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lunedì 31 marzo 2014

§ 069 310314 DELLE STRADE FERRATE IN CALABRIA, G. Paravicini (1867).

   ''DELLE STRADE FERRATE IN CALABRIA'' è una relazione redatta da Guido Paravicini, 'dottore in matematica', apparsa sul fascicolo di maggio 1867 del  Giornale ''Il Politecnico''. Cosa dire di un lavoro, se così vogliamo chiamarlo, di tale fatta? Vi si legge un inaspettato miscuglio di sciocchezze e di note condivisibili. Se potevamo muovere degli appunti a Norman Douglas per qualche suo accenno altezzoso o schifiltoso, da snob britannico, cosa dire di uno studioso del neonato Regno d'Italia (siamo nel 1867), di un italiano - forse un convinto lombrosiano - che denigra con tanta convinzione quella parte di nuovi sudditi del Regno che abitano quelle plaghe selvagge che formano ''le Calabrie''?
   Il motivo del contendere è, come si può facilmente intendere, l'opportunità o meno di costruire linee ferroviarie nella penisola calabrese, e, in caso di risoluzione positiva, la scelta dei tracciati, con particolare riguardo agli interessi ed appetiti che gli appalti per la costruzione delle linee stesse avrebbero scatenato.
   Come si può vedere, il signor Paravicini è sulle prime totalmente contrario alla costruzione di strade ferrate in Calabria (ma anche nella desertica Sardegna e in Piemonte, relativamente alla linea da Alessandria a Savona che risultava, a suo - insindacabile? - parere, un inutile raddoppio della linea dei Giovi); successivamente egli si rassegna a sconsigliare la costruzione di una linea che congiunga Taranto a Reggio 'per Cotrone', a vantaggio della linea interna e tirrenica. Non mancano le note sensate, ma quelle stonate inficiano tutto il contesto generale: in pratica è inutile costruire una ferrovia in una zona depressa e per popolazioni che vivono praticamente allo stato selvaggio, quasi cibandosi di radici o giù di lì... altro che vie di comunicazione come volano di sviluppo! Ritengo che le idee (!) di personaggi del genere, quando operanti per conto delle istituzioni, possano essere grandemente nocive, tant'è, sempre secondo il Paravicini, che i calabresi avrebbero dovuto viaggiare e commerciare per mare, ammesso che ne avessero sentito il bisogno, ché di motivi, trattandosi di persone per natura non industriose, non sembravano sussisterne... 
   Una 'relazione' simile, prodotta nel 1862 su determinazione del Consiglio Provinciale di Calabria Citeriore si può leggere a questo indirizzo: 
Sulla Ferrovia Calabra relazione della commessione nominata dal Consiglio Provinciale della Calabria Citeriore 1862 qui però siamo di fronte a qualcosa di più serio, meditato, anche se 'di parte': i politici cosentini, cercando di affermare i propri interessi, mirano a far prevalere la tesi che prevede il passaggio della strada ferrata 'per linee interne', ciper Cosenza, dopo aver attraversato la valle del Crati e poi quella del Savuto.
   L'importanza delle ferrovie, a quell'epoca, era straordinaria, per motivi economici, di rottura dell'isolamento, di semplice prestigio, addirittura di puro diletto, come si può leggere alla fine del testo... che è lungo di per sé, e quindi non aggiungo altro, tranne che la ferrovia 'da Taranto a Reggio, per Cotrone', fu realizzata, con buona pace del Paravicini... come sia andata a finire, dopo circa un secolo e mezzo, ognuno lo può verificare da sé... Buona lettura.




   Il Ministro dei lavori pubblici ha presentato alla Camera dei Deputati un progetto di legge col quale domanda l'autorizzazione di stipulare colle Società delle Strade Ferrate Calabro-Sicule, Romane e Meridionali una convenzione per il riscatto delle rispettive concessioni convertendone i titoli in rendita di debito pubblico. Questa misura, che per moltissimi motivi, di cui qui non è il luogo di discorrere, ne pare molto saggia, mette lo stato nella piena ed assoluta libertà di disporre come crederà meglio rispetto a queste vie ferrate, libero cioè di rimutare le reti già stabilite od integralmente o parzialmente a seconda di quei suggerimenti che saranno forniti dalla esperienza fatta in questi ultimi anni, ed anche, diciamolo pure, da un esame più accurato ed illuminato di quello che si volle premettere alla determinazione dall'andamento di alcune delle nostre linee.
