Un nome alquanto irrituale, 'Gian Teseo', al punto che è diventato, in cirotano, 'Centessèi', come la strada che passa per Cirò Marina... e hai voglia di scervellarmi, quando ero bambino, su come mai ci fosse qualcuno che portava lo stesso nome di una strada statale... e lo stesso cognome di un umanista, ma questo l'ho scoperto dopo.
Trattandosi di una storia della letteratura le notizie relative al Casopero sono alquanto ristrette, ma comunque interessanti. Cosa aggiungere? Che l'umanista cirotano discendeva da famiglia salentina, se può interessare, ben radicata a Cirò e anche a Cirò Marina, con una e soprattutto due 'pi', Casòppero, e che esiste anche, secondo tradizione ormai in disarmo, anche un 'chiru 'e Casòppiru'... ma di queste indicazioni localistiche mi riprometto di parlarne un'altra volta...
Prima di passare alle pagine del Piromalli, occorrerà forse ricordare - o premettere - che
l'ambiente letterario della prima metà del cinquecento, in Calabria - a
Cosenza, per meglio dire - è assolutamente degno di nota, grazie
all'impegno e all'opera di letterati quali Aulo Giano Parrasio,
fondatore dell'Accademia Cosentina, Antonio e Bernardino Telesio,
Quattromani, Franchini... intellettuali che già allora si sparsero per
varie parti d'Italia - Milano, Parma, Venezia, Roma, e ovviamente Napoli
- per esercitare il loro apprezzato magistero.
Quelle che seguono sono le note relative a G. T. Casopero, tratte da 'La letteratura calabrese' di Antonio Piromalli, Guida editori, Napoli 1977.
Al discepolato ideale del Parrasio appartiene Giano Teseo Casopero, nato a Cirò il 10 aprile 1509. Studiò a
Rovito, sotto la guida di Niccolò
Salerni che dopo avere insegnato a Roma, Pavia, Napoli, era ritornato in patria. Il Salerni insegnò il latino a Casopero il quale fu avviato dai familiari allo studio
del diritto. Sul Casopero ha
scritto una equilibrata, monografia
Gregorio Cianflone*, il quale ci
informa dell'amore di Casopero per Fastia, una donna sposata,
dell'amicizia con Antonio Telesio e Luigi
Giglio. Nel 1532 il Casopero si reca
a Napoli dove incontra i cosentini
umanisti colà dimoranti, Franchini, Telesio, i Martirano, quindi, imbarcandosi
a Crotone, va a Padova per studiare legge. A Padova ebbe come maestri Mariano Socino e Giovanni Antonio De' Rossi,
ma continuò a coltivare gli studi umanistici tenendosi stretto, nelle sue prose, a Cicerone, intorno alla cui prosa fervevano in quel tempo vaste controversie. A
Padova conobbe anche Paolo da
Montalto, calabrese di Squillace, che sarà il suo primo biografo, in quella città sì laureò nel 1537
ma dopo tale data mancano altre notizie di Casopero né sappiamo quando e dove sia morto.
Il Casopero scrisse gli Amores per Fastia (1535),
Sylvae (1535) contenenti elegie, epigrammi, compose
anche epistole, orazioni e
due carmi politici. Virgilio e Tibullo si avvertono dietro il giro ritmico delle Sylvae,
talvolta Ovidio. Indubbiamente gli aggettivi esornativi sono convenzionali e letterari, si avverte che i com- ponimenti appartengono alla
letteratura e non alla poesia ma l'esercizio letterario è dignitoso, fa
parte di un devoto amore verso l'umanesimo come eleganza di
atteggiamento spirituale di fronte alla vita. Nella letteratura
umanistica è difficile ritrovare profondità di visioni e ricchezza di
idee; l'umanista pare appagarsi della bellezza formale che alita sui versi, di
solito c'è nel poeta la capacità di comporre un quadro
sereno, di effondere sentimenti lievi e misurati. Ma
l'imitazione formale restringeva in confini limitati la libertà
espressiva. Si osservi lo sguardo di contemplazione del Casopero che descrive la pace
raggiunta dopo il
trattato di Cambrai:
Vir
mulierque canat, sensibus sociata juventus
argutum
pulset festivo sedula plectro
barbitum, ad astra poli numeros
jactetque canoros,
perque domos et templa deum predivite
luxu
fulgida sternantur rutilis aulaea
figuris.
