Secondo appuntamento con la riedizione dell'opera del Nola Molisi. La trascrizione è fedele al testo originale, comprensiva di quelli che oggi suonano come errori, ma che forse nel XVII secolo tali non erano.
CAPITOLO II: 10
Fù chiamata Magna Grecia, così detta dagli
Aborigini, come scrive Sempronio nel suo libro della divisione d'Italia, &
Strabone lib. sesto dice, che gli Iapigij habitarono questa Provincia, &
poi fù detta Magna Grecia dai Brutij à differenza loro, perche i Greci
habitorno più in questa parte d'Italia, che in altre parti di quella, &
anco per il gran numero de' nobili, & popolate Città', che vi fecero. Gio.
Antonio Flamineo d'Imola huomo dottissimo diceva, che havesse acquistato tal
nome di Magna Grecia per la nobiltà, & eccellenza della Provincia, dov'ella
è posta, & per la moltitudine di tante illustri Città, & huomini
eccellenti, che in quella sorsero; & per dimostrare i Greci questa
eccellenza, con la quale avanzava tutte l'altre Provincie del Mondo, conforme
anco disse Strabone, Eustatio in Dionisio Afro, Ateneo lib. duodecimo, &
Dionisio Halicarnasio con molti altri scrittori, così dimandarono questo paese,
ove principalmente habitarono, Magna Grecia. Ovidio nelli Fasti libro quarto:
Itala
nam tellus Grecia maior erat.
Polib. nel secondo lib. Nam quo tempore
in ea regione Italia, qua tunc Magna Grecia appellabatur coetus Pythagoreorum
& c. Et l'istesso Polibio nel fine del terzo lib. dopò che i
cartaginesi havevano in quella guerra vinto i Romani disse così Si quidem
Carthaginenses statim omni Provincia sunt potiti, quam Priscam, & Magnam
Graeciam vocant & c. Cicerone nelle Tusculane libro quarto Quis est
enim, qui putet cùm floreret in Italia Graecia potentissimis, & maximis
urbibus ea, qua Magna Graecia dicta est, & nel lib. primo delle dette
Tusculane l'istesso Cicerone, & in Lelio, & nel terzo lib.
dell'Orationi, & in molti altri luoghi dice molte belle cose di questa
regione, che in questo luoco per brevità si tralasciano, ma leggendo questa
historia à suoi luochi si troveranno. Virgilio nel terzo dell'Eneide, Eleno ammaestrando
Enea, che dovesse evitare questi luoghi della Magna Grecia disse così,
seguitando li sopra detti versi, che per altra occasione stanno referiti:
Has autem terras, Italique
hanc littoris oram
Proxima,
qua nostri perfunditur aequoris aestu
Effuge,
cuncta malis habitantur moenia Grais.
Santo Geronimo fà mentione di questa Magna
Grecia nell'Epistola scrivendo à Paolino, narrando che Platone passò in Italia
per vedere Archita Tarentino, che habitava in questa parte d'Italia detta Magna
Grecia. Celio Rodigino lib. 18 delle lettioni antiche capitolo 37. dice così: Crotonis
Ciuitatem dici Lauram compertum, mihi est ab laura Lacinij filia Crotonis
uxore, à quo Civitati factum est nomen: Audi Plinium ex tertio naturalis
historiae Graeci, inquit, de Italia iudicavere genus in gloriam sui
effusissimum, quotam partem ex ea Graeciam Magnam appellando; audi Trogum
exeplicatius scribentem, ab Graecis non partem, sed universam ferme Italiam
fuisse occupatam urbibus multis, post tantam vastitatem Graeci moris vestigia
ostentantibus: quod ipsum comprobat Athenaeus quoque lib. Dipnosophistarum
duodecimo, ni ementitus est librorum ordo, & numerus & c. Inde igitur
nomenclatura ducit Italica Philosophia, ut qua à Graecis in Italia Parte
celebrari coepisset.
Perche detta Calabria.
CAPITOLO III: 12
Hora chiamasi questa regione falsamente
Calabria insieme con i Brutij conforme disse Fra Leandro Alberti nella sua
descrittione d'Italia quando à tempo, che detto paese si chiamava Magna Grecia,
chiamavasi Calabria tutto il paese detto hoggi Capo d'Otranto, come dice
Plinio, Tolomeo, & Pomponio Mela, & Dionisio Afro de situ Orbis,
descrivendo questa parte d'Italia esposta à Levante nel mare Ionio
incominciando da Locri, cioè dalle parti di Regio inſin’à Taranto, & che
dopò Taranto viene la Calabria, che hoggi si chiama Capo d'Otranto così dice:
Hinc est ad Boream,
Zephyri, qua summa vocatur
Sub qua sunt Locri
celeres, qui tempore prisco
Illus Reginam propriam
venere secuti.
Ausoniamque tenet, qua
currit flumen Halecis
Moenia cernuntur
Metaponti, deinde Crotonque,
Quam pulcher gratam
praeterfuit Aesarus urbem.
Ulterius pergens hinc
templa Lacinia cernes;
Post has est Sybaris,
perijt quae Numinis ira,
Praeponens hominum tumulos
coelestibus avis.
Ponere, qui priscis aud
certamina soli,
Samnitis medio
complectitur Itala Tellus
In gremio, Marsosque;
simul; tunc deinde Tarentum,
Tangitur aequoribus quod
minuere Lacones.
Continuò Calabrae telluris
rura sequuntur.
Usque Hyrij summam se
tendit Iapigi ora.
Qua salis Adriaci trahitur
vastissimus aestus,
Atque sinum penetrans
Aquileium colligit undas.
Dunque conforme l'autorità di detti autori
chiamavasi Calabria tutto detto Capo d'Otranto, incominciando da Brindisi
insino ad Otranto, conforme anco dice Mela, & Aetio, di più dice
comprendersi Lecce, tutti questi popoli erano chiamati Calabresi, & non
quelli che hora così sono nominati, perche erano detti parte Brutij, &
parte Magna Graecia, conforme ancora descrive Cornelio Tacito nel terzo lib.
delle sue historie nel principio così. senza punto restar di navigare Agrippina
si condusse all'Isola di Corfù, la quale è all'incontro la Calabria (quale è il
Capo d'Otranto) & gionta à Brindisi, Cesare mandò due squadre pretorie,
ordinando, che i Magistrati della Calabria, i Pugliesi, e i Campani usassero le
debite ceremonie alla memoria del suo figliuolo, & Guido Pancirolo Dottor
d'ambe le Leggi nella sua opera della notitia dell'una, & l'altra dignità dell'Oriente,
& dell'Occidente nel Capitolo 54 fol.151. De correctoribus Apulia, &
Calabria & c. così descrive: A Silari Flumine ultram Campaniam,
usque ad Laum Flumen tenuere Lucani, ut Plinius refert, nunc Basilicatam
vocant; inde usque ad Leucopetram promontorium sequuntur Brutij, à Brutia
regione, inquit, Iornandes, olim nominati, nunc Calabri dicuntur; antiquitus
hac Regio Oenotria nuncupata, ubi etiam Graeci residerunt, quae Peninsulam
efficiens Tarentum usque eius Metropolim circumvoluitur, inde ad Tarentum erat
Calabria; mox usque ad Garganum Montem Apulia; sed nunc tota à Lao Flumine,
Tarentum usque est Calabria; & nel fol. 182. à ter. dell'istesso Autore
per l'insegne di Apulia, & Calabria è depinta una Chiesa, overo un Tempio,
& sopra à parte un candeliere con due teste di donna in un sol corpo, che
l'una guardava à destra, & l'altra à sinistra, questo libro mi prestò la
buona memoria del Sig. Regente Tappia Marchese di Belmonte.
Et per ultimo il Botero nelle sue Relationi
universali, parlando di Calabria, dice, che quella, che habita il mar Tirreno,
ove habitorno anticamente i Brutij, si dice propriamente Calabria; l'altra, che
risguarda il Mare Ionio verso Levante, si chiama Magna Grecia, dove tra il Capo
delle Colonne anticamente detto Lacinio, & il Capo d'Alice si vede Crotone
Città bellissima, & d'aria benignissima: & è degna cosa di
consideratione, quanto più popolo habitasse anticamente in questa Magna Grecia,
che non habita hoggi, mentre che due Città sole posero in campagna quattrocento
trenta milia soldati, cioè Crotone cento trenta milia, & trecento milia
Sibari (quale restò destrutta), che non metterebbe hoggi tutta Italia insieme.