   In una occasione tanto importante e che bene usufruttata può essere origine di numerosissimi vantaggi al paese ne pare il caso di richiamare l'attenzione di esso sopra argomento cosi vitale. Nè con ciò fare crediamo menomamente di venire dicendo cose nuove e che già non siano sorte nella mente dei nostri uomini di stato, di mille gradi a noi superiori e per ingegno e per pratica in materia, ma vogliamo solo enunciare cose che non ancora si sono dette al pubblico, al quale pur alcuno deve dirle perchè si corregga di un difetto e di un errore che tornavano già in molti casi dannosi assai all'erario nazionale. Il difetto sta nell'eccessivo amor di campanile che alle volte alleandosi alle avide brame del privato interesse induce nell'erronea conseguenza che sia tutto guadagnato alla propria provincia ed al proprio villaggio quanto si fa profondere al governo sul territorio di quella o di questo, senza curarsi se la spesa sia realmente necessaria e produttiva, o se piuttosto, come innumerevoli esempj additano, non venga ad aggravare il bilancio dello stato poco o nulla giovando a quegli interessi locali che si intendevano favorire. Da questo difetto dal conseguente errore ne nacque quella ressa di domande insistenti ed indiscrete che ognuno si crede in diritto di rivolgere al governo perchè il suo comune sia dotato della tale o tal altra opera pubblica del tale o tal altro ufficio. All'indiscreto domandare troppo compiacentemente ascoltato per diversi moventi dai nostri governanti da che il regno d Italia esiste, si deve, se ben esamineremo ascrivere in parte il dissesto finanziario in cui pur troppo ora versiamo Ad esso, per citare qualche esempio a tutti noto, va attribuito quello enorme sproposito che fu la concessione di una rete di ferrovie nella poco men che deserta Sardegna e nella penisola Calabrese per nulla adatta a questo genere di opere; ad esso lo sconsigliato disegno di rivalicare di nuovo l'Appennino nella direzione di Savona poco lungi ed a scapito della già aperta via dei Giovi. Perchè questi errori si facciano meno frequenti è tempo di incominciare a segnalarne al pubblico alcuni e fatti e predisposti perchè i primi servano di esempio, i secondi in quanto si possa abbiano a correggersi. Con ciò si renderà meno difficile la giusta resistenza di chi siederà al potere offrendogli un valido appoggio nella opinione che si verrà formando nelle masse.
   Per cominciare dall'una di queste opere, che a nostro giudizio, approfittando del riscatto accennato di sopra, si deve assolutamente ommettere dal fare, parleremo della arteria Calabrese, di quella cioè che da Taranto per Cotrone mette capo a Reggio.
