et belli edificij.
CAPITOLO X: 50
Iamblico nella vita di Pittagora, dice, che
i Crotonesi à conseglio d'esso Pittagora, il quale veramente affermava, che
Ercole havea illustrato di nome di Città Crotone, & che sempre n'havea
tenuto la protettione, construssero uno grandissimo Tempio al detto Ercole,
& una grandissima statua al medesimo, nel mezzo della spatiosa Piazza
eressero, quale da’ Crotonesi in grandissima stima, & veneratione fù sempre
tenuta, anzi li nobili per le scritture uniuersali, & della communità
suggellorno con il suggello, dove Ercole, con la Città di Crotone in mano
scolpita si vedeva: conforme dopò, che quelli dalla nobiltà presero il Santo
battesimo dalle mani di Santo Dionisio Areopagita, hanno sempre suggellato con
il suggello, dove è scolpito S. Dionisio con detta Città in mano, conforme se
ne ragionerà à suo luoco: nè questa Città sola eresse Altari, e statue al detto
Ercole, mà tutta Italia, anzi tutto il mondo, come Dio lo riverivano, conforme
dice il Boccaccio nel 13. lib. della geneologia de gli Dei; & altri
infiniti Autori.
Vi
era il Tempio di Cerere Dea delle biade, edificato da’ Crotonesi dopò la morte
di Pitagora dell'istessa casa di Pitagora, come disse Valer. Maſſ. Nell'ottavo
lib. del decimo sesto capo, tanto era la riverenza che à lui portavano, mercè à
tanti ricevuti beneficij da lui, al quale in vita come un Dio riverivano; le
parole di Valer. Maſf. Opulentissimaque, Civitas (parlando di Crotone) tam
frequenter venerati (per Pitagora) post mortem Domum eius cereris
Sacrarium fecit.
Vi era il Tempio di Giunone Lacedemonia,
appresso il quale si vedeva secondo Pausania nel sesto, eretta la statua di
Astilo Crotonese, rovinata dipoi da’ suoi proprii Crotonesi, quando rimasto
vincitore nell'Oimpia à compiacenza di Dionisio Siracusano, disse essere
siracusano, negando la vera patria, per tal causa le fù rovinata la detta
statua, & la sua casa, la quale poi fu dedicata per uso di publico carcere,
come, trattandosi della sua vita, se dirà.
Vi era il Tempio di Giove Omario conforme
dice Polib. nel secondo delle sue historie, che pacificatosi, & uniti
insieme i Crotonesi, Sibariti & Cauloniti giontamente constituirno il
Tempio di Giove Omario stimato luogo opportuno, dove si havessero fatto
l'orationi; & s'havesse possuto con il popolo le cose necessarie al governo
della Repub. Trattare, e havendo havuto dalli Greci le leggi con quelle la loro
Republ. volevano ben ordinare; quando assaliti da Dionisio Sirac. da tal'opra
fur constretti desistere, & quella abbandonare.
Vi era il Tempio di Apolline del quale fà
mentione Iamblico, quando dice, che i Crotonesi havevano per ammonitioni de
Pittagora abandonate le concubine, pregaronlo fra l'altre cose, che nel detto
Tempio d'Apolline raggionar potessero alli loro figlioli. In questo Tempio
(come riferisce Aristotile nel libro delle mirabili ascoltationi, fù
trasportato da’ Crotonesi l'arco d'Ercole, togliendolo per forza dal Tempio di
Apolline Haleo, al quale era da Filottete stato consacrato, secondo Orione,
all'hora quando venne in questi luoghi ad habitare.