Et D. Antonio de Ponte cosentino persona dottissima nel tempo, che Adriano
Sesto visse disse così, lodando detto Pontefice: Ad id videndum
undique concurrent Domino, & Authoribus gloriam canentes; Vos autem Italiae partes cum
bellicosis, Teucris, piratica incursione omne lonium infestatibus fortiter
usque manum conferentes Rhegium semper Aragonijs fidum, Leucopetra, Locri
Epizephiriy, undosum Scyllacium, & eius sinus, Castra Anibalis, Lacinium,
ubi specula Pythagorica, Crotoque pulcra Civitas, Parva Petra Neethi rotunda
Petelia, Amoenus Cariatum, ac sibi male fidum Roscianum, propinquè Corolianum,
Metapontum quoque Virgilio invidum, Piscoſum Tarentum, Callipolis indè, &
omnis oleo nobilis Calabra Tellus, ut coetereas fileam & c. dice Calabra Tellus per il Capo di Otranto,
che non abonda di altro, che di oglio, & quella regione primieramente fù
detta Calabria.
Et per concludere, & confirmare quanto habbiamo detto, che
l'antica Calabria era quella parte d'Italia, ch'oggi li suoi habitatori vengono
chiamati Pugliesi, Salentini, & la
noua Calabria è quella, che habitano hoggi coloro, ch'erano chiamati Bretij,
& Magna Grecia, si apportano le proprie parole di David Romeo che
ultimamente scrisse le vite de’ sette Vescovi, e Patroni della Città di Napoli
nell'anno 1571. & sono queste parlando de' Capuccini: Quoniam societatis
Capucinorum facta est mentio, si parumper ab eo, quod initio proposuimus, tum
delectandi gratia, tum horum virorum sanctitate digrediemur, & aliquid de
hac nova Calabria Religionis societate dicemus per gratum omnibus fore
credimus. Itaque annis ferè post natum Christum 1500 erat vir natione Calaber,
Patria Rheginus, Rhegium Urbs peruetus est in ultimo agro Brettio, seu potius
in Calabria, sunt enim Calabri, quos Brettios, & Magnam Graeciam quondam
appellant, rursus qui Calabri tunc erant, eos nunc Apulos, & Salentinos
appellamus, Ludovicus nomine ex societate Sancti Francisci Assisinatis & c.
Et modernamente il Padre Giulio Cesare
Recupito Giesuita dice così nel suo Trattato delli Terremoti successi in
Calabria nell'anno 1638. Teste Plinio à Priscis Calabriae nomen aceepit
Peninsula illa, quae Tarento Brundusium ducitur.
Et mentre si è detta l'autorità di Polibio
lib. 10.che in questa Magna Grecia viene compresa la Città di Regio, quale fù
detta Rhegium Iulij, perche essendo stata destrutta, fù ristorata da Giulio
Cesare, & à differenza di Regio di Lombardia, che fù detto Rhegium Lepidi,
perche fù ristorata da Lepido. Mi pare in questo luogo raccontare, e descrivere
il canale, overo corrente di mare, ch'è tra questa Provincia, & l'Isola di
Sicilia, il quale è trà la Città di Regio di quà, & la Città di Messina di
là, il cui più stretto varco è detto il Peloro, da dove insino alla riviera di
questa Prouincia detta hoggi la Catona sonovi non più, che dodeci stadij, cioè
un miglio, e mezzo, così afferma Polibio, e Lucano: e più modernamente il
Parrasio cosentino, il quale nel
commento sopra Claudiano de raptu Proserpinae confessa d'haverlo misurato, nè
essere più, nè meno; poiche dall'una all'altra parte veggonsi caminare i carri,
& à notte cheta odonsi cantar i Galli, & latrar i Cani. questo Faro è
altretanto mirabile, & spaventevole per la difficoltà, che si patisce à
passarlo, quanto dubbioso, & incognito per non sapersi certamente da onde
perviene. Per la difficoltà, & pericolo, lo conobbe molto bene il Doria
Generale dell'armata del Rè nostro, quando con sessanta galere, nel mezzo di
quel furibondo seno si vidde in punto di perdere l'acquistato honore della sua
antica scienza marinaresca, et insieme con l'armata la propria vita, nè potè
disbrigarsene senza gran fracasso di antene, remi, & di prore, scampato al
meglio, che potè per forza più divina, & miracolosa, che humana, oltre
tanti, e tanti altri vascelli, anticamente, & modernamente sommersi, &
annegati, che perciò era tenuto per huomo dotato di qualche virtù particolare
quello, che diceva havere passato il Faro di Messina. La cagione del movimento
di quell'acque ancora non era chiaro, né manifesto: dicono alcuni, che havesse
cagionato dalla Luna, che di sei, in sei hore vede agitarsi, correndo sei hore
verso Austro, ch'è Messina, & sei hore verso Aquilone, ch'è Reggio,nè
possibile sia contro la corrente caminar à vela, nè à remi, essendo più che
difficultoso, che vascello alcuno per grande, che sia, ben armato, librato da
ferri, mantenuto da remi, governato da Tifi, & Arghi, fermarsi possi;
perche è senza ritegno, ò riparo precipitosamente dall'impeto dell'onde rapito,
e portato via al fondo, oltre, che si veggono alcuni rivolgimenti, & gironi
d'acque detti dal volgo Garofani, i quali à guisa di turbine rivolgendo il
vascello in triplicato giro l'ingiottiscono, affogando nel profondo sano, &
intiero, in maniera tale, che non appare di quello poi un minimo vestigio.
Altri vogliono, che fra i due più vicini termini concorrendo li due capi
d'acque l'uno contro l'altro de due contrari mari del Ionio, & del Tirreno
in quello urto, & rincontro si generano i garofani, trà quali ritrovandosi
per disgratia qual si voglia vascello governato, armato, librato, &
mantenuto, come di sopra si è detto, non può sostenere l'uno, e l'altro empito,
ruota primieramente a giro, dopò dal precipitio d'ambi li cozzanti mari
impetuosamente scende nel profondo abisso.
Mà hoggidì riconoſciuto veramente il flusso,
e reflusso delle sei hore, che corre à Messina, e dell'altre, che corre à
Reggio, il buon Marinaro quando la corrente, overo il flusso corre verso
Meſſina per il spatio di quelle sei hore à Messina con una vela fà sicuro il
camino, & quando la corrente, ouero flusso corre verso Reggio per il spatio
dell'altre sei hore à Reggio à suo piacere senz'altra tema, segue il suo felice
viaggio, tanto l'esperienza con il tempo ci ha insegnato.
Nè fia maraviglia della mutatione delli
sopradetti nomi perche il tempo è stato causa di cose maggiori. Ovidio nel
decimo quinto delle sue Metamorfoſi:
Tempus edax rerum, tuque,
invidiosa vetustas
Omnia destruitis,
vitiataque dentibus aevi
Paulatim lenta consumitis
omnia morte.
Li Romani furono detti Popoli Latini, ma da
Romolo presero il nome di Romani: l'Etruria hoggi si dice Toscana; l'Umbria
hoggi Ducato di Spoleto; & più à basso dalla Sabina, e poi dal Latio hoggi
Campagna di Roma: li Vestini & Piceni, hoggi Marca d'Ancona, li Samniti
hoggi Abruzzo; di quà dal fiume Tronto verso il Mare Adriatico, distinti in più
nomi, come sono Ferentani, dopò Contado di Molisi, li Marzij, Preguntini,
Marrucini, & Peligni, verso Levante per la riva dell'Adriatico, segueno i
Sipontini, hoggi detti di Manfredonia, e quelli della Puglia piana detta
Daunia, & della Paucesia hoggi detta Terra di Bari, & così seguendo il
Capo d'Otranto anticamente detto Calabria, come di sopra, passando verso
Ponente dal Tevere inſino al Garigliano anticamente detto Liri, che conteneva
non solo quei popoli detti anco Latini; mà etiandio li Hirnini, i Camerini, i
Prenestini, overo Pilastrini, gli Albani distanti di Roma quindici miglia, i
Volsci, e gli Equiquoli, ove hoggi si dice il Contado di Celano. Dal Garigliano
poi incominciava Campagna felice hoggi Terra di Lavoro; seguitavano gli Irpini,
hoggi Principato ultra, & cominciando verso Levante si ritrovano i
Picentini, hoggi Principato citra; & appresso i Lucani, hoggi Baſilicata,
&indi seguivano i Bruti, appresso seguiva la Magna Grecia, hoggi parte di
Calabria, nè s'intendano di altro nome in questi tempi nostri.
