Atanasio Mozzillo, Cronache della Calabria in guerra, ESI, Napoli 1972, 3 voll.
Sempre confidando nella liberalità dei detentori dei diritti d'autore (a cancellare tutto ci vuole comunque un attimo), presenterò qui ai miei quattro lettori, che per pura concessione amicale forse leggeranno, uno dei migliori libri, tra quelli che ho potuto sfogliare, che parla di Calabria, e precisamente di quel periodo che va dal 1806 al 1811, cioè il primo lustro del cosiddetto 'decennio francese' (il nostro Pugliese, qui mai citato, lo chiamava spesso 'dell'occupazione militare'), quando i napoleonidi si spinsero fino in Calabria ad occuparla, col successivo tentativo di sottomettere -'normalizzare' diremmo forse oggi- i suoi riottosi abitatori (che è termine semanticamente diverso da 'abitanti' e che uso non a caso). Sono tre volumi, per complessive 1400 pagine circa, che compongono un'opera di grande valore, almeno secondo il mio molto 'secondarissimo' parere, apparsa nel 1972, a Napoli, per le Edizioni Scientifiche Italiane, quale secondo volume della 'Biblioteca delle Due Sicilie', con una tiratura di soli 1400 esemplari: opera quasi introvabile, e costosa, senz'altro, ma una 'miniera' di informazioni un prezzo deve pure averlo.
Oggi vedo un fiorire, soprattutto a mezzo 'social', di ardimentosi difensori delle ragioni del Sud (che esistono, sia chiaro) che troppo spesso si fermano però agli slogan alimentati da certa fortunata pubblicistica (ho chiari certi personaggi, ma non eviterò di citarli, poiché di 'sti Spaturnati che mangiano alle spalle dei vari Rocchi non voglio nemmeno saperne.
Studiare prescinde dagli slogan e dalle frasi fatte, dal lamento spesso immotivato così come dai tripudi sconclusionati. La storia del Sud non è ancora stata scritta, quella delle Calabrie ancora meno, e forse non lo sarà mai più, a causa della progressiva sparizione o voluta eliminazione delle prove documentali, e forse sarà una storia, se mai lo sarà, riscritta ad arte, inficiata da quella cancrena che è, verso la storia, l'accondiscendenza alla partigianeria, alla faziosità, e, nel caso della Calabria come di buona parte del meridione, segnata da quella spinta, truffaldina e odiosa, interessata a convincere le fasce sociali in condizioni più disagiate che il loro stato di sofferenza nasca dalla cattiveria altrui e da una immeritatissima malasorte. E' quello che fanno i 'padroni' da tanto tempo: infinocchiare i più deboli, la massa da accattivarsi.
In altre occasioni, su questo blog, ho rovistato tra le notizie storiche che parlano della altrui percezione della calabresità, cioè delle radici della avversione verso gli abitatori delle terre di Calabria e verso coloro che ne provengono o ne hanno tratto origine.
Questa storia dell'avversione verso il calabrese contempla un filone lunghissimo, dà luogo ad una storia che ha mille aspetti e sfumature, che implica mille aspetti, sociologici, antropologici, economici, culturali... dai calabresi torturatori di Cristo, a Giuda che sarebbe originario di Scalea ('iscariota'!), fino ai calabresi con la coppola e il mitra, assassini, stupratori, sessualmente perversi, cancrena nazionale e mondiale con l'esportazione della ndrangheta e l'import-export della droga e delle armi, passando per la letteratura del Siglo de oro spagnolo... diciamo che non ci fanno mancare nulla: al più, a molto parziale consolazione, certo non a ristoro di tanto danno, ci viene concessa qualche pacca sulle spalle, un riconoscere che sti animali, in fondo, se adeguatamente educati, se bene indirizzati.... e vabbò! Per inciso, la discriminazione verso i calabresi non è un fenomeno che alberga solo negli animi degli altitaliani, ma degli altri italiani, direi, e, in misura più o meno pervasiva, attanaglia pure la ragione (fragile, in vero) di molti altri meridionali, isole comprese: il mulo calabrese, la testa di mulo calabrese, appaiono spesso anche nel teatro e nelle lettere della vicina Sicilia, nostra sorella per tanti versi... quasi tutti.
Vedi anche (se vuoi, venzammà Ddìj...)... ci sarebbero altri links sul blog, ma mi scoccia cercarli.
Per ora mi fermo qui, con la segreta speranza di non aver fatto cosa del tutto inutile o sgradita.
Cià, letto'...
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