Vi era il Tempio delle Muse, quale i
Crotonesi constituirno, come dice Iamblico, & Nicolò Scutellico nella vita
di Pittagora, & Aulo Gellio nel primo. per conservarsi la Città in perpetua
concordia, perche il coro delle muse complisce in se la consonanza del
concento, l'armonia & tutte l'altre cose necessarie per farsi una perfetta
concordia, & questo à conseglio di Pittagora, quale Tempio construtto,
& ben ordinato, i Crotonesi abbando-narono a fatto tutte le loro concubine,
con le quale molto tempo prima havevano vissuto; questo Tempio stava situato
dentro la Città sopra un monte sublime detto ancora hoggidì la Cappellina, così
detto dal nome della Sacerdotessa di detto Tempio figlia di Appio Crotonese,
conforme disse Camillo Lucifero nel suo scritto a mano dell'anno 1523. come
dirò appresso.
Vi era il Tempio di Marte sito dentro detta
Città ancora sopra un Monte detto Caudino, perche in esso furono ritrovate
alcune codi di serpenti, che perciò sottoli piedi d'esso Marte erano scolpiti
alcuni serpenti, quale Monte hoggidì si chiama la Rotonda per essere un Monte
rotondo, questo Monte è delli fratelli di Casa Labruti, gentilhuomini d'essa
Città & è fuori la Città più d'un miglio. questo Monte viene nominato da
Giovanni Boccaccio in queste parole: Caudinus Calabriae Mons est. questo
Tempio fù anco construtto da’ Crotonesi è conseglio di Pittagora, dopò la
vittoria ottenuta contro le due Città vinte da’ Crotonesi, Temsa, & Cleta
nominate, la cui statua di Marte tutto il corpo era di argento, & la testa
di oro, quale oro, & argento pervenne dall'espugna-tione di dette due
Città, conforme dice detto Camillo Lucifero.
Vi era un'altro Tempio dedicato alla Dea
della Vittoria construtto ancora à conseglio di Pittagora, sito sopra un'altro
monte, che all'hora era dentro la Città, hoggi è più d'un miglio, e mezzo
distante da quella, quale monte si chiamava Egregorio, il quale fu Duce de’
Sibariti, ò fù preso da’ Crotonesi nella guerra de Sibari, e malamente ferito,
e condotto nella sommità di questo monte, dopò, che fù dal suo corpo tutto il
sangue uscito prima, che spirasse disse queste parole: Io da una parte moro
contento, perche moro per servitio della mia patria, dall'altra parte moro
disperato; perche lascio la mia moglie, e figli schiavi de’ Crotonesi miei
capitali inimici; dopò morto fù sepellito nell'istesso Monte, che perciò il
Monte da detto Egregorio il nome prese, e ivi fù fabricato questo Tempio; hoggi
detto Monte si chiama Maccoditi, & è proprio quello ch'oggi è detto la Torre
di Mangioni gentil'huomini di detta Città, questo anco fù fatto dopò, che i
Crotonesi vinsero le sopradette due Città Temsa, & Cleta, & dalle
spoglie di quelle fecero anco il corpo di questa statua della Vittoria tutta di
argento, e la resta di oro, come habbiamo detto di quella di Marte; conforme il
tutto hò letto nel scritto a mano del detto Camillo Lucifero.
Formione Capitano valorosissimo, che vinse le
dette due Città Temsa, & Cleta, perche fù ferito nell'assalti dati alla
detta Città di Temsa, & dopò con stupor di tutti sanato, come si dirà a suo
luogo, dopò sanato, fece fare due corone di oro lavorate, e gemmate con molte
pretiose gioie, l'una fè collocare sopra la testa di Marte, e l'altra sopra la
testa della Vittoria; & à ciascheduna di dette corone erano scritte in
greco queste parole: Formione Forte.
Questi Tempij, poi, credo furono violati, e
spogliati da Dionisio, da Pirro, da’ Romani, da’ Brutij, da’ cartaginesi, da
Gothi, da’ Saraceni, e da tante, e tante altre nationi, che tutta Italia, non
solo questa Città rovinorono.