Vogliono che i Calabresi del Capo d'Otranto
siano scorsi ad habitare nè i Lucani, & dopò nè i Brutij, dove trovando
buone habitationi, & di vivere assai meglio del loro paese, concorsero ad
habitarvi con le loro famiglie la maggior parte di essi, & perciò
chiamandosi Calabresi, venne con il tempo ad estinguere il nome proprio del
paese detto Brutij, & restò il nome di Calabria. Li versi fatti sopra il Tumolo
di Virgilio si leggono così:
Mantua me genuit, Calabri
rapuere, tenet nunc
Parthenope……….
Non che fosse stato mai in Calabria hodierna,
mà in Brindisi dove si diceva veramente Calabria, & ivi morì nell'anni del
Mondo 3950. conforme referisce Girolamo Bardi nella sua quinta età fol. 335.
Nè per dirla questo nome di Calabria è mal
nome, overo have mal significato, perche viene derivato dal Greco, mentre Calon
vuol dire in latino res bona, & honesta, & brio vuol dire
scaturio, vel emano; dunque unite queste parole Calon,
& brio, che si dice Calabria, vuol dire, ch’è paese, che produce,
& scatorisce ogni cosa buona, & honesta. Il Marafioti, & il Barreo
così dicono.
Lode della Provincia detta Magna Grecia.
CAPITOLO IV: 19
Questa Regione fù degna d'essere protetta nel
Senato Romano dal Prencipe dell'eloquenza Cicerone, quando nel suo secondo lib.
De legibus, servendosi del Tropo detto Synecdoche, disse che li Locri Città
compresa nella Magna Grecia erano suoi clienti: & altrove detto Cicerone disse,
tum iter tutum multis mimitantibus magno cum suo metu mihi praestiterunt;
perche li popoli di questa Provincia l'havevano agiutato di
denari
& accompagnato con gente, mentre fuggendo passò per queste parti
perseguitato da nemici, & nell'oratione pro Planco così disse. Iter
à Vibone Brundusium in ſide mea Iudices essent & c.
Che Locri sia Città compresa in questa
Magna, lo dicono tutti l'Autori che ne parlano, particolarmente Polibio lib.
decimo descrive in questa Magna Grecia quattro Città più principali, Crotone,
Reggio, Locri, & Aulonia, come altrove si è detto.
Li Romani acquistorno per suoi confederati,
& stretti in amicitia trenta Città principali in tutta Italia, delle quali
nove furono di questa Provincia, cioè Crotone, Regio, Temsa, Hipponio,
Scillaceo, Petelia, & altre. Cassiodoro nell'ottavo libro delle sue
Epistole nota una Epistola scritta da Athalarico Rè à Severo, dove si leggono
grandissime cose molto degne di questa Provincia. L'istesso Cicerone nel primo,
e quarto lib. delle Tusculane, & nel terzo libro dell'Orationi, & in
Lelio, & in mille altri luochi dice, che questa Regione, &
particolarmente la Magna Grecia abondò di dottissimi huomini Filosofi,
Legislatori, Medici, Poeti, Retori, Dialettici, & periti di ogni scienza;
asserisce ancora, che li discepoli di Pitagora della Città di Crotone furono li
primi che dissero l'anima essere immortale, tutto per la gran dottrina d'esso
Pitagora Filosofo eccellentissimo. Il medesimo Cicerone nell'oratione pro
Archia Poeta, parlando di questa Grecia disse così Nam si quis minorem
gloria fructum putat ex Graecis, versibus percipi quàm ex latinis, vehementer
erat propterea quod Graeca leguntur in omnibus ferè gentibus, Latina ſuis
finibus exiguis sanè continentur. Euripide disse che questa Regione ch'oggi
si chiama Calabria è fertilissima, & have abondanza d'huomini illustri,
Filosofi, Legislatori, Medici, Poeti, Geometri, Cosſmografi, e Scrittori di
ogni scienza, Artefici d'ogni cosa, ingegnosi, Pittori, Scultori, inventori di
cose nuove, così anco di fortissimi Lottatori, valorosi Capitani, &
illustri d'ogni virtù; le donne dottissime, sapientissime, modestissime, &
di religione santissime. Constantino Lascari di Bizzantio in quello libro che
scrisse ad Alfonso di Aragona Duca di Calabria così disse: Video per Calabros
Philosophos Italiam, Siciliam, & optimam partem Graeciae nostrae
illustratas fuisse. Monsignor Paolo Emilio Santoro Arcivescovo di cosenza, e
poi di Urbino parlando di questa Provincia disse: Agmina Sanctorum illic
floruerunt.
Herodoto lib. primo disse, che ogni regione
se abonda di una cosa, hà bisogno di un'altra, ma questa regione abonda di ogni
cosa, & non le manca niente, che Dio al mondo habbia creato. Quel nobile
Dottore Christofano suarez de Figueroa nel Passagero in sua lingua Spagnuola Alivio
primo, parlando del Regno di Napoli, dice la Tierra de labor es sobre manera
abondante, mas todo quanto produze Italia generalmente parece esta recogido en
Calabria. Dionisio Halicarnasio dice che quella regione è ottima, la quale
partorisce ogni cosa necessaria al vivere de’ mortali, come è questa Regione,
la quale per se hà soverchio, & non hà bisogno del vivere d'altre parti.
Tutta questa Regione è un paese felice, & ameno, non have stagni, nè luogo,
che produchi mal aere, mà tutto il paese è libero: tiene colli aprichi, monti
fruttiferi, piani herbosi, fiumi delitioſi, boschi ripieni di ogni sorte
d'alberi, che possono servire per l'uso humano, per mare, e per terra, con
caccie esquisite di uccelli, & di quadrupedi: vi sono giardini odoriferi,
fontane d'acque fresche, & limpidissime, in molti luochi sono herbe
aromatiche di singolari virtù, & per essere peninsola torniata dall'uno,
& l'altro mare, che la bagna, è abondante di ogni sorte di pesce di mare, e
di fiumi, che ne dà abondantemente alla Italia tutta, conforme hanno detto
tanti, e tanti autori, e per ultimo il Padre Giulio Cesare Recupito Giesuita
nel suo trattato delli Terremoti successi in Calabria nell'anno 1638. Per lo
che è necessario concludere che questa Magna Grecia, anzi tutta la Calabria,
sia la migliore Regione del modo, non solo di tutta Italia, & come un'altra
India d'ogni cosa ricchissimamente abondante.
Mà se il Lettore vuole intendere cose
maggiori lega il Capitolo, che tratta della temperie dell'aria, & l'altro
Capitolo, che tratta dell'eccellenza di questa Provincia, in questo istesso
libro, & le vite di tanti eccelsi huomini, e loro egregij gesti, & il
sommario di tanti Santi che da questa Provincia sono ascesi al Cielo, e
quell'altro Capitolo del Territorio della Città di Crotone, & quanto
contiene in esso, che resterà molto contento, e sodisfatto, & à quelli mi
rimetto non parendomi bene, replicar in questo luogo l'istesse cose.
Confini di questa Regione detta Magna Grecia.
