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domenica 29 maggio 2022

§ 353 290522 In memoria del 'signor' Raffaele Malena, di Margherita Corrado.

In questi giorni Cirò Marina piange il suo amato artista per antonomasia, 'Elio', 'Maestro Elio'.  La mia precoce distanza dal paese che non ho più (che è concetto diverso dall'appartenenza e dalle origini) mi ha impedito di conoscere di persona il Maestro Elio, al quale, per mia timidezza o chiusura, non mi sono mai avvicinato, pur conoscendolo bene, di fama e di vista, ma riproponendomi sempre di farlo, prima o poi, di parlargli non solo per via 'telematica'... e anche a mezzo computer mi sono pregiato di parlargli e di poterne apprezzare le doti, umane e di poderosa preparazione culturale. Mi colpì, detto di passo, il suo dirmi di non preoccuparmi degli 'altri', che quello che si ha dentro, che certe persone hanno dentro, non può essere loro rubato... Non so se ciò potesse davvero valere per me, destinatario di tanta stima, ma per lui sì, a lui credo che quello che aveva dentro non potesse e non potrà essere rubato e non poteva andare eliminato 'per sottrazione', perché l'arte finisce solo nell'arte, non per asportazione con maggiore o minore destrezza. Ero poco più che un bambino nel 1971 e ricalcavo, con 'gorgia', cioè con tanta voglia, con ardore, le carte geografiche... figurarsi quella del mio paese, 'composta' dal futuro Maestro Elio, allora 'un nostro bravo giovine' che 'di ricerche archeologiche nella zona da tempo si occupa', come recitava Antonino Terminelli, 'don Nino', nella prefazione al volumetto 'Krimisa', pubblicato in quell'anno 1971 dalla tipo-lito Ferraro, e da cui ho, dopo cinquanta e passa anni, rielaborata la carta che qui allego, e che dimostra quanta e quale fosse la conoscenza del territorio e dell'archeologia del giovane Elio.

Riposi in pace nell'unanime compianto, il maestro Elio Malena, e chissà, forse non dovrei dirlo, ma chissà cosa starà pensando ora da lassù, chissà che non stia componendo versi o elaborando qualche progetto: questo mi ritrovo a domandarmi, tra quanti 'siamo rimasti a terra'.


Vorrei chiudere questo ricordo con le parole tanto precise, quanto accorate e sincere della archeologa Margherita Corrado, apparse - e profondamente condivise - su fb.

“Ti guardiamo noi/ della razza di chi rimane a terra” (E. Montale)

Da “antico” (mai vecchio) ad “immortale” il passo è breve e qualcuno penserà che da ieri quel passo è compiuto semplicemente perché ha cessato di vivere, Elio Malena, e che immortale lo è davvero, ora.
Invece no. Era immortale da sempre, il signor Raffaele Malena, Elio per sua scelta, consapevole di sé al punto da darsi anche il nome in cui più si riconosceva, e non solo perché Artista (ma artista vero, com’erano prima del futurismo). In quasi 30 anni di frequentazione – un privilegio – non l’ho mai chiamato Maestro, come lo appellavano comunemente i cirotani, ma sempre signor Malena, senza mai smettere di dargli del Voi.
“Immortale” non era solo una delle sue battute, dunque, perché se è vero che l’ironia, mai come in questo caso segno d’intelligenza profonda, è stata la cifra distintiva di Elio, debordando continuamente in tutti i registri viciniori (dal comico al grottesco) – “Che pagliaccio!” gli ho detto tante volte scherzando, quando ‘esagerava’, per sentirmi rispondere invariabilmente: “Non pagliaccio, clown, prego!” -, è anche vero che non avere avuto paura di vivere, come ha ammesso più volte, l’ha reso immortale fin dall’inizio. Non solo in quanto Artista, ripeto, ma in quanto uomo, innanzi tutto, e come tale sempre curioso della realtà, indagatore di tutte le sue manifestazioni e cultore della memoria: letteralmente un umanista, perciò, e letteralmente uno scienziato.
Tra una battuta e l’altra, perché “Radio Malena” era sempre accesa e senza il pulsante di spegnimento, gli ho sentito spiegare a cena, aiutandosi con qualche schizzo sulla tovaglietta del ristorante, il significato dei due cortei del fregio del Partenone - quesito irrisolto per i luminari - con la naturalezza di chi c’era e del progetto di quell’edificio aveva ragionato con Fidia stesso, lasciando a bocca aperta il professore svizzero di chiara fama, lui, Elio, autodidatta del greco antico e di tutte le lingue morte, perché nulla è morto finché qualcuno lo ricorda e lo legge con gli strumenti dell’intelletto.
E che dire di Achei e Troiani che, dopo le domande rituali: “Chi sei? A chi appartieni?” – le stesse che ancora si fanno nella Calabria profonda – letteralmente si prendevano a pietrate?! Il tempo non esiste quando si capisce che non c’è differenza tra l’oggi e 3000 anni fa, che l’uomo è sempre uguale a se stesso, con uguali pregi e difetti, e che per questo i poemi omerici hanno già detto tutto quello che c’è da dire sugli esseri umani, la loro lotta impari contro il destino e l'effimera immortalità (unica possibile) data dalla fama raggiunta attraverso le azioni.
È stato anche 'pittore funerario', Elio Malena, per necessità e per convenienza, offrendo il contesto cirotano alla sua abilità occasione di cimentarsi nelle cappelle cimiteriali assai più spesso che negli edifici pubblici, ma l’artista è tale qualsiasi cosa faccia, che affreschi la Sistina o realizzi un gettone ricordo per la sagra della sardella. Conoscendo lui ho conosciuto Raffaello, Michelangelo, Caravaggio, e Preti, e tutti gli artisti veri dal Rinascimento in poi, ho capito la loro infinita autostima che diventa anche implacabile antagonismo, l’abilità di assecondare la committenza esprimendo, in realtà, nel registro più personale, inaccessibile alla massa, la propria visione del mondo e il fardello della verità profonde, in gran parte pre-cristiane, di cui si sentivano portatori.
La porta bronzea della Chiesa di San Cataldo è il ‘manifesto’ di Elio Malena ‘scultore magno-greco’, ma quanti l’hanno capito?
Molti l’hanno conosciuto pittore o scultore o restauratore o poeta ma Elio eccelleva in tutte le arti liberali perché era un intelletto superiore, punto, che il caso ha fatto nascere a Cirò Marina, croce e delizia della sua esistenza. Solo lì, di un uomo che è stato la prova vivente dell’intuizione di Charles Baudelaire che: “Bisogna sempre essere ubriachi… di vino di poesia o di virtù, come vi pare… per resistere al tempo”, si poteva credere che avesse scelto la prima. Osare, superare i propri limiti e quelli del tempo, gettandosi entusiasta in ogni nuovo progetto, e sentirsi in intima comunicazione con l’umanità precedente oltre che con la contemporanea è stata la sua grazia. Possono farlo sono gli immortali.
Se ne va a 50 anni dalla scoperta dei Bronzi di Riace, ironia della sorte, “e qualcuno dirà che c’è un modo migliore”.
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