Quanto hò detto delli trè Tempij, che i
Crotonesi edificorno sopra li detti trè monti, oltre dell'altri Autori
apportati per il Tempio delle Muſe, io l'hò cavato dallo scritto a mano in
latino fatto da Camillo Lucifero Archidiacono della Cathedrale d'essa Città nel
1523. dedicato poi a Monsignor Gio. Matteo Lucifero Vescovo dell'istessa Città
ambidui gentil'huomini d'essa, quale scritto, con altre cose particolare di
detta Città, io prestai l'anni passati al Padre Maestro Girolamo Salviati
Carmelitano di detta Città, e più non me l'ha restituito.
Venerò i Dei questa Città con tanta
puntualità, che Valerio Massimo lib. ottavo, capitolo 16. hebbe à dire queste
si fatte parole: Quantum illa Urbs (per Crotone), viguit, et Dea in hominis
memoria, et homo in Dea religione cultus est: dopò che disse, che la Città
di Crotone morto Pitagora, la sua casa haverla convertita in un Tempio dedicato
à Cerere.
Et mentre questa Città era così ricca di
questi Tempij, dovea esser ricca ancora di molt'altri tralasciati da Scrittori,
vi doveano essere Archi maestosi, alte, e grosse colonne, molti, e diversi
sontuosi Trofei, Portici & Teatri ampijssimi, Amfiteatri, Logge, Palaggi,
circoli, ponti, spatiose piazze, superbe porte, portentosi Colossi, superbe
statue, e sepolcri magnifici, di tanti valorosi Eroi de’ quali l'historici
tanto ampiamente n'hanno scritto.
Vi era uno stagno detto Melimno, hoggi detto
Melino sottol'antico Castello dalla parte del Molo, il quale per il tempo, e per
la fabrica delle nuove muraglie sta di terra pieno, dove hoggidi se ci fà orto,
di questo stagno fa mentione Teocrito nella quarta Ecloga, introducendo
Coridone à parlare.
Et quidem ad Melimnum impellitur, atque
partes Phisci.
sopra le quali parole dice l'interprete
sopra detto di Teocrito, Melimno è un stagno nella Città di Crotone, ve n'è
un'altro dell'istesso nome in Troia, ancorche un'altro interprete dice essere
una bocca di palude in Crotone, ma tutti concludono questo Melimno essere uno
luogo paduloso, nè in Crotone altro di questo nome si ritrova.
Vi era un Monte detto Fisco, del quale si è
fatta mentione di sopra nel verso citato in Teocrito, sopra le quali parole
l'istesso Interprete dice, Fisco essere un monte in Crotone, nel quale si vedevano
bellissimi pascoli, ne meno hoggidì si ritrova tal nome, onde si conosce, che
ogni cosa col tempo sta mutato.
Vi era un'altro Monte à torno detta Città
chiamato Latimno, conforme l'interprete di Teocrito, dicendo essere tutto pieno
di bosco, detto Teocrito in detta Ecloga nella persona di detto Coridone cosi
disse: Interdum autem exultans pascitur umbrosum circa Latymnum: hoggi
non si vede monte alcuno di questo nome, potria essere fosse quel monte detto
la Brica, tanto eminente, e bello, che non può vedersi monte più dilettevole,
dove sono molti alberi fruttiferi, belle vigne, buoni pascoli, e aere
perfettissimo, con ruscelli di acqua bellissima, e soprasta al mare, in maniera
tale, che hormai si scopre la Velona paese de’ Turchi. Mezzo miglio lontano
dalla Città è il fonte d'acqua, detta l'acqua bona, che beve tutta la Città,
& Terre convicine, perche se bene dentro la Città vi sono molti pozzi, e
cisterne, non beveno di questa acqua, ma di quella, e in questo loco dove è
questa acqua vi sono vigne, e giardini bellissimi frà l'altri il giardino di
Fabio Pipino gentil'huomo di detta Città, ch'è il refrigerio di tutti
l'infermi, dove si tiene sia stata la casa, e il tumulo del vecchio Crotone,
per li grandissimi edificij sotterranei, che vi si trovano, con bellissimi
lavori, & altri.