CAPITOLO V: 32
Erano tanto potenti i Popoli di
questa Magna Grecia, che non solo habitavano da Taranto inſino a Locri, come
dice Catone, Sempronio, & Plinio nel nono Capitolo, & Polibio comprende
Reggio; mà tennero soggetti buona parte del Regno di Napoli, & di Sicilia,
chiamandosi tutto Magna Grecia, come anco disse Strabone nel sesto libro:
poscia co'l tempo tutti l'habitatori di queste Regioni per l'invasioni di tante
nationi diverse, & gente straniere, pigliorono costumi barbari, suorche
Crotone, Taranto, Reggio, e Napoli, che poi furono tutte possedute da’ Romani,
e fatte Colonie d'essi. Plinio scrisse questa Magna Grecia essere nella fronte
d'Italia, li termini di questa Regione erano questi. Dall'Oriente il Mare
lonio, da mezzogiorno il fiume Alesso co’i Brutij, ove comprendendovi Reggio,
conforme al detto di Polibio, il Faro; dall'occidente il fiume Grati, e parte
del Monte Apennino, hoggi detto Sila; & dal Settentrione, comprendendovi
Taranto con l'autorità sopradette i Pugliesi Peucetij. Il Colennuccio nel suo
Compendio del Regno descrivendo li confini, & le Provincie di quello, parte
1. fol. 4 dice così: Partito dal Capo dell'arme, anticamente detto Promontorio
Leucopetra, voltando verso Tramontana al Promontorio Erculeo, hoggi detto Capo
di Spartivento per la riviera inſino a Taranto, si ritrova la Magna Grecia,
ancor ella in questo tempo detta Calabria, della quale principali Città furono,
& ancor sono (mà non in quella antica grandezza, & splendore) Crotone,
Squillace, e Taranto. Mà unita con i Brutij confina con i Lucani, e
dall'Occidente have il mare Tirreno, & così tutta unita con Taranto, e
Reggio è settecento venti miglia di circuito conforme la misura, & tavola
del Dottor Prospero Parisio Romano.
Il fiume Alesso Strabone lo nomina Alexum,
& Plinio lo chiama Carcinum; però Ermolao Barbaro nelle castigationi
Pliniane dice essere corrotto il lib. di Plinio, perche vuol dire Caecinus,
conforme dice Pausania, Eliano, &Tucidide nel terzo lib. Ma Tolomeo si
concorda con Strabone, Alesso nominandolo, hoggi volgarmente chiamato Amendolia
dalli paesani. Strabone racconta, che le Cicali di quà di detto fiume stridano
più forte di quell'altre di là, & racconta molte ragioni, le quali ciò
cagionano, che per brevità si tralasciano: ma Facio degli Uberti nel primo
Canto del terzo libro Dittamondo dice, che furono quelle così fatte mute dagli
Dij, per non fastidire Ercole che dormiva in questo luogo, con queste parole:
Vedi
là dove ancor è manifesto,
Che
le Cicali diventano mute;
Perch'Ercole
dal son’ non fosse desto.
Mà i paesani dicono, che S.Paolo ordinò, che
quelle Cicale fossero mutole per non darle fastidio, quando vi fù à predicare.
Al detto fiume Alesso segue la Città di Brutio da Pomponio Mela Brutium
fù detta, la quale fu talmente detta da i Brutij habitatori di essa, secondo
Pietro Razzano, & ancora ritiene tal nome, mà corrotto, essendo hoggi detto
Burzano, come dimostra la carta di
navigare, seguitando appresso il capo di Burzano, detto Promontorium
Zephyrium da Strabone. Plinio, Pomponio Mela, & Tolomeo dicono, che è
sito nel territorio de' Locri dalla parte di mezzogiorno.
Il fiume Grati dalla parte d'Occidente dagli
Scrittori antichi fù nominato Cratis, & similmente da Vibio Sequestro nel
suo libro de’ fiumi; questo fiume divide i Brutij dalla Magna Grecia, & in
questo fiume era quella sì ricca, e popolosa Città detta Sibari, secondo
Strabone, & Plinio, della quale à suo luogo, e come fù da Crotoniati
destrutta se ne ragionerà. Altri dissero, che da Taranto inſino a Cuma,
voltando à torno il camino per mare, fosse detta Magna Grecia, nè vi mancarono
di quelli, che dissero chiamarsi Magna Grecia tutta Italia, conforme canta quel
verso di Ouidio ne’ Fasti: Itala nam tellus Graecia maior erat.
Il mare Ionio fù così detto da Iauan quarto
genito di lafet figlio terzogenito di Noè, perche dominò, & diede origine
all'habitatione di quel paese, li cui habitatori furono detti Greci Ionij, che
perciò fù detto mare Ionio quel mare, ch'è fra detti Greci Ionij, &
l'antica
Magna Grecia, della quale parliamo. Girolamo Bardi nelle sue età del mondo
nella seconda età fol. 19, così riferisce.
Come hebbe principio questa Città, & che
significhi questa parola Croto, overo Crotos.
CAPITOLO VI: 24
In questa nobilissima regione è situata
l'antichissima, e nobilissima Città di Crotone, la quale se bene viene detta da
Tolomeo Croton, & da Pomponio Mela Croto, & Procopio nel
3. lib. della guerra Gothica la nominò Croto, & da Diodoro nel 13. lib.
dell'historie è chiamata Crotona, la quale se bene ancora Pietro Razzano disse,
che tolse tal nome da Crotos, vocabolo Greco, che in latino si dice Saltatio
in nostro volgare salto, perche quivi si facevano innumerabili giuochi di
salti, & balli; & altri dicono di più, che questa Città fù detta Crotos,
dal nome di una certa pianta, della quale in questa Città n'era grandissima
abondanza, descritta da Dioscoride nel 4. lib. al cap. 165. che cresca
all'altezza di un picciolo Albero di fico; le fronde sono simili à quelle del
Platano alquanto maggiori più liscie, & più nere, produce i frutti in
groppi, come uve, mà aspri, li rami di dentro concavi come canne, il detto
seme, ouero frutto si spoglia dalla scorza, e se ne fà oglio, quale serve per
molte infermità, conforme descrive anco Mesue, & Marco Varrone lib. secondo
de re rusticali alcuni Racino, altri d'altro nome questa pianta
chiamarono. Nondimeno tutte queste opinioni non mi piacciono: leggo nel
Lucidario Poetico, che Iapige fù Rè di questo paese, che perciò fù detta questa
Regione lapigia fra l'altri nomi conforme si è detto, prima di chiamarsi Magna
Grecia, & che da questo Rè Iapige discese Crotone huomo di gran valore,
che, morendo, diede il nome il suo sepolcro alla Città. Altri dicono havesse
origine da Tapeto figliuolo di Noè, il quale dominò questa parte d'Italia, che
poi fù detta Magna Grecia.
Ma quella che più mi piace, è quella, che
Celio historico Greco, & Varrone dicono, & è questa. Ella prese tal
nome da Crotone huomo della Samotracia, un tempo detta Dardania da Dardano
Troiano; questa Samotracia è una Isola, secondo Tolomeo, e stefano, del mare
Egeo, giace non lungi la bocca del fiume Ebro, hoggi Marizza detto che secondo
il Giovio nel 36. delle sue historie dalla parte di Levante dirimpetto
all'Isola di Lemno sta situata, gli habitatori della quale essendono
grandemente travagliati di peste, consultorono l'Oracolo, in che modo guarir
potrebbono, alli quali fù risposto, tal peste doversi contro di loro più che
mai incrudelire, se non placavano l'ira della Dea Giunone, da loro offesa, la
quale non era per placarsi giamai, se non discacciavano prima in perpetuo
esilio da ciascheduna delle loro Città, dodeci principali Cittadini d'essa; tal
risposta dell'Oracolo ricevuta, fù incontinente per la Lamotracia denunciata;
laonde collocate le pietre nell'urna, come era loro costume, & indi
all'arbitrio dell'instabil Dea tratti suora, furno dalle loro case, & amate
patrie quelli, sopra di cui l'invida fortuna volse per loro più gravi affanni
fossero le sorti cadute, con instantissima sollecitudine discacciati à
ritrovare nuovi paesi per habitare; trà gli altri di questo numero vi fù,
secondo dice detto Celio, & Varrone, un'huomo, il cui nome era Crotone
figlio di Eaco (come anco narra un Greco interprete di Teocrito nella quarta
Egloga) e fratello di Alcioro Rè dell'Isola di Corcira, hoggi detta Corfù, il
quale Crotone, come gli altri parimente, andava cercando dove potesse la sua
vita terminare, pervenuto al fine in quella parte d'Italia, che poi fu detta
Magna Grecia, là dove Esaro col suo mormorio chiare, & limpide acque
inondando le verdeggianti, & herbifere campagne, sbocca nel mare Ionio,
quivi à suo bell'agio sbarcato Crotone fù benignamente albergato da Lacinio
Corcireo, che non lungi da quivi habitava (come riferisce detto interprete di
Teocrito) il quale conosciuta la prudentia, & integrità di Crotone non
molto dopò le diede una figlia per moglie, nominata Laura, bellissima, &
honestissima giouane, dalla quale poi prese nome una nova Città posta tra il
Promontorio Lacinio, & la Città di Crotone, detta Laureta (& forse in
quella parte, dove hoggidì chiamano Calolaura, composta questa parola dal greco
calò, che vuol dire cosa buona, & honesta, che dicendo Calolaura vuol dire
la buona, & honesta Laura) come anco tutto ciò riferisce Isacio nella
Cassandra di Licofrone autore antichissimo Greco, & dilettatosi molto
Crotone della bontà, e clemenza dell'aere, e del sito, del quale nè più bello,
nè più piacevole, ne copre alcuno il Cielo, egli di bellissimi Colli, d'alberi
vaghi, di dolci acque rigato, & di salse acque circondato, si stava
dubbioso, se quivi fermar si doveva, e volendo esplorare il parere degli altri
suoi compagni, fù intesa dal Cielo una voce,che così disse:
Quì
ferma il piè Croton, nè di partirti,
Altro
desio t'ingombri più il pensiero,
Hà
parso à i Fati il fin qui statuirti.
