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giovedì 13 novembre 2014

§ 128 131114 Cirò in Gabrielis Barrii 'De antiquitate, et situ Calabriae'.


Frontespizio di una edizione romana del 1737 dell'opera di Gabriele Barrio da Francica, in cinque libri (il volume è uno solo, a scanso di equivoci), con le osservazioni di Sertorio Quattromani e le annotazioni (o forse meglio le 'confutazioni') di Tommaso Aceti... notare il riferimento ai Bruttii torturatori di Cristo (sic!). L'opera del Barrio, pur infarcita di errori e lacune, rimane fondamentale per lo studio della Calabria, stanti, anche o soprattutto, le difficoltà per il frate di Francica di indagare la storia e la geografia di una regione così isolata culturalmente e geograficamente, al punto che sovente si incappa in descrizioni che possono essere, al più, verosimili e quindi assolutamente da non tenere in considerazione. Occorre rimarcare, però, come tanti sedicenti 'storici' si rifacciano all'opera del Barrio, citandolo tanto ripetutamente quanto inutilmente.
Quello che allego è il capitolo XXIII, citato in chiusura dello scritto su Giano Lacinio che qui, a dire il vero, è diventato Janus Lucinius...
Forse non è nemmeno il caso di sottolineare, per quanti abbiano presente l'opera di Giovan Francesco Pugliese, la presenza, nelle note dell'Aceti, di quelle fonti, più letterarie che geografiche o storiche, che lo storiografo cirotano riporta nella 'Descrizione', che poi sono i classici Strabone, Stefano di Bisanzio, Licofrone e altri.
 

   A questo punto corre l'obbligo di dire di chi stiamo parlando, almeno per grandi linee. Vediamo cosa ne dice il già citato Francescantonio Soria nelle sue 'Memorie'; dalla nota bio-bibliografica relativa al Barrio si può evincere quanto difficile possa essere immergersi nella storia di quell'epoca, nella ricerca di dati e riferimenti precisi, e di quanta accortezza occorra per non cadere in errori od equivoci: la confusione, spesso, regna sovrana, e a distanza di secoli, con buona pace dei moderni mezzi di indagine, risulta spesso impossibile, quando non ozioso, riuscire a dipanare matasse che hanno perso capo e coda, e allora forse la cosa migliore è astenersi da diagnosi definitive e rassegnarsi ad accettare con beneficio d'inventario, o con animo benevolente, tante notizie che di storico hanno veramente poco, mai dimenticando, comunque e sempre, quanto doveva essere difficile, per un Barrio, dedicarsi totalmente, così come sembra, allo studio della sua regione, percorrendola per anni in cerca di 'inscrizioni' o di altre fonti. Rimane, pur con tutti gli errori, quasi sempre commessi per troppa passione per la sua terra, 'lo Strabone dei calabresi', e lo rimane, a mio modestissimo parere, a pienissimo diritto. 


 

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