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sabato 31 ottobre 2015

§ 179 311015 Luigi Siciliani su Liber Liber.

Con piacere, trovo Luigi Siciliani sul sito di Liber Liber, la piattaforma web che ospita libri scaricabili gratuitamente, i cui diritti d'autore sono ormai scaduti. E' un piccolo tassello, un'altra tessera che va ad arricchire il 'fruibile' psicroneo del grande mosaico della cultura italiana, quella cultura italiana di cui il Nostro, ad inizi Novecento, fu personalità eminente, non solo in campo letterario, essendo stato, il Siciliani, attivissimo anche in campo politico e  sociale. A lui il suo paese natale deve molto, a dispetto di quanti storcono il naso davanti al classicismo del poeta o alla adesione al fascismo del politico: visioni parziali, oso dire, e forse, sovente, meramente strumentali. Si può parlare di Luigi Siciliani tacendo della sua finissima erudizione, del suo vastissimo sapere, della sua perizia nel tradurre e della sua profondità critica, nonché del suo impegno nel sostenere e spronare l'archeologo Paolo Orsi nella ricerca, rivelatasi poi felice, del tempio/santuario della sacra Krimisa? Se sì, bene, non aggiungo altro: ad ognuno il suo, è uno dei compiti della storia. Quella che segue è la pagina introduttive del sito di Liber Liber, una nota sulla vita e l'opera di Siciliani, il traduttore, uno dei migliori, più fini, in assoluto, degli erotici greci... non solo il poeta del localmente (purtroppo) celebre verso 'noi che greci fummo chiamati, ma greci più grandi', insomma: un altro poeta, quindi, misconosciuto, cioè condannato ad essere sconosciuto ai più, ma deliberatamente. A questa 'damnatio memoriae', per parte sua, Liber Liber oppone un ostacolo, cioè la possibilità di accedere alla lettura.