Vogliono alcuni Scrittori antichi, havendo
riguardo alla gentilità, questa voce essere stata di Mercurio; ma qual lingua
potrà narrare l'allegrezza, che ricevè Crotone con gli altri suoi compagni,
vedendo un luogo così ameno esserli dalli Dei concesso ad habitare? questa si
fatta voce intesa Crotone, ordinò ad uno delli più esperti de’ suoi compagni,
che andasse a considerar bene, & vedere il paese, costui visto il tutto, lo
riferì a Crotone, il quale confidandosi molto nel divin volere, diede principio
ad una nuova Città, e con alquante case nuove incominciò quivi ad habitare
insieme, e vicino all'altre habitationi, che vi erano. Strabone dice, che
Lacinio dell'Isola di Corciro, hoggi detta Corfù, venne con tutta la sua
famiglia in questa parte, dove già stava Crotone, & perche Crotone le fece
grandissime accoglienze, il detto Lacinio si fermò in questo paese, &
stando in questa corrispondenza, Crotone se invaghì della bellezza di Laura,
figlia di Lacinio, il quale cortesemente ce la diede per moglie, mà sia
qualsivoglia di queste due cose. stando detto Crotone con la sua bella moglie,
& co' suoi compagni in questo amenissimo luogo; dove credo, che l'istessi
compagni havessero preso moglie, mentre tante antiche habitationi vi
ritrovarono.
Ecco che Ercole, tenuto figliuolo di Giove,
il quale, come dimostra Diodoro Sicolo nel quinto libro, & Dionisio
Halicarnasseo nel primo delle sue historie, & Isacio in Licofrone, dopò
haver dato morte à Gerione figlio di Crisauro in Eritra isola dell'oceano,
portandosi via seco il suo armento, appianato prima il passaggio dell'Alpi di
Francia, se ne venne in Italia, & caminando per diversi luoghi, al fine
capitò nella foce del fiume Esaro, là dove fù benignamente albergato dal già
vecchio Crotone, & in sua casa dimorò per molto tempo; all'ultimo essendo
stati rubbati à detto Ercole alcuni suoi bovi da un famosissimo ladro, detto
Lacinio di quella contrada con grandissima industria, accompagnatosi con
Crotone verso il luogo, dove habitava il ladro s'inviorno, & essendonosi
appiattati in certi luoghi per cogliere alla sprovista il ladro, Ercole per
l'oscurità della notte disavvedutamente ammazzò il vecchio Crotone, credendosi
aver ammazzato il ladro, della cui morte restarono molto rammaricati li suoi
compagni, e maggiormente dispiacque all'istesso Ercole, il quale fece con
grandissima pompa sepelire il corpo di Crotone, e promise à suoi compagni, che
quando sarà egli collocato nel numero delli Dei (cioè ridotto nella sua sedia
Regale in quella Città, dove faceva più continua residenza), intorno al suo
sepolcro farà edificare una nobil Città, la quale dal nome del vecchio Crotone,
ivi ſepolto, sarà dimandata Crotone, come anco lo disse Pittagora, à chi
maggiormente si deve dar credito, per quanto riferisce Iamblico, & Ovidio
nelle sue Metamorfosi lib. decimo quinto in quelle parole:
Dives ab Oceano bobus Ione
natus Iberis,
Littora
felici tenuisse Lacinia cursu
Fertur,
ac armento teneras errante per herbas
Ipse
domum Magni, nec inhospita secta Crotonis
Intrasse
&c. & poco appresso:
Hic
locus urbis erit, promissaque vera fuerunt.
Nàm
fuit argolico generatus Alcmone quidam
Micylus,
illius Dijs acceptissimus avi,
Hunc
super incumbens pressum gravitate soporis
Claviger
alloquitur: Patrias age deſere fedes.
Et
pere diversi lapidosas Aesaris undas.
E dopò della venuta di Miscello in Italia
per far Città Crotone, così và dicendo:
Navigat Ionium,
Lacedemoniumque Tarentum
Praeterit, ac Sybarim
Salentinumque Neaetum,
Thurinosque
sinus, Temesenque, ac lapygis arva.
Vixque
pererratis, qua spectant littora terris
Invenit
Aesarei fatalia fluminis ora,
Nec
procul hinc tumulum, sub quo sacrata Crotonis
Ossa
tegebat humus: iussaque ibi moenia terra
Condidit,
ac nomen tumulati traxit in Urbem.
Perloche si vede chiaramente dalle autorità
di tanti veridici autori, ch'era in questo luogo il tumulo del vecchio Crotone,
& attorno di quello vi erano molte habitationi antiche, che si chiamavano
de’ diversi nomi, & per ordine di Ercole, Miscello lo fece di maggiori
habitationi, & le diede il nome di Città, chiamandola Crotone, perloche poi
à conseglio di Pittagora, li Crotonesi edificarono un sontuosissimo tempio ad
Ercole, erigendoli anco nel mezzo della Piazza una statua di smisurata
grandezza e maesta, come si dirà à suo luogo.
Dunque Ercole la fece Città, ò lui stesso, ò
per mezzo di Miscello, come più diffusa-mente anco appresso ne trattaremo.
E per certificarsi il curioso Lettore, che la
venuta di Ercole in queste parti, con l'armento tolto à Gerione, & l'haver
ammazzato Lacinio, che quello rubbato l'haveva, è verità; legga Gio. Boccaccio
nella Geneologia dei Dei, parlando di questo Ercole lib. 13. e proprio fol.
212. à ter. in fine, & 213. nel principio, dove detto Boccaccio tolte via
le finzioni poetiche, tutto questo essere verità afferma.
Nicolò Leonico Thomeo de varia historia lib.
3. cap.88. & Alcinoo Sicolo lib. 10. di Atheneo, dicono, che l'antico uso
di non bere vino le donne in Italia, che poi li Romani osservarono per legge
inviolabile, nacque da questa cagione. Ercole gionto, come sta
narrato,
nella casa di Crotone, arido, & quasi arso di sete, pregò instantemente il
padrone di quella, che le desse à bere vino, il quale Crotone ordinò alla
moglie, che pigliasse una lancella piena di vino, la donna non intendendo, ò
non volendo intendere l'ordine del suo marito, non portò mai il vino, anzi
disse, che se Ercole volesse bere, n'andasse alla fontana ivi vicina, del che
sdegnato Ercole, entrò in quella casa, e ringratiò grandemente il padrone della
cortesia, perche haveva ordinato che se le portasse il vino, ma alla donna
ordinò, che non bevesse più vino, sottopena della vita, il che fù così à punto
osservato, e tutte l'altre donne poi presero questo uso di non bere vino,
seguendosi tale costume per tutta Italia, & fù tale, che li Romani tenevano
per grandissimo mancamento ad una donna il bere vino, & perciò vi fecero la
legge, la quale irrevocabilmente fu da tutti osservata, & nè fù fatta la
medaglia la quale si vede nella descrittione del Dottor Prospero Parisi Romano,
nella quale si vede da una parte la testa di detta Laura, e dall'altra Ercole,
che vuota un vaso in segno del vino.
Chi la fece Città, e la causa perche, et in che anni
fù fatta Città, e prese il nome di Crotone, et quanti anni hà, che fù questo.