Quasi un miglio lontano dalla Città si vede
correre piacevolmente Esaro anticamente fiume celebratissimo, il quale per il
detto di Livio lib. 14. come sta detto, passava per mezzo la Città, ma dopò la
ruina fattali da Pirro Rè degli Epiroti, il fiume passava per di fuori le
muraglie, di questo fiume se n'è fatta mentione nell'edificare Crotone, nel
farla Città & in altri luoghi, adesso diremo qualche cosa. Dionisio Afro
nel suo lib. del sito della terra in questi versi tradotti dal greco in latino
da Eustachio così dice:
Moenia
cernuntur Metaponti, deinde Crotonque,
Quam
pulcher gratam praeterfluit Esarus Urbem
Ulterius
pergens hinc templa Lacinia serves.
Poi soggiunge:
Amabile
oppida bene coronati Crotonis
Habitati
sub Esaris gratiosi fluentis.
Per le parole, bene coronati Crotonis,
parla per li Crotoniati, che furo coronati di tante vittorie nelli giochi
Olimpici, e altrove.
sopra le quali parole dice detto Eustathio
suo Interprete, questo fiume Esaro essere talmente detto da un Cacciatore
nominato Esaro, il quale andando in questi luoghi cacciando appresso una Cerva,
cascò dentro questo Fiume annegandosi, perilche il Fiume dal Cacciatore prese
tal nome, del quale fà mentione Licofrone nella Cassandra, parlando di
Filottete, così dicendo: Illum verò et Aesari ſluente.
Et Teocrito nel quarto idilio
mentionato di sopra dice:
Minimè interdum quidem
illam in Aesaro pascens
Et mollis graminis
pulchrum fascendo.
Frà Leandro Alberti nella sua descrittione
d'Italia, dice questo essere quel fiume da Tucidide nel settimo della guerra
Peleponnesiaca detto Hilia, perche d'Esaro non fà mentione Tolomeo; mà io dico,
che se detto Frà Leandro havesse meglio studiato, haveria ritrovato in Ovidio
nel detto decimo quinto, quando Numa venne da Roma per intendere da Pittagora
le leggi, questi versi, oltre di tanti Autori addotti di sopra.
Claviger alloquitur, lapidosas Aesaris
undas & c.
Et appresso: Invenit Aesarei fatalia
Fluminis ora.
Diodoro Sicolo nel quinto, e Dionisio
Alicarnasio nel primo delle sue historie, e lsacio in Licofrone concludeno, che
Ercole venne da Spagna con l'armento in questo fiume Esaro.
Quel Greco interprete di Teocrito nel quarto
Idilio dice, che Crotone venne dalla Samotracia in questo Fiume Esaro; così
dice Celio antichissimo historico Greco, e Varrone, con altri nominati nello
trattato dell'edificatione di questa Città; & nel presente ancora il
Boccaccio nello lib. delli fiumi, e Strabone nel 6. dove dicono questo fiume
haver havuto un porto, e che fosse navigabile.
Ma
hoggi non pare segnale di questo, e potria essere fosse quel ch'el volgo per
traditione sole dire, che si congiungeva con questo fiume Esaro un'altro fiume
detto Tacina ch'ora sbocca nel golfo de Squillaci, conciosiache nè Tolomeo, nè
Strabone, nè Pomponio Mela, nè altri antichi Cosmografi fanno chiara
testimonianza, che questo fiume, il quale hoggi chiamano Tacina, havesse fatto
il corso suo in detto golfo di Squillaci, suorche Plinio il quale lo chiama
Targine, forse che nel suo tempo havesse preso questa strada, quando prima
faceva quell'altra.
Da quella parte di questo fiume Esaro verso
terra è una Valle, detta communemente Lamposa, che lano Pelusio Crotoniata
eccellente Poeta la chiamò valle Emposa con questi versi:
Vallis Empusae decorata
tellus,
Arborum foetu, varijs
& vuis
Grata, qua praehent populo
Crotonis,
Vina quotannis.
