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domenica 14 dicembre 2014

§ 137 141214 Teresa Gravina Canadè, due ricette due...

Al raro lettore vorrei oggi propinare un doppio concentrato storico-gastronomico del quale sono debitore alla professoressa Teresa Gravina Canadè, del cui lavoro mi sono pregiato di parlare già in precedenza. Ho usato non a caso, in apertura, il termine 'propinare', con ambiguità di intenti - lo ammetto - il propinare essendo l'atto di rifilare con destrezza preparati velenosi o magici, come usa fare il cattivo dei film quando tali polverine lascia cadere con destrezza dall'anello nel bicchiere o piatto della vittima designata... per il 'doppio concentrato' cosa dire? Siamo in ambito gastronomico, no? Il doppio concentrato è un... estratto sottoposto a lunga ebollizione per aumentarne, in misura inversamente proporzionale alla diminuzione del volume, il potere nutritivo: a volte un doppio concentrato, di carne, pomodoro o quello che sia, è indispensabile per la buona riuscita di una preparazione alimentare o gastronomica... anche se magari qualche 'puritano' o 'purista' si sente autorizzato a storcere il naso.
Non so se sono stato fin qui abbastanza ambiguo... e magari lo fossi, dal momento che l'ambiguità, al pari della concinnità, è una qualità retorica alquanto rara, e lo dico nella speranza che infine si emendi la comune opinione dal ritenere la retorica qualcosa di negativo: essa è un'arte, un'arte raffinatissima dell'umana intelligenza.
Bene, fin qui credo si capisca poco o punto di quanto io stia dicendo, ma senza téma di fallare nell'intento che mi prefiggo, vi lascio alla sapienza della signora Gravina Canadè, alla quale pagherei volentieri le propine (che non significa 'propinare', bensì...) per i suoi doni linguistici 'di beltà rari'... e infine leggi, o sporadico lettore, le 'avvertenze' dell'autrice, quelle che in genere si saltano a piè pari: sono poche, indispensabili parole, per chi voglia avvicinarsi allo studio di lingue e dialetti. Devo dire che con il 'credo' dialettale della professoressa di Corigliano mi trovo perfettamente a mio agio: da autodidatta ho potuto comprovare la validità di molte mie intuizioni, tranne in qualche dettaglio di trascurabile entità... domanderò a Teresa, che ringrazio 'adduppricatu'.
Cominciamo con l'Introduzione a 'Una calabrese in cucina', ovvero con il 'doppio concentrato', per proseguire con quelle brevissime avvertenze, a chiosa (tuttattaccato) delle quali dico: troppo spesso, se non quasi sempre, il moto di avvicinamento dei non specialisti al dialetto è di una ordinarietà, di una sciatteria, senza pari: si tratta, in genere, di persone che ricorrono ad una sorta di 'captatio benevolentiae', strumentalmente tesa alla ricerca di una amabilità 'compaesana', che inficiano la serietà dei dialetti e della dialettologia, facendo un uso addirittura sguaiato dei segni grafici, ignorando in toto la scientificità, ad esempio, ma non solo, della trascrizione fonetica dei 'suoni', tutti più o meno perfettamente trascrivibili, appunto, a patto che si abbia la serietà di studiarli a dovere... cosa che io non ho fatto, per cui mi taccio.
Bene, dulcis in fundo, troverete la ricetta del mandorlato... se è come quello che ci ha fatto assaggiare l'amica 'Pina 'e Cariati' sarà di una bontà incredibile, purtroppo immediatamente evaporata a contatto dell'aria (e dei denti): amen!

                                                                         
 



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