CAPITOLO VII: 31
Seguendo l'historia dell'edificatione di
Crotone, overo di darle il nome di Città; diremo, che quasi tutti gli autori
cocludono che l'edificatione di questa Città fosse fatta da Miscello, secondo
dice Antioco appresso Strabone nel 6. che havendono l'Achivi havuto in risposta
dall'oracolo, che fondassero Crotone nella fronte d'Italia, mandorno Miscello à
ben considerare il paese, il quale gionto in quella parte, havendo visto Sibari
così detto dal propinquo fiume, giudicò essere assai meglio riedificar questa;
onde per tal cagione volse di nuovo consultar l'oracolo, se gli fosse concesso
per quella riedificar questa Città di Sibari, à cui fù risposto, essendo egli gobbo,
secondo la traduttione dal Greco in latino in questo modo. In Strabone lib.6.:
Terga brevis Miscelle tuo
de pectore omitte
Caetera perquirens frustrà
ne venaris iniqua;
At
rectum quodcumque datur tu laude probato.
In nostra lingua volgare si
dice così:
Miscello, che con torte
spalle, e brievi
Uccelli à quel, che tu
fugir dovresti,
Lascia homai di cercar da
me più oltre,
E loda ‘l dritto, che ti
vien donato.
Subito, che ricevè tal risposta, se ne
ritornò ad edificare Crotone prestandogli agiuto Archia, che quindi passava per
andare ad edificare Siracusa in Sicilia, conforme racconta Suida, & Solino
capitolo ottavo, dice così nel suo Polihist. Netum est à Philoctete Petiliam
constitutam, Arpos et Beneventum à Diomede, Patavium ab Antenore,
Metapontum à Pylijs, Scillaceum ab Atheniensibus, Sibarim à Troexenijs, ac Locri à Sagari Aiacis
ſilio, Salentinos à Lycijs, ab Heraclidis Tarentum, Insulam Temsam à Ionibus, à Miscello, et Archia Crotonem, Rhegium
à Calcidensibus; ancorche molti altri
autori vogliono, che questi ò maggior parte di essi non habbino fondato, mà
ampliato dette Città. E nelli Commentarij d'Aristifane nelle nubbe si narra
d'altra sorte, dicendo, che essendo gli Achivi ammoniti dall'oracolo, che
dovessero mandare alcuna Colonia ad habitare in alcun luogo, si risolsero mandare
Miscello così detto dalla sottigliezza delle gambe, secondo Strabone, che
consultasse l'Oracolo in che luogo si dovesse andare, gli fù risposto, che
doveva fabricare una Città, dove la pioggia con essere il Ciel sereno l'havesse
bagnato, si che giudicò esser senza dubbio impossibile, non potendosi imaginare
in che luogo li potesse piovere di sopra con l'aria serena: con tutto ciò
volendo obedire all'Oracolo, con alquanti Vascelli varcando il mare, se ne
venne in Italia; mà per non sapere dove havesse à fabricare la Città detta
dall'Oracolo, stava di ciò molto mesto, e confuso; gli avvenne, che così mesto,
& confuso gionto in questo luogo, che si chiamava Crotone sbarcato, &
posto in terra si addormentò nel seno della sua donna detta Aethira, la quale
non haveva punto meno mestitia, & dolore del suo sposo, che perciò si pose
a piangere dirottamente; le cui lagrime cascorno sopra il volto dell'Amante,
che nel suo seno addormentato giaceva, svegliatosi Miscello, conoscendo che con
questo si era ademplita l'oscura risposta dell'Oracolo; perche la pioggia, che
con l'aere sereno l'haveva da bagnare, giudicò, che significassero quelle
lagrime in edificar Crotone. Tutto questo ancorche sia seguito da Celio
Rodigino nel quarto capo del duodecimo delle sue antiche lettioni, non mi
sodisfà, tanto più, che Pausania tutto ciò attribuiſce à Talanto Spartano dal
quale fù edificata la Città di Taranto in ltalia; ma la vera historia è, che
molto sonoramente descrive Ovidio nel decimo quinto come sta detto da principio
seguendo l'autorità di Strabone, e altri quando dice, che essendo in sonno
ammonito Miscello figliuolo d'Alcmone Cittadino di Rypas Città, secondo
Strabone nell'ottavo, che dice da Ripa fù Miscello, il quale fece habitare
Crotone, perche l'antichi autori usorno dire questo vocabolo, edificare in vece
di reedificare, ò rifare, ò ristorare, come riferisce Girolamo Bardi nelle sue
età del Mondo, e altri, e stefano della Achaia dice che Ercole ordinò à
Miscello, che s'havesse à partire senza dilatione dalla sua patria, &
andasse ad habitare in quella parte d'Italia, dove Esaro sbocca nel mare;
costui volendo esequire quanto l'era stato da Ercole imposto per essere stato
trè volte, ammonito à far questo, fù preso dal magistrato del luogo, per essere
uno statuto in quella patria che chiunque si partisse per andare ad habitare ad
altra parte, fusse punito di pena capitale alla quale volevano condannare il
misero Miscello, come contradittore del statuto; ſinche rinchiuse le pietre
bianche, e negre nell'urna, delle quali le bianche assolvevano, & le negre
alla misera morte il reo condannavano, & standono quelli per cavar suora le
pietre, con gran meraviglia in un subito si convertirno tutte le pietre negre
in bianche, con non poco diletto del Miscello, che la morte d'hora in hora
stava aspettando, di maniera, che per tal
causa fermamente giudicorno questo fare Miscello per ordine di Ercole, come più
volte havea esso Miscello dichiarato, & subito il Magistrato lo fè libero,
dandoli ampla licenza, acciò seguisse l'ordine di Ercole: Laonde imbarcatosi Miscello
prese il camino verso il fiume Esaro, dove secondo Rocco nel quarto delle sue
historie antiche in greco descritte, e altri autori giontamente con Vicino,
Tlarito, Pantino, Protho, Leocasto, Gulione, Polino, e Sistro edificò una
Città, che del nome del vecchio Crotone ucciso da Ercole pochi anni prima
casualmente, come più prima con l'auttorità di Diodoro Sicolo si è detto, e ivi
sepolto, la dimandò Crotone.
Egli è ben vero, che conforme dice Eforo
appresso Strabone nel 6. & Ovidio nel sopracitato lib. decimo quinto, che
fosse stata edificata da principio Crotone da quattro nationi uniti insieme,
che furono, Oenotrij, Auſonij, lapigi, & Salentini, li quali, habitando in
questa contrada à villaggi aperti, erano dannegiati giornalmente da un certo
Cacco Zimeroto ladro famosissimo di quei tempi, e perciò dette nationi di comun
volere fecero una muraglia à torno detti Villaggi, di maniera che non furono
più danneggiati dal detto ladro (& per questo effetto disse bene Tito
Livio, che questa Città era circondata da dodeci miglia come si è detto, &
si dirà à suo luogo) & ridotta in forma di Città murata con il tempo li
posero il nome di Crotone dal sepolcro del già morto vecchio Crotone, che dette
nationi tenevano in molta stima, e veneratione, conforme anco da Hercole fù
ordinato, come sta detto.
Non si deve dar credito ad Ambrogio Calepino
nel suo dittionario nella dittione Croto, che questa Città di Crotone fosse
stata edificata da Diomede, cosa non scritta nè d'antico, nè da moderno autore;
poiche, se mireremo tutti coloro, c'han scritto del sito della terra inſino a
questi nostri tempi, concludono tutti essere stata edificata da Miscello, come
sta ampiamente detto, & concludono non solo tutti li sopranominati autori;
ma Ruffo Volaterrano nelli suoi Commentarij, e Pandolfo Colennuccio nel primo
lib. del Compendio del Regno di Napoli, e non si legge, che Diomede habbia
edificato altra Città, che Benevento, e in Capitanata Arpe Città, le cui
reliquie si vedono hoggi, vicino à Manfredonia, come si apporta l'autorità anco
di Solino nell'ottavo capo nel detto suo Polihist. notum est à Philoctete
Petiliam constitutam, Arpos, & Beneventum à Diomede, &c.