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Luigi Siciliani (Foto dal web).
Luigi Siciliani nasce a Cirò (Catanzaro) il 15 febbraio 1881, da Mario e Antonietta Catanzaro. Frequenta a Roma il Collegio Nazareno, per poi laurearsi, presso l’ateneo romano, in giurisprudenza prima (1903), e in lettere poi (1904). Stringe amicizia con Luigi Pietrobono, rettore del Nazareno, e con Luigi Valli; entrato in rapporto con il Pascoli, ne diviene subito, oltreché amico, esegeta e commentatore. La sua prima opera pubblicata è difatti L’opera poetica di Giovanni Pascoli (Ravenna, 1904). Ma già da tempo scriveva poesie. Raccoglie la sua prima produzione lirica in alcuni volumi – Sogni Pagani (Roma 1906; Milano, 1912), Rime della Lontananza (Roma, 1906; Milano, 1912), Corona (Roma, 1907; Milano, 1912), Arida Nutrix (Roma, 1909; Milano, 1912) – di intonazione classicista, ma non senza inclinazioni neo-alessandrine e decadenti.
Nel 1907 il Siciliani sposa Ermelinda D’Angelo (ne avrà un figlio, Ferdinando), e si trasferisce a Milano.
Quivi svolge attività, oltreché letteraria (rilevante la sua collaborazione alla «Riviera Ligure»), politica, costituendo nel 1911, assieme a Gualtiero Castellini, un gruppo nazionalista e successivamente fondando e dirigendo, assieme a Carlo Peverelli, il settimanale interventista «Tricolore». Ma sono del 1909 le satiriche Poesie per ridere e una traduzione delle Lettere di una monaca portoghese; del 1911, una antologia di poeti di lingua inglese voltati in italiano, Canti perfetti (in seconda edizione, Poeti inglesi moderni, 1924); del 1912, L‘Amore oltre la Morte e altre Poesie, una traduzione dei Baci di Giovanni Secondo, e una Commemorazione di Giovanni Pascoli; del 1913, la raccolta Studi e Saggi. Nel 1910 era invece apparso un suo romanzo, Giovanni Francica (seconda edizione, 1974). Dello stesso periodo, una antologia per una «Biblioteca dei ragazzi», Il libro della Poesia, e la prefazione alla traduzione de La reliquia di Eca de Queiroz, che Gramsci ricorderà nei suoi Quaderni (la traduzione è opera, con lo pseudonimo Paolo Silenziario, della moglie del Siciliani).
All’entrata in guerra dell’Italia il Siciliani è volontario, e giunge al grado di capitano di fanteria. È dapprima in zona di operazioni, poi addetto alla Propaganda Nazionale presso il Comitato Supremo.
Nel 1918 raccoglie in volume alcuni scritti critici e polemici (I volti del nemico); nel 1919 è alla Camera dei Deputati, eletto in una lista di ex-Combattenti di Catanzaro. Rieletto nel 1921, fa parte del gruppo nazionalista. Nel 1922 è sottosegretario alle Belle Arti nel ministero Facta; ed è il solo, di quella compagine ministeriale, ad essere confermato nella carica dal nuovo premier Mussolini. Ma anche in questi anni, prevalentemente dedicati alla vita politica, il Siciliani scrive, e traduce, poesie. Pubblica nel 1919 la traduzione di due carmi di Rutilio Namaziano e di Claudiano (A Roma); nel 1920, le liriche di Per consolare l’anima mia; nel 1921 una lungamente preparata versione del V libro della Palatina (Erotici); nel 1923, L‘altare del fauno. La sua attività politica continua con la terza elezione a deputato nel 1924, ma lo stesso anno il Siciliani cade malato di nefrite; muore in Roma il 24 maggio 1925.
Luigi Siciliani è stato in amicizia, dimestichezza e carteggio, oltreché con il Pascoli (il quale gli ha dedicato alcune poesie ), con il D’Annunzio, con Guido Gozzano, Emilio Cecchi, Marino Moretti, Alfredo Panzini, Sem Benelli, Ada Negri, con il Borgese, il Bellonci, la Sarfatti, i futuristi Marinetti e Boccioni, e molti altri. Ha avuto, tra gli illustratori dei suoi libri, Alberto Martini e Duilio Cambellotti. Su di lui hanno scritto Domenico Oliva, Ettore Janni, Francesco Pastonchi, Ettore Romagnoli, G.P. Lucini, Ferdinando Paolieri, Emilio Cecchi, Sem Benelli, Goffredo Bellonci, G.A. Borgese (col quale poi ruppe l’amicizia), Piero Pancrazi, e, in tempi più recenti, Gianfranco Folena, Enrico Ghidetti ed Ennio Bonea. Nel 1977 l’Editore Einaudi ha ristampato Poeti erotici dell’Antologia Palatina, introduzione di Glauco Viazzi. Nel 1979, Enrico Ghidetti ha infine pubblicato, dopo l’anticipazione fattane nel lontano 1926 da Arnaldo Fratelli, Le lettere di Giovanni Pascoli a Luigi Siciliani (editore Sansoni): vi compaiono sessantotto scritti indirizzati da Pascoli al Siciliani. L’archivio Siciliani offre un vasto epistolario tra cui lettere di D’Annunzio, de Unamuno, Gozzano, Panzini, ecc.
Fonti:
  • Spartaco Di Bella, Luigi Siciliani, Tipografia fata Morgana, Reggio Calabria 1932.
  • Notizia, in appendice a Canti pagani e altre poesie classiche, All’insegna del pesce d’oro Milano 1982.
Note biografiche a cura di Paolo Alberti.
Quello che segue è il link per scaricare canti pagani e altre poesie classiche:

domenica 25 ottobre 2015

§ 178 251015 Scavo, restauro e musealizzazione del santuario dedicato ad Apollo Aleo, MBACT