Per tuos Baccus Iovis alma
Proles
Semper it campos viridi
revinctus
Pampino, dives sequitur
honorum
Copia cornu.
Flore contexunt varto
corollas
Candida Nimphae, radiosque
vitant
Solis ardentis salicum sub
umbra,
Ad caput unda.
Hic Dea fretae auxilio
Dianae
Turgidas lyncas serientis
arcu,
Nil timent, Faunos solitos
puellis
Insidiari.
O mihi Divae fugere ad
recessum
Si annuant vestrum superi
benigni,
Et frui tectis liceat paternis,
Quo mihi vita
Esset, & felix nimis,
& beata,
Vos mei dulces miserescite
oro,
Atque me tandem miserum
Crotoni.
Redite Muse.
Questa Valle è piena di bellissime vigne,
vaghi giardini, forte Torri, acque fresche, e è molto dilettevole, che non si
può vedere più amena Valle di questa.
Da una parte di detta Valle vi è un Monte,
sopra lo quale è una grande pianura, che si chiama il feudo di Briglianello,
dove è una fontana abondantissima di acqua perfettissima; vi è una picciola
Chiesa intitolata San Giouanni, dove vi si fa la festa ogni anno: questo feudo
era del Signor D. Francesco Campitello Prencipe dignissimo della Città di
strongoli, il quale l'ha venduto a Gio. Dionisio Suriano gentil'huomo di detta
Città di Crotone, il quale in virtù delli privilegij, l'have fatto habitabile,
e è uno Casale bellissimo, dove si sono uniti ad habitare molte casate della
Provincia, appresso viene un'altra fontana detta Brausa, e poi segue l'altra
detta acqua della Valle della Donna, e queste vengono tutte à parte destra
della detta Valle de Lamposa; à sinistra vi è uin'altra fontana detta l'acua di
Christo, tutte acque bellissime. Scendendo alla parte della marina vi è una
bellissima pianura detta lo palazzo, dove anco sono bellissime vigne, e
giardini con ogni sorte d'alberi di citrangole, lemoncelle, cedri, dattoli, e
quanto si può desiderare con torre, & acque sorgenti bellissime, che per la
vista del mare sono luochi esquisitissimi. questo luoco fù così detto dal
Palazzo, che quivi era, dove se teneva il Senato, quando questa Città era
Republica, conforme li suoi grandi vestigi sono stati sia nell'anno 1541.
quando per servirsi della pietra per la nova fabrica fatta in essa Città, dalli
Ministri Imperiali di Carlo V. furono quelli dell'in tutto deroccati, conforme
da’ vecchi habbiamo per traditione. sopra un bellissimo poggetto due miglia
lontano dal mare è un luogo, ch'era habitato, anticamente detto Allegra
cuore,dopò si dice Crepacore, perche vi morì la Marchesa di Crotone, dopò che
il Rè di Aragona carcerò il Marchese suo marito D. Antonio Centeglia, & li
confiscò tutte le sue terre come si
dirà. Più sopra di questi luochi dentro terra era una Città detta Leonia, poi
destrutta, come disse Camillo Lucifero nel suo scritto à mano mentionato di
sopra, che poi li moderni dissero S. Leone, & fù Vescovato, quale poi fù
aggionto all'Arcivescovato di S. Severina.
Et seguendo il camino verso la marina via
passato Esaro; vi è uno Vallone detto Armerì, dove era anticamente la strada
dell'armeri, quando era dentro la Città, dopò viene un'altro detto Vallone Salso,
prese il nome della proprietà dell'acqua, che ſempre è salſa: vi sono molte
acque torrenti, & fontane per tutto il Territorio, ma si tralasciano per
non tediar il curioso Lettore: rimettendomi alla pianta della Città come è
hoggi, e come era in quei tempi antichi, che sarà bellissima, e curiosissima
cosa à vedere.