sono stati tanti Ercoli nel Mondo, che per
accertare quello che è venuto da Spagna in Italia giunto in questo luogo dove
habitava Crotone, quando le fu tolto, & rubbato l'armento da Lacinio ladro,
hò molto sudato, mà per far conoscere al Lettore, ch'io desidero di farlo
capace qual fosse questo Ercole, dico primieramente quello che dice Erodoto
autore antichissimo, il quale scrisse, conforme dice il Conte di Scandiano, nel
Prologo dell'Opera di detto Erodoto, nel tempo, che Xerse prese, e arse la
Città di Atene nell'Olimpiade settuagesima ottava, benche cinque anni dopò
publicò detta sua opera nel qual tempo governava in Roma il Decemvirato,
essendo stati deposti Ii Consoli per l'insolentia di Appio Claudio, dopò
l'edificatione di Roma duicento anni, dice dunque detto Erodoto lib. 2 capitolo
quarto, parlando di Ercole, che fù uno de' dodici Dij, così tenuto in tutta la
Grecia, questo nome pigliorno i Greci dagli Egittij, dalli quali antichissimo
Dio era tenuto Ercole, e conforme alle loro historie, e computo de' anni,
diecesette migliara di anni, fù avanti al Regno de Amaſis, e volendo Erodoto
informarsi meglio di questo, navigò à Tiro nella Fenicia, dove era
un'antichissimo Tempio dedicato ad Ercole quale vidde riccamente adornato di
grandissimi, e pretiosi doni, e venuto in raggionamento co' Sacerdoti di quel
Dio, addimandato del tempo, che fù edificato quel Tempio, non si concordarono
co' Greci; perche affermorno essere fatto il Tempio con la Citta in un'istesso
tempo, e calcolando l'anni ſino al detto di Erodoto, erano passati già
duomilia, e trecento anni, dopò Erodoto non contento, & sodisfatto di
questo andò a Thasio, & ivi ritrovò, che i Fenici n'havevano edificato
un'altro, quando andorno ad investigare la terra di Europa, & questo fu
cinque età avanti che i Greci ponessero il nome di Ercole al figlio di
Amphitrione; dunque questo Iddio Ercole fù antichissimo, e perciò drittamente
dicono i Greci, che in due maniere fanno mentione di Ercole, all'uno, come
immortale e cognominato Olimpio sacrificano, all'altro honorano, come glorioso
tra gli Heroi, & se bene i Greci parlano molte altre cose di questo ercole
lasciaremo al curioso Lettore, che le lega in detto Erodoto lib. secondo cap.4.
Credo Erodoto si habbia preso gran fatica,
come si è letto, per investigarsi, e certificarsi chi fosse stato questo Ercole;
& mi pare che sia rimasto più confuso di prima, e io peggio di lui confuso
rimango; mi si fa incontro Gio. Nicolò Doglioni, il quale con tanta sua fatica
chiaramente mi mostra la verità, chi fù Ercole, & in che anni regnò, frà
quali il nome all'habitatione, & de Città insieme à Crotone cortesemente
diede, & honorò. questo Gio. Nicolò Doglioni, scrivendo à Lettori nel suo
Teatro de' Prencipi, & dell'historie del Mondo nel primo volume disse, che
la serie dell'historia, e l'osservanza degl'anni, ch'à tenuto nelle sue opere,
l'hà cavato, cioè da Adamo inſino alla trasmigratione di Babilonia (così
chiamano la cattività degli Hebrei) dalla Biblia sacra tradotta da San
Geronimo, dove si ponno legere tutti gli anni, che ſin'all'hora son scorsi.
essendo poi fornita detta cattività, quando essi Hebrei furono da Dario
figliuolo de Hitaspe Monarca de’ Persiani fatti liberi nell'anno secondo del
suo imperio, è andato da esso Dario sequendo per li Monarchi Persiani
ſin'all'ultimo Dario, che dal Magno Alessandro superato, e vinto, prestò occasione,
che la Monarchia passasse ne' Greci, dal qual tempo ha continuato, scendendo
per li Tolomei Rè di Alessandria, che sono stati, come principali sopra
gl'altri di quei tempi (quasi che in loro fosse rimasta essa Monarchia) dagli
historici posti, e considerati, e con questo ordine ha proceduto detto Doglioni
ſino à Cleopatra, che vinta da Ottaviano pervenne la Monarchia all'hora
nell'Imperio Romano, onde poi ad essi paſſando, e per l'Imperatori scendendo,
gionse fino à tempi presenti, pensando haver tenuta la più vera, & certa
regola, che si havesse possuto tenere, per accertare la serie, e catena
dell'historia, & l'osservanza, & computo degl'anni. Così ho preteso io
accertare questa mia Cronica, e il computo degli anni con l'auttorità di questo
autore, che tanta fatica si ha pigliato per accertare la sua historia; & se
bene altri hanno scritto in differente modo, credo non si habbino affaticato
tanto, e ne siano stati à credito d'altri, che ne hanno saputo meno di loro,
tanto più che da Girolamo Bardi nelle sue età del Mondo tutto ciò viene anco
con l'auttorità di molti veridici Autori chiaramente riferito, e da Fra Leandro
Alberti nella sua descrittione d'Italia, ed altri degni autori ch'io hò letto;
& per continuar l'historia, & non lasciare rotto il filo di quella, è
necessario tornare in dietro, e dove da principio con l'autorità dell'istesso
Doglioni, & d'altri, si era arrivato al regnare in Italia Arunno, il quale
concesse ad Ausone quella parte d'Italia, che fù detta Ausonia, ch'è questa
Magna Grecia, come si disse, appresso diremo che ad Arunno successe in Italia
nell'anni del Mondo 2104.
Tage, ò Tagete suo figlio, che accrebbe
mirabilmente il culto divino, già instituito da Noè detto Giano, & l'arte
dell'indovinare per gli Aruspici; onde poi fù cognominato Maloch, cioè
risponsore, & visse Tagete anni 42.
Sicano dopò Tagete suo padre fu Rè d'Italia
nel 2146., e visse anni 30.
Enachio Luchio successe in Italia à Sicano
nel 2176. & visse anni 30.
Apis successe ad Enochio nel Regno d'Italia
nell'anni 2206. & visse anni 20.
Lestrigone successe doppo ad Apis nel Regno
d'Italia nel 2216. & visse anni 45.
Et perche dopò Lestrigone successe in Italia
Ercole è necessario descrivere la sua historia per sapere chi fù veramente
Ercole, il quale fù figlio di Osiri Rè d'Egitto, e di Iside, come segue
l'historia, che dissero di Giove, & di Giunone figliuoli di Cham, e di Rea
sua sorella, e moglie conforme il Dottor Zappollo cap. 1. part. 2, nella sua
historia di Roma, e altri altrove dissero.
Nel Regno de' Argivi successe Apis à Foroneo
nell'anni 2219. il detto Apis essendo passato in Egitto, ove fù nominato
Osiride, hebbe in moglie Isi, ò Iside figliuola de Imaco suo avo, ch'era
all'hora Regina in quel Regno, con la quale vivendo, perche virtuosissimo era,
insegnò diverse cose buone à quei popoli, spetialmente l'uso del vino, che
perciò fù collocato trà Dei, & stimato per il maggiore di quanti all'hora
si adoravano; onde posero pena capitale à coloro, che affirmassero, ch'egli
fosse terreno, e essendo curioso di vedere altri paesi del Mondo, partito dal
Regno con la moglie, lasciò il governo di quello al suo fratello Tifone, altri
dissero Motide, e regnò quando Gioseppe figliuolo di Giacob negò alla moglie di
Putifaro l'adulterio, che perciò ne fù menato carcerato, & interpretò i
sogni al Pincerna, & al Fornaio: di questo Tifone ch'erano l'anni del mondo
2226. Girolamo Bardi nella sua terza età del mondo, e dice anco detto autore,
che in virtù della interpretatione de' sogni fatta da Gioseppe successe quella
gran carestia, & fame nel mondo nell'anno 2238. questo aspirando di restar
solo Rè, & senza contrasto, fè morire Apis, e overo Osiri; perilche Oro
figlio di Osiri, venuto alla sua età maggiore, ammazzò Tifone suo Zio, per
vendicar la morte dell'innocente suo padre, Oro, non satio di questo, si mosse
à far guerra contro li trè fratelli detti Gerioni Signori della Spagna,
perch'erano stati principali nella morte di suo padre; giunto in Spagna, Oro
fece, ove prima sbarcò, fabricare un buono forte ammassando molti sassi grandi
nella montagna detta Abila per stringere maggiormente ivi il passo per mare, e
aſſicurar da perigli li suoi navigli, la quale fabrica, perche Oro poi si
chiamò Ercole conforme appresso nominaremo, si acquistò il nome de una delle
colonne d'Ercole nello stretto di Gibilterra; & essendosi attaccati in
battaglia li dui esserciti d'Ercole, e de' Gerioni, nè possendosi dell'in tutto
vincere, morendone ogni dì gran numero dell'una, & dell'altra parte,
desiderando Ercole, e li Gerioni finir questa guerra, si convennero, che Ercole
solo perche valorosissimo era, con tutti trè li fratelli Gerioni in duello
uscissero; & così avvenne, che Ercole col suo immenso valore restò
vincitore ammazzando tutti trè li Gerioni, acquistandosi Ercole in tal modo il
dominio, e la Signoria, de tutta la Spagna, dove per assicurarsi del Regno, vi
fondò molte Città, e volendo venire poi in Italia, nell'Isole di Maiorca, e
Minorca lasciò in governo di quelle Baleo suo compagno, che perciò quell'Isole
Baleare furono chiamate.
