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giovedì 12 giugno 2014

§ 092 120614 Per le nozze della signorina Adele Lucifero... e 'A Cesena', di Marino Moretti.

Un accostamento forse un po' arrischiato... una poesia del crepuscolare Marino Moretti, 'A Cesena', tratta dalla raccolta 'Il giardino dei frutti' (apparsa nel 1915) e una pubblicazione, un libro, edito nel 1872 quale omaggio dei familiari per le nozze della signorina Adele Lucifero, dei Marchesi di Aprigliano; una famiglia, quella dei Marchesi Lucifero, che massimamente ha inciso sulla storia di Crotone e del 'Marchesato', e basta dare una occhiata in rete alle voci 'Armando' (fratello della signorina Adele) e del figlio 'Falcone Lucifero', ministro della Real Casa Savoia. Sono due condizioni storiche e sociali assolutamente differenti, però, al fondo, una figlia o sorella che va sposa prendendo posto, per così dire, in un'altra famiglia... mi pare che lasci sempre un segno particolare, come la scia di una barchetta bambina che prende l'abrivio, mentre i parenti festeggiano e un po' perplessi, come delle bitte, assistono al suo allontanamento. Questo per giocare a fare il crepuscolare anch'io... In realtà, nel 1872, immaginare, in Calabria, la pubblicazione di un libricino per delle nozze... incredibile, tranne che per pochissime famiglie. 

A Cesena, di Marino Moretti. 


Piove. Mercoledì. Sono a Cesena,
ospite della mia sorella sposa,
sposa da sei, da sette mesi appena.
Batte la pioggia il grigio borgo, lava
la faccia delle case senza posa,
schiuma a piè delle gronde come bava. Tu mi sorridi e io sono triste. Forse
triste è per te la pioggia cittadina,
il nuovo amore che non ti soccorse,
il sogno che non t'avvizzì, sorella,
che guardi me con occhio che si ostina
a dirmi bella la tua vita: bella, bella! Oh bambina, sorellina, o nuora,
o sposa, io vedo tuo marito, sento
a chi dici ora mamma, a una signora;
so che quell'uomo è il suocero dabbene
che dopo il lauto pasto è sonnolento,
il babbo che ti vuole un po' di bene. "Mamma!" tu chiami e le sorridi e vuoi
ch'io sia gentile, vuoi ch'io le sorrida,
ch'io le parli de' miei viaggi; e poi,
quando poi siamo soli (oh come piove!)
mi dici, rauca, di non so che sfida
corsa ieri tra voi, e dici dove, quando, come, perché, ripeti ancora
quando, come perché, chiedi consiglio
con un sorriso non più tuo, di nuora.
Parli d'una cognata quasi avara
che viene spesso per casa col figlio
e non sai se temerla o averla cara;

parli del nonno ch'è quasi al tramonto,
il nonno ricco del tuo Dino, e dici:
"Vedrai, vedrai se lo terrò da conto"; parli della città, delle signore
che già conosci, di giorni felici,
di libertà, d'amor proprio, d'amore...
Piove. Mercoledì. Sono a Cesena.
Sono a Cesena e mia sorella è qui,
tutta di un uomo ch'io conosco appena, tra nuova gente, nuove cure, nuove
tristezze, e a me così parla, così
parla, senza dolcezza, mentre piove:
"Mamma nostra t'avrà già detto che...
E poi si vede, ora si vede, e come!
Sì, sono incinta: troppo presto, ahimè! Sai che non voglio balia, che ho speranza
d'allattarlo da me? Cerchiamo un nome...
Ho fortuna: è una buona gravidanza...".
Ancora parli, ancora parli; e guardi
Ancora parli, ancora parli; e guardi
l'ombra grigiastra. Suona l'ora. È tardi.
E l'anno scorso eri così bambina!

   

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