Viene da questa parte il fiume Neeto così
detto, come riferisce lsacio, & Strabone nel 6. per le navi de' Greci
abbruggiate in questo fiume dalle sorelle di Priamo Troiano, ch'erano portate
carcerate da’ Greci, dalla parola Nais, che vuol dire nave, & da Aetho, che
vuol dire ardo, & perciò è stato chiamato Neeto; cioè fiume, nel quale furo
arse, & bruggiate le navi Greche dalle donne Troiane: & Ovidio nel
decimo quinto lo chiamò Neretho Salentino, mà falsamente, come dice Rafael
Vuolaterrano è questo fiume discosto dalla Città di Crotone sei miglia, dice
Plutarco, nelli suoi Problemi, che quando li Greci, ch'erano andati à spasso
vagando, ritornati trouaro le sudette navi abbruggiate, si presero gran sdegno
contro le donne Troiane; mà quelle con tante belle parole, con tante lusinghe,
e tanti gesti, abbracciandoli baciavano li Greci, che perciò restò in
consuetudine in queste parti per molto tempo, che le donne, quando li veniva in
casa uno parente, fraternalmente lo baciavano, conforme è rimasto dopò questo
vſo frà le donne istesse. Le sorelle di detto Priamo si chiamauano Neuprestite,
perche havevano abbruggiato le navi; ma li proprij nomi loro secondo
Apollodoro, e altri Autori furono Ethilla, Astiochine, e Medesicastone figlie
di Laomedonte, e sorelle di Priamo Rè di Troia; di questo fiume fà mentione
Teocrito nel quarto Idilio, inducendo Coridone parlare à Batto così dicendo:
Et ad Neaethum, ubi bona omnia nascuntur,
Aegypyrus, & onixa, & bene olens
Meliteia.
In questo fiume sono bellissime trotte verso
sopra la montagna & nella parte dove sbocca alla marina, cefali, e altri
pesci, tra quali vi sono storioni, & tanto grandi, che nell'anno 1593.
essendo il Duca di Nocera Avo di quello, che vive hoggi il quale fù l'ultimo di
sua casa della famiglia Carrafa, in Cutro sua Terra vicino di Crotone otto
miglia D. Diego Pignero Castellano del Castello di Crotone havuto un storione
di più di dodeci rotola, lo mandò a presentare con un huomo à cavallo al detto
Duca, il quale lo ringratiò, & l'hebbe molto à caro; dopò perche detto Duca
amava grandemente Gio. Andrea de Nola Molise gentil'huomo d'essa Città di
Crotone mio Zio per un'altro huomo à cavallo, mandò il storione istesso a Gio.
Andrea in Crotone: dimostrando quanto affetto le portava, questa è cosa
publica, e ben lo sanno li vecchi di detta Città.
Et per descrivere à torno detta Città quanto
vi era di buono è necessario tornare in dietro, e perciò sequendo dopò il
Monte, detto hoggi la Brica, per l'istessa pianezza si ritrova verso lo capo
delle colonne la Fontana detta Prasinace, dalla banda nelle terre, detto Tuvolo
della famiglia de casa Soriano gentil'huomini di detta Città è un’altra fontana
bellissima, sopra la quale il dottissimo Poeta Iano Pelusio Crotoniata scrisse
questi versi:
Egon te Tubule
elegantiorum
Doctis versibus, et
laboriosis
Digne, qui volites virum
per ora,
Ingratissimus omnium
relinquam
Indictum, et tacitum?
Scelus nefandum
Tantum non faciam, novem
sorores,
Quae potant latices
refrigeranteis,
Et fontes liquidos, meae
Camenae,
Si quidquam poterunt, tua
tenebunt
Lymphas, fontibus omnibus
relictis,
Quos Parnassus habet, iugumque Pindi.