Hispale figliuolo d'Ercole alla partenza del
padre, rimasto Signore della Spagna nell'anni 2256. vi regnò gran tempo &
vi edificò Hispale Città così dal suo nome nominata, che al presente si chiama
Siviglia.
Partito dunque Ercole da Spagna, e venuto in
Italia regnò dopò Lestrigone, come si è accennato di sopra, nell'anni del mondo
2261 & vi dimorò anni 30. & debellò quei Giganti, che vi dauano
travaglio, e edificò quel luoco nelle parti di Toscana, che si chiama Porto
Ercole, e appresso Napoli edificò l'Ercolano detto anco Eraclea: edificò il
Tempio della Dea Giunone Lacinia, e altri, quando fù in Crotone, e diede il
nome di Promontorio Erculeo, dove si dice Spartivento, come disse il
Colennuccio lib. 1. fol. 4. & Strabone.
Ercole, havuto aviso, che Hispale suo figlio
era morto, a cui essendo successo Hispan figliuolo di detto Hispale, e poi
morto anco detto Hispan suo nepote senza lasciar figliuoli in Spagna, dubitando
di qualche tumulto in quel Regno, constituì Tusco suo figliuolo in suo luogo in
Italia, & egli in un'istante con molta gente nell'anno 2291. se n'andò in
Spagna, dove continuò a dominare ſino alla morte.
Tusco continuando à dominare in Italia,
diede il nome à quella Parte che si disse Tuscia, hoggi Toscana, ove visse anni
27. nel cui tempo gl'Israeliti furono aggravati dalla Tirannide d'Egitto
secondo il Bardi.
Et parlando il Doglioni di Euristeo Primo Rè
di Micene racconta tutte le prodezze di Ercole, fra l'altre, che vinse i
Gerioni di Spagna, conducendo seco in Italia li suoi armenti, levò dal mondo
Cacco ladrone figliuolo di Vulcano, l'istesso fè poi di Lacinio famoso ladro,
che molestava la frontiera Orientale d'Italia, dove poi drizzò un Tempio
consacrandolo alla Dea Giunone detta Lacinia, prendendo il nome dal Promontorio
detto Lacinio (ch'era vicino la Città di Crotone), & volendo hormai
concludere il nostro ragionamento, e raccogliere la sostanza di quanto si è
trascorso, e cavato dal Doglioni, dal Bardi & da tanti gravi Autori,
diremo, che Ercole incominciò à regnare in Italia nell'anni del mondo 2261. e
se ne tornò in Spagna nell'anni 2291. dunque per trent'anni continui fece la
sua residenza in Italia & tra detti trent'anni fù in queste parti, dove
habitava Crotone, il quale benignamente in sua casa l'albergò, & dopò inavedutamente
da Ercole fù ammazzato in vece di Lacinio ladro, il quale poi fu ammazzato,
come si disse, e fù il Tempio di Giunone Lacinia fabricato, che poi si diede
principio à chiamarsi Crotone, dove era il sepolcro dopò morto di Crotone, e
Ercole vi mandò Miscello, ò lui istesso, quando vi fù la illustrò del nome di
Città,
& quanto volse fece, mentre lui era
il Rè, e padrone di tutta Italia, restando à dietro quello, che disse Dionisio
Halicar. che fosse stata edificata nel tempo di Numa, mentre Cicerone nelle sue
Tusculane lib. quarto, huomo di tanto gran credito, e di verità disse che Numa
andò in Crotone per imparar le legge da Pitagora, che con la sua fioritissima
scuola in quella Città risedeva con queste parole: Quis est enim, qui putet,
cum floreret in Italia Graecia potentissimis & maximis urbidus, ea quae
Magna dicta est, in iisque primum ipsius Pythagorae, deinde postea
Pythagoreorum tantum nomen esset, nostrorum
hominum ad eorum doctissimas voces aures clausas fuisse? Quin etiam
arbitror, propter Pythagoreorum admirationem Numam quoque regem Pythagoreorum a
posterioribus existimatum. Nam cum Pythagorae disciplimam, & instituta
cognoscerent Regsque eius aequitatem, et sapientiam a majoribus suis accepissent, aetates autem, et tempora
ignorarent propter vetustatem, eum, qui sapientia excelleret, Pythagorae
auditorem fuisse crediderunt & c. Ovidio nel suo citato lib. decimo
quinto asserisce essere venuto Numa Pompilio in Crotone per intendere la
dottrina di Pitagora quando Crotone fioriva d'arme, di ricchezze, di virtù per
la detta Scola di Pitagora & d'ogn'altra prosessione era celebre; come più
ampiamete nella vita di Pitagora, e nel Trattato della sua scuola si raggionerà
con molte altre autorità ivi apportate.
Dunque la vera historia è questa raccolta
dal Doglioni, e dall'altri autori nominati, nè si deve dar ad altri orecchie;
& per voler sapere quanti anni ha che sia stata fatta Città Crotone, è
necessario tornare al detto Doglioni, Girolamo Bardi, e altri li quali dissero,
che Ercole venne in Italia con l'armento da Spagna tolto à Gerioni nell'anno
del Mondo 2261. e perche fu subito con quell'armento in Crotone, overo potriase
dire, che fosse stato l'anno l’anno sequente nel 2262., & io dico che fosse
stato l'anno 2265. e dopo l’havesse fatto Città nell’anno 2290. e per volere
fare conto quanti anni ha che sia stato l'uno, e l'altro, vederemo quanti anni
sono, ch'è stato creato il mondo.
Il Baronio nel Martirologio del giorno di Natale di N. S. Giesù Christo, dice, essere stato detto Natale nell’anni del Mondo 5199. che dal diluvio erano passati anni duemilia novecento cinquantasette, & questa opinione sta approvata con si settanta interpreti, e la Chiesa Santa Cattolica Romana così tiene, e afferma, dunque diremo, Christo nacque nell’anni del Mondo 5199. dalla sua Natività fin’à questo anno sono scorsi anni 1647. quali uniti fanno 6846. e tanti sono dal Mondo creato fin’hoggi, dalli quali tolti via l’anni 1270 ch’erano del Mondo quando Ercole fece Città Crotone, restano anni 4576, e tanti anni sono hoggi, che Crotone fù fatta Città prendendo il nome da quell’huomo morto detto Crotone; mà la prima sua habitatione da Noè fù nell’anni del mondo 1765. che fin’à questo anno scorsi anni 5981. Gli settanta Interpreti furono settantadui Rabini Hebrei peritissimi della loro legge, li quali traslararono le scritture di Moisè, e de’ Profeti dalla lingua Hebrea nella Greca d’instanza di Filadelfo, ch’era successo al Padre Tolomeo nel Regno d’Egitto, essendo Sommo Sacerdote de gl’Hebrei Eleazaro, alla cui instanza Filadelfo più di centomilia Hebrei, ch’erano schiavi in Egitto, e donandoli anco dodeci ſeudi per uno gli rimandò nella loro Patria. Era Filadelfo persona dignissima d'essere Rè, e in tutte le scienze molto ben instrutto, essendo stato discepolo di stratone Filosofo, che perciò instituì una libraria la più famosa di quei tempi, e questo fù intorno all'anni del mondo 3677. come si legge nel Teatro de’ Prencipi del Doglioni prima parte del primo volume.
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