   Avanti tutto diremo che una strada ferrata in Calabria ne pare cosa affatto inopportuna finchè quel paese perdura nelle presenti condizioni economiche e sociali. A chi conosce la località questa verità risulta evidente senza bisogno di dimostrazione; per chi invece non ha percorso quelle provincie diremo esservi la popolazione scarsa, non ricca nè industriosa. sicchè vive stentatamente dei prodotti delle terre, cui per giunta assai male coltiva. Una popolazione di questo genere è per sua natura sedentaria, siccome mancante di quegl'impulsi al viaggiare che sono il commercio e l'industria, ed invece legata alla propria dimora delle occupazioni agricole che più di ogni altra fissano al suolo che ne forma l'oggetto. Per di più le cattive condizioni economiche di queste popolazioni, cattive condizioni che sono appunto il frutto della mancanza di industria e di operosità, ostano materialmente a che il calabrese viaggi con una frequenza anche assai limitata, visto che al viaggiare così gli manca l'impulso del bisogno come i mezzi pecuniarj per poter seguire quest'impulso pur dato che vi fosse. Aggiungete a ciò una coltura assai scarsa che gli toglie quello stimolo che mette tanta gente per le strade in altri paesi, il desiderio cioè di istruirsi, e vedrete se si può aspettarsi che in Calabria vi sia un movimento di qualche rilievo. Questa conclusione, derivante da un ragionamento che pure non potrebbe tutti convincere, ebbe una dimostrazione palmare ed irrefutabile dal fatto. Il Com.e Guicciardi, allora quando era Prefetto di Cosenza, volle aver qualche dato sul movimento che aveva luogo sulla via nazionale Calabrese, quella cioè che da Reggio per Cosenza, Lagonegro ed Eboli conduce a Salerno e Napoli, che costituisce la vera arteria della penisola e dovrebbe per conseguenza avere il maggior transito. Istituite le osservazioni dal chiaro Ing. Caimi sul tronco da Cosenza verso Catanzaro ed in prossimità alla città di Cosenza, che pur deve essere cagione di un certo movimento locale come capoluogo di provincia, ne risultò che il transito si limitava in media a sei veicoli al giorno. Questo eloquentissimo risultato non ha bisogno di commenti. La configurazione speciale poi della Penisola Calabrese mette il problema dei trasporti in una condizione affatto eccezionale e radicalmente diversa dall'ordinario Qui abbiamo una lingua di terra assai ristretta che nei punti di maggior larghezza misura appena cento chilometri dall'un mare all'altro, occupata nella sua parte centrale da montagne elevate e quasi dovunque offrente un terreno rotto e solcato da molti corsi d'acqua sicché riesce assai mal agevole lo stabilirvi una ferrovia. Egli è evidente che per le accennate condizioni topografiche non potremo situare la ferrovia che sul lido del mare dall'uno o dall'altro lato della Penisola ed anche in tale poco favorevole giacitura la spesa di costruzione non sarà punto lieve. Tanto per accedere alla via ferrata che per imbarcarsi sui navigli, le persone e le merci dovranno percorrere sulle vie ordinarie un certo tratto che sarà il più delle volte a vantaggio e raramente a danno della via marittima e quindi la prima non potrà facilitare il movimento scemando il rotaggio che per pochi e parzialissimi casi. Considerata poi la superiorità incontestabile che quest'ultima presenta per la economia dei trasporti in confronto della via ferrata, è certo che per il nostro caso speciale di Calabria la lotta fra di esse riescirebbe impossibile nelle condizioni attuali delle provincie considerate. Giacchè il viaggiare sulle rotaje non avrà che il vantaggio della sicurezza e speditezza in confronto del viaggiare in vaporiera; ora questi vantaggi non ponno essere anteposti al sensibile maggior dispendio della piazza nel vagone che da popolazioni ricche, colte ed industriose quali le Calabresi pur troppo non sono. Più avanti dimostreremo con cifre la esattezza di questa conclusione. Con ciò non crediamo sconfortare i Calabresi che crederanno, come molt'altri trovare una panacea a molti loro mali nel veder correre la locomotiva presso i loro casolari; vogliamo solo far loro apprezzare più giustamente il magnifico dono che lor fece natura collocandoli fra due mari, dono che opportunamente utilizzato saprà rimpiazzare la ferrovia senza l'enorme spesa che occorrerebbe per aprirla. Infatti ove ogni centro di popolazione o di produzione dista non più di sessanta chilometri da un punto d'imbarco a che prò la ferrovia che è dimostrata non poter lottare con vantaggio sensibile colle strade ordinarie che sopra a percorrenze forti e superiori alla massima sopra indicata? 