''O Miscello dalle spalle strette, ti ama
il lungisaettante Apollo e ti darà una stirpe;
ma in primo luogo questo ti ordina,
di fondare la grande Kroton nelle belle pianure.
Il lungisaettante in persona ti parla;
ma fa' attenzione. Questo è il monte Taphios, non arato,
questa è Chalchis, questa la sacra terra dei Cureti. 
E queste sono le Echinadi.
E a sinistra un vasto mare.
Dico che così non ti può sfuggire il promontorio Lacinio 
la sacra Krimisa né il fiume Esaro.
O Miscello dalle spalle strette, cercando cose diverse dalla volontà divina troverai pianto.
Apprezza il dono che il dio ti dà.''
Diodoro Siculo, VIII, 17.


(immagine dal web)
 
    La relazione qui esposta è liberamente reperibile e fruibile in rete: si tratta di un documento ufficiale, nessun rinvenimento da esoteristi, quindi. La pubblico qui nella sua interezza a beneficio di quanti volessero - forse e purtroppo non di quanti, invece, vorrebbero - conoscere la situazione attuale dell'area sulla quale insiste il santuario di Apollo Aleo. Il congiuntivo 'volessero' e il condizionale 'vorrebbero' credo possano esprimere due differenti disposizioni cognitive non sempre coincidenti. I giusti, gli onesti desiderata, ove più ove meno - questioni di latitudine, anche - non sempre si realizzano, per fortuna 'in una parte più e meno altrove'. Qui siamo nel campo del meno, credo. Rimane sempre una via d'uscita, un compromesso: fingere di non capire, di non sapere, meglio ancora, di non vedere o illudersi di poter credere, in chi e in che cosa, questo non so dire. 
R. Carta, 1932.

    Da millenni gli dèi sono andati via da qui, da questa landa che lasciarono orba, desolata. Chi si occuperà di te, delubro di remote verità, tempio del dio della bellezza, non alieno alle belle arti e alla navigazione, Apolline Alaios, infinitamente gaio e bello, chi ti proteggerà, luogo del dio dell'intelligenza? 
                         
                                                           (immagine dal web) 
Ecco la relazione specialistica del MBACT, Ministero dei Beni e le Attività Culturali e del Turismo.






















sabato 17 ottobre 2015

§ 175 171015 Cambiano i crotoniatidi a Metaponto sul Basento.

'L'Histoire avec sa grande hache'... purtroppo in italiano non abbiamo una espressione corrispondente a quella francese: la Storia con la sua grande acca (lettera iniziale di 'Histoire), ma anche la Storia con la sua grande scure ('hache', fortunata coincidenza per francofoni). In Italia, vieppiù in Calabria, abbiamo la storia e la Storia, le storie e le Storie... tanto ricca, tanto depauperata è la Storia di Calabria: una grande ascia l'ha come disossata, resa quasi inerte, come i materiali che con i suoi monumenti è andata a fornire per successive, blasfeme costruzioni. La Storia di Calabria troppo spesso risiede in luoghi mai raggiunti o abbandonati al degrado, e ciò che si è salvato dalle selvagge ingerenze dell'uomo, quand'anche spacciate per esigenze di progresso, deve questa salvezza alla mancanza di interessi immediati, di brame ferine e intenzioni che sfiorano il luciferino. La Storia di Calabria è stata stuprata non dal tempo, ma dagli uomini, dagli uomini di tutte le etnie che nel grembo di madre antica di quella terra amara hanno mandato esauditi i loro bassi desideri, metaforicamente ma non troppo... In poche altre realtà dello Stivale le sopravvivenze della Storia sono state così barbaramente asportate e sottratte a qualsiasi funzione, fosse anche la semplice fruizione visiva, come qui. Altrove la Storia, pur non abbondando di memorie e sopravvivenze architettoniche, insegna: in Calabria questa funzione sembra non interessare più di tanto, anzi, troppo spesso rappresenta un problema, un ostacolo da aggirare, proprio da queste parti dove Luigi Siciliani declamava, in prevalenza, ahimè, al vento 'noi che chiamati fummo Greci, ma Greci più grandi'... e no, non basta vantare ascendenze di cotanta importanza, quando non mitiche. La Storia, a lungo andare, smette, finisce, diventa difficilmente reperibile, identificabile, rimangono le leggende, le storie, le storielle, le storiacce... quelle che troppo spesso ci identificano e condannano, quelle che troppo spesso noi calabresi non siamo stati e non siamo in grado di governare. 
Troppo comodo parlare di un grande passato, noi che non siamo più i 'motori targati Magna Grecia'  (Franco Costabile, mi pare), ora che l'industria europea e del nord si rivolge ad altri serbatoi di manovalanza da sottomettere. Ora non contiamo veramente più nulla, noi orfani della Megale Hellas.
Rimangono, soprattutto, rovine a coprire la nostra rovina di entità sociale. O no?