Casopero negli Amores canta una figura di donna inquadrata in un piccolo mondo paesano, una
figura di donna bella per i capelli biondi e gli occhi neri, le labbra rosse. Da Fastia sembra prendere luce ogni cosa:
Panditur et mundi facies, oscuraque
cedunt
nubila,
quumque profers, Fastia, poste caput;
clauditur atque atra nitidum caligine
coelum
tecta
refers intra cum tua mox faciem.
A Fastia che si reca al santuario di
Loreto per implorare la guarigione
del padre il poeta invia gli auguri di un felice viaggio, certamente difficile mentre i Turchi
infestano le coste della Calabria.
Nei libri degli Amores Casopero sa esprimere in semplici versi sentimenti di amore appassionato
ma anche contenuto e riesce
a rendere situazioni concrete e vicende minute in modo da comporre un
canzoniere garbato e non indegno di avere un suo piccolo posto fra quelli dei contemporanei.
*G. Cianflone, Casopero e gli umanisti calabresi e veneti, II ed. Napoli 1955.
Caro Cataldo,
RispondiEliminacito la tua frase, riferita alla rivista "Calabria sconosciuta":
[...]spero che questo loro impegno non sia vano e che venga in qualche modo premiato[...], per
dirti che ora c'è un calabrese, anzi un "cirotano" in più (io), che la conosce... grazie al tuo impegno.
E sono sicuro di essere in buona compagnia...
Infatti,se è vero che,(cito un'altra tua "sfiduciata" considerazione), a "cantartela e suonartela" sei da solo,sono
certo che ad "ascoltarti", ossia a leggere i tuoi post,siamo in tanti a dispetto dei pochissimi (sia pure autorevoli)
commenti che sinora hai ricevuto.
D'altra parte, e qui il discorso sarebbe lungo, pur volendo, (almeno per me), risulta difficile commentarti:
sia per i contenuti (troppo alti per quel che mi riguarda), sia per la tua "vulcanica attività":
Non si fa in tempo a finirti di leggere che c'è pronto dell'altro!
Quindi anche chi, a differenza di me, è all'altezza del compito si trova un po' spiazzato.
Tuttavia, come ho avuto modo di fare in privato, ti esorto a continuare e a non farti
"sfiduciare" dalla "quantità" dei commenti. Insomma voglio dirti in breve:continua così!
Perché il tuo impegno non è tempo sprecato.Posso assicurarti che conosco amici che ti
seguono con assiduità e ti leggono con piacere. Per contarli bastano le dita di una mano,ma spesso,e
tu lo sai benissimo,quel che conta non è la quantità ma la qualità.Ne hai avuto ampia dimostrazione
anche nel tuo blog.
A buon intenditor... stammi bene. Peppe.
P.S.
Questo commento l'ho scritto facendo violenza al mio carattere che ben conosci ...
Ma l'ho scritto in veste di lettore franco e disinteressato e non in quella di fratello maggiore.
Spero tanto che non venga letto neppure dai tuoi "quattro" lettori,che sono poi anche amici miei,per
l'imbarazzo che ciò mi procurerebbe... ma ho ritenuto giusto farlo, (al diavolo la riservatezza...) come un atto dovuto.
Un commento molto gradito, Peppe, e se sei tu a dirmi che è imparziale, ti credo senza remore. Anche tu mi hai insegnato tante cose, e, da ultimo nato della famiglia, spesso mi è bastato solo osservarti. Tranne che con la matematica...
RispondiEliminaUn abbraccio,
Cataldo.