Ma si potrebbe rispondere che le strade ordinarie non esistono ed i porti e gli imbarchi sono quali natura li creava e non più. E qui sta appunto il campo di operosità delle Calabrie e quanto giustamente ponno domandare al governo. Dall'apertura delle vie ordinarie e dal miglioramento dei porti deve solo aspettarsi quella economia e facilità dei trasporti dai quali a ragione la Calabria si aspetta il proprio rifiorimento economico e che erroneamente si volle domandare ad una ferrovia. Aprite strade inghiaiate, gettate moli e ponti sporgenti d'imbarco e farete lavoro utile non improduttivo quale quello di una ferrovia, in paese dove non si viaggia abbastanza da dar sufficiente lavoro a quell'immensa macchina che è una strada ferrata e dove già si può viaggiare assai più speditamente ed economicamente salendo sul ponte di una vaporiera. E qui, se alcuno ne opponesse che le opere pubbliche da noi propugnate costeranno quanto una ferrovia e forse più, diremo che le ordinarie fatte con senno e dirette da personale intelligente ed onesto a pari estensione, toccheranno ordinariamente il ventesimo e saliranno raramente al decimo della spesa che si deve erogare per una via ferrata e che i luoghi d'imbarco quando si adottino i ponti sporgenti in ferro di cui cosi numerosi esempj offre la costa inglese della Manica si potranno in moltissime località stabilire con non troppo grave dispendio. Tutte poi le opere che da noi si suggeriscono debbono egualmente farsi anche aperta che sia la arteria ferroviaria, perchè le strade ordinarie sono indispensabili per il movimento locale interno ed anche per accedere alle stazioni, e ciò molto più in Calabria dove le popolazioni stanno aggruppate sulle vette dei colli, ove la ferrovia non può essere avvicinata e donde ben lieve vantaggio ricaverebhero dal veder transitare i convogli nel sottoposto piano se non avessero modo di agevolmente scendere e trasportarvi le loro derrate. I porti poi necessitano per l'imbarco delle produzioni del paese che per la massima parte diretto al continente europeo ed alla Gran Bretagna non cesseranno mai dal preferire la via del mare.
Ammesso quanto abbiamo ripetuto fin qui che di strade ferrate per ora in Calabria non si debba costruirne, e lasciando a chi spetta di stabilire quale partito si debba cavare dai lavori già eseguiti che ne pare si dovrebbero adattare ad una via nazionale opportunissima sotto a tutto i rapporti, passeremo a considerare se, venuto il tempo di dotare la Calabria di una rete ferroviaria, il tracciato prescelto ora lungo il littorale del Ionio sia il più conveniente per lo scopo che si vuole raggiungere e quale per conseguenza abbia ad essere l'andamento di quella ferrovia che pur deve essere contemplata dal governo, onde preordinarvi i tronchi prossimi e gli altri lavori da eseguirsi immediatamente, benchè se ne rimetta la costruzione ad un'epoca di maggior floridezza e per la nazione e sopratutto per le Calabrie.
Forse qui si obbietterà che la via da Taranto a Reggio può avere utilità militare in caso di guerra marittima; ma esposta in quasi tutto il suo percorso al cannone di un nemico che fosse padrone del mare poco può contribuire alla difesa del nostro territorio. Per questo caso gioverà piuttosto predisporre un buon sistema di strade ordinarie che permettano di concentrarsi nell'interno e di là calare in massa a respingere chi tentasse occupare un punto qualunque del litorale.
La rete ferroviaria Calabrese quale fu stabilita nella legge di concessione, è costituita di una linea che seguendo il litorale del Ionio, va da Reggio a Taranto con una diramazione dalle foci del Crati a Cosenza. Questa rete si imbranca e forma sistema per i trasporti colla linea in progetto dalle foci del Basento a Potenza, Eboli e Napoli e coll'altra ormai compita da Taranto a Bari. Sarà, avendo di mira le linee ultime accennate colle lunghezze loro assegnate dalla Commissione parlamentare, che riferì sull'ultimo riordinamento delle ferrovie del Regno, che noi verremo trattando delle percorrenze dei trasporti. Premettiamo che gli scopi a cui si mirava colla costruzione della linea da Reggio a Taranto erano: facilitare le communicazioni delle Calabrie e della Sicilia col restante d'ltalia; favorire come sempre gli interessi delle provincie attraversate, cioè delle Calabrie. Ma sgraziatamente questi scopi non sono che imperfettissimamente raggiunti, come entriamo a dimostrare.
(omissis) dopo aver esposto gli esempi del caso ed essere pervenuto alla conclusione che ''Si può quindi conchiudere senza tema di errore che la ferrovia non trasporterà una sola tonnellata di merci da Napoli alla Sicilia, e ben pochi passaggeri ed anche questi nelle stagioni meno buone soltanto'', il Paravicini espone ''la preferenza da accordarsi ad un tracciato sul versante del Tirreno, piuttosto che su quello del mar Jonio'', basata su tre motivi così individuati - e spiegati nei tre relativi punti del testo -:
1° Maggior brevità della linea (la tirrenica);
2° Maggior densità della popolazione (dei comuni attraversati dalla ferrovia tirrenica);
3° Maggior opportunità per gli scambj col restante d'Italia all'infuori di Napoli. 
(omissis) e veniamo alle conclusioni del Paravicini, che dice:
   Riassumendo tutto quanto abbiamo detto possiamo ripetere:
a) Che per ora di ferrovie in Calabria non se ne deve fare, lavori utili e produttivi non potendo essere che le strade ordinarie ed alcuni miglioramenti ai porti di mare. I soli interessi delle somme risparmiate colla sospensione dei lavori delle strade ferrate ponno bastare a promuovere energicamente le opere da noi appoggiate, visto che questi interessi saliranno ad oltre otto milioni all'anno, rappresentano cioè cinquecento chilometri di strade ordinarie, senza tener conto dei sussidj che si ponno imporre alle provincie e ai comuni.
b) Che aperte le strade comuni e sviluppatosi un maggior movimento commerciale in paese, la ferrovia che tornerà utile alle Calabrie sarà quella che segue il littorale del Tirreno; l'altra lungo il Jonio essendo in ogni modo da abbandonarsi affatto.
  Anche la ferrovia del Tirreno gioverà farla a tronchi di mano in mano che ne risulterà dimostrata la convenienza, ma i debbono essere costrutti partendo da Eboli e procedendo verso Reggio e non già a ritroso come si è fatto fino ad oggi per errore interamente inesplicabile. Partendo da Eboli la strada è subito utilizzabile e facilmente esercitata come prolungamento di linea maggiore che parte da un grosso centro. Partendo da Reggio non può giovare a niente e rende 10 o 12 lire per chilometro alla settimana come accade sul tronco da Reggio a Lazzaro, che costerà nello stesso periodo di tempo non meno di mille in ispese d'esercizio. Il risultato pratico qui come sempre, è la più forte prova dell'errore commesso, ma nel caso nostro in tale proporzione da obbligarci veramente a stigmatizzare chi con tanta leggerezza se ne è fatto autore. Per una sciocca passione politica di popolarità, per accontentare le puerili impazienze di alcune cittaduzze che volevano avere il trastullo di veder correre una locomotiva, si sono iniziati lavori ferroviarj, gli uni staccati dagli altri, inutili tutti ed anzi peggio che inutili perchè consumano somme ragguardevolissime per essere tenuti aperti all'esercizio. Così però, Messina, Reggio, Palermo, tutte ebbero il loro piccolo tronco sul quale farsi trasportare a sollazzo nei giorni festivi. Ma questo sollazzo per sè stesso innocentissimo quanto costa alla nazione? Non mi accingo a farne i conti perchè temo spaventare il lettore; certo ben caro. Se tutti gli sforzi si fossero invece concentrati sopra a quell'unica strada che ha per la Sicilia una importanza veramente reale sotto a tutti gli aspetti e politici e militari ed economici, sulla traversa da Palermo a Catania, quanto maggior utile ne avremmo ricavato!  
Un ostacolo forte alla soppressione della linea da Taranto a Reggio sarà fatto da chi ne tiene l'appalto di costruzione, ma se il governo vuole potrà ridurne le pretese a limiti ragionevoli, giacchè la sola minaccia di obbligare la Società Concessionaria ad adempiere i proprj impegni e quindi a dichiarare quel fallimento che in oggi è interamente compiuto, basterà a far raffreddare qualunque troppo ardente cupidigia.
Il testo integrale si può leggere a questo link:
http://books.google.it/books/about/Delle_Strade_Ferrate_in_Calabria.html?id=cPvYmgEACAAJ&redir_esc=y

1 commento:

  1. La Calabria,fra i tanti torti,sconta,ancora oggi,il premeditato pregiudizio di "profeti" vecchi e nuovi che ne hanno condizionato lo sviluppo.L'indolenza colpevole dei suoi figli continua a fare il resto.Il blog,e il suo ideatore,li documenta incofutabilmente.

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