venerdì 16 ottobre 2015

§ 174 161015 Un luogo dell'anima, l'anima di un luogo.

Quelle che seguono sono considerazioni a ruota libera, la citazione di Borges proviene dalla memoria e potrà essere imperfetta, come sempre non rileggo e non correggo, sono stanco e disinteressato per smettere di essere incorreggibile, per cui chiedo venia per le sviste eventuali: chini nascia quatratu...
In questi giorni è partita una petizione per la salvaguardia di Madonna di Mare, località sulla quale insistono una chiesa che custodisce la statua di San Cataldo, i cosiddetti 'mercati saraceni', del XIX secolo, fatte salve alcune sciocchezze che si possono leggere in rete, un 'piazzolo', cioè una casamatta dell'epoca della II guerra mondiale, una torre del XVI secolo (sia la torre che la batteria costiera facevano parte di un sistema di avvistamento, la prima voluta da Don Pedro di Toledo, per difendersi, o scappare, per meglio dire, dai turchi, la seconda dagli 'alleati'). A mezzogiorno o sud-est, nella piana retrostante la Punta dell'Alice, Paolo Orsi, non immemore delle note di Giovan Francesco Pugliese e non insensibile ai voti di Luigi Siciliani, portò alla luce, nel 1924, i resti del santuario di Apollo Aleo. Coi mezzi moderni, nella rovinosa eppure irrinunciabile accettazione dell'insensato insediamento di uno stabilimento industriale, l'area dedicata a quel 'brillantissimo' dio è stata sacrificata per sempre, irrimediabilmente, in attesa che il capannone con annesso pontile, nascosto alle viste, nella foto che allego, da una bella pianta di fichidindia, passino allo stadio di archeologia industriale. 
Una petizione, dicevo, è stata lanciata, scatenando, sui social e non solo, commenti di qualsiasi tipo, con rivendicazioni di ogni genere e asserzioni che hanno del ridicolo, spesso improntate a totale ignoranza della storia di quel sito. Risulta tutto maledettamente difficile e in fondo riduttivo, banalizzato dalla ricerca di visibilità e riconoscimenti. 
Nessuno, ovviamente, vuole impedire lo sviluppo turistico di Cirò Marina, quello che si chiede è solo uno sviluppo rispettoso delle regole vigenti. La petizione si può firmare cliccando su questo link:





mercoledì 14 ottobre 2015

§ 173 141015 Web a Cirò e Cirò Marina.

I miei due paesi d'origine non finiscono mai di sorprendermi... Persone a me care mi dicono che conosco Cirò (Marina) ma non i cirotani: sarà, ma non ne sono convinto. Ad ogni modo, tra le pratiche più diffuse nelle due Cirò, a giudicare da quello che trovo in rete e dalle notizie che mi giungono di prima mano, segnalo la moltiplicazione esponenziale delle foto riprese da altri e