Tu quondam gelidos tuos
liquores
Per cavos tubulos fuens,
Crotoni,
Atque eius populo dabas bibendos
Erant, et quoniam salubriores
Succi Paeonijs,
liquoribusque
Qui nunc ex puteo bono
trahuntur
Gens fortissima Martis in
cruento
Ludo, acclara nimis domi,
sorisque
Nostri semper erant
crotoniatae
Sano corpore, mente
saniore;
Nunc te (cum venia,
bonaque pace
Hoc dico patriae meae)
Capelle,
Oves, et vituli bibunt,
tuisque
Rigas Praedia rivulis
propinqua
Ciues unanimes mei & potentes
Vos Pelusius orat, obsecratque
Per canalia longa, perque
ductus
Fontis tàm placidi,
utilisque lymphas
Ducendos statuatis ad
salutem,
Et ad commoda multa
Civitatis.
Appresso verso mare è quel fruttifero, e
tanto utile territorio, detto Alfiere, che fù della mia famiglia detta de Nola
Molise, la quale non solo è quasi migliore di tutti l'altri territorij nel pascolo
d'ogni sorte di animali, e per la coltura, e seminare; mà vi è la perera della
pietra forte, che chiamano cantoni, quale serve per porte, per fenestre, e
spontoni di muraglie in luoco del piperno, che si usa in Napoli.
Sequendo il camino verso il capo delle
colonne si ritrova verso mare à mezzo di la fontana detta Scifo, così detta
hoggi, perche i Crotonesi per commodo delli animali, che in quella bevono, vi
hanno fatto di fabrica una pila lunga, che communemente chiamano Scifo. lano
Pelusio già detto Poeta Crotoniata, l'honora con questi versi:
Fons dulcissime fontium
relictis
undis Bellerophontides
puella.
Quem docte Aonia Leonis
ora
Cùm fervent magis, & magis perurunt
Cunctis anteferunt aquis, ferarum
Alcides domitor tibi
trinodi
Clava cùm domuit malum
latronem,
Qui Lacinius à Crotoniatis
Dicebatur, et oppidis
propinquis,
Nomen imposuit Sciphi;
quod ipse
Poterat latices Thyonianos
Scipho; iussit, & antequam rediret
Ad Eurysthea peſſimum
tyrannum,
Ad formam fieres sciphi
puellam
Cùm raptam sibi quaereret
per orbem
Ceres, ac fureret caloris
aestus
Rore se gelido tuo
calentem
Plus una vice simplice levavit;
Atque illinc abiens tibi
praecata est,
Cursum perpetuum &
nimis salubrem,
O fons dulcicule, et
voluptose
Et quando egelidos tuos
liquores
Cum meo unanimi, et bono
sodali,
Gazella lepidissimo Poeta
Vino non sine cretico, et
falerno
Ebiham à Ille dies utque
nostrum
Non rubro, aut viridi
nota, sed albis
Thracum more notabitur
lapillis.
Seguendo il camino verso la punta di detto
Capo delle colonne passato Scifo viene un'altro piccolo capo, detto Capo
pellegrino, overo peregrino.
Dall'altra parte verso tramontana vi è
un'altra fontana in uno luoco particolare, che si chiama il Mariello, &
questo nome l'è proprio, perche vi è un piccolo porto dove possono stare alcuni
vascelli: quest'acqua è bellissima ancora, che perciò pochi anni sono, e in
questa fontana & in quella sopra detta Scifo sono fatte due nove torre
fortissime per guardia di tutto questo capo, e terri convicine à spese della
Regia Corte, come sono per tutta la riviera del Regno.
Et perche già siamo gionti alla Ponta del
capo delle colonne, è necessario di quella a pieno trattare; & perciò dico,
che questo capo è uno spatio di terra, che si stende dentro mare verso Leuante
quanto fosse un miglio & mezzo, come un braccio, che al più largo
incominciando da dove si stacca, sarà largo quasi un miglio; poi si và
stringendo verso la Ponta con tanto artificio naturale, ch'è una bellissima
cosa à vedere, in ultimo sarà un quarto di miglio largo poi nell'estremi di
detta ponta il terreno sopra è piano, ma dalla parte di mare à torno à torno è
alto con grandissimi scogli naturali, è fertilissimo territorio atto per ogni
pastura, e coltura, aere perfettissimo, verso la ponta di detto capo è un boschetto
di arboretti, come sono lentischi, mortelle, e altri, & sarà poco meno d'un
mezzo miglio di circuito; nel mezzo si và pianamente calando, come in una
fossa, dove ci è una fontana d'acqua bonissima; & è tanto capace questo
luoco, che possono starvi dentro cinquanta caualli, & ducento huomini
imboscati senza essere visti si chiama volgarmente la fossa dello Lupo, dove li
Crotonesi sogliono fare imboscate a’ Turchi, quando vengono a mettere in terra
in questo capo per acqua, ò per fare carne, perche sempre vi trovano animali a
pascolare, & ne riportano sempre la vittoria i nostri, ò di Turchi schiavi,
ò di robbe, e qualche volta dell'istesse galeotte, conforme alla occasione, che
vi sopragiunge.
Al frontespicio di detto capo da diece
miglia in circa distante apparivano due Isolette l'una chiamata Diescorono, e
l'altra Calipso, da Homero Ogigia nominata, le quali hoggi non pareno. questo
capo detto hoggi delle colonne, fu detto Promotorio stortingo, e dopò Lacinio,
come si dirà appresso: dopò fù detto Nao, parola greca, che in latino sona Templum,
perche in quello fù il Tempio della Dea Giunone Lacinia, così sperbo, e
sontuoso celebrato per tutto il Mondo: fù detto anco, conforme hoggi si dice
Capo delle colonne, per le quantità delle colonne che vi sono state, e hoggidì
se ne conseruano due; & pochi anni sono che ne cadè una, restandone solo
una in piedi, sopra le quali quantità di colonne era la scola di Pitagora,
della quale si farà particolare mentione.
Il Pontano nel suo trattato de Astris
scrisse, che questo promontorio sia sottoil quinto segno celeste detto Leone, e
va raccontando che in questo Capo nascevano naturalmente li cedri, e hoggidì vi
nascono ogni sorte di erba tanto per servitio dell'huomo, quanto per ogni sorte
di animali, nel mare vi si pigliano coralli rossi, & bianchi, ci sono
ancora pesci d'ogni sorte che se ne pescano di ogni tempo, perche havendo
scogli grandi, che lo cingono à torno, il pescatore può pescare coverto dal
vento in quella parte, dove più l'aggrada; oltre li pesci, vi sono patelle, e
ogni sorte di frutti di mare, che in Napoli, e altrove può trovarsi.
Tra questo capo delle colonne, e la Città di
Crotone era un'altra Città, detta Laureta, così chiamata da Laura figlia di
Lacinio, e moglie di Crotone, conforme dice Isacio Interprete di Licofrone
nella Cassandra, e altri Autori, come in altri luochi hò descritto: anzi
l'istesso Licofrone volendo nominare i Crotoniati disse in sua lingua greca,
che poi detto Isacio tradusse in latino così: Turres destruent Lauretae
filij.
Intendendo per li Crotoniati, che fossero
uin'istessa cosa, overo perche alcuni Laureti fossero andati ad habitare in
Crotone, e come dependenti da Laureta l'Autore li chiama figli, hoggi non pare
nessuno vestigio di questa Città Laureta; solo dove può considerarsi essere
stata detta Città, si ascende per un camino chiamato Calo Laura, che il greco
dice detta parola Calo, quale in latino tradotta vuol dire res bona, et
honesta, come volesse dire la bona, & honesta Laura, dicendo Calo
Laura. Questa Citta fù destrutta da’ Saraceni, come si dirà à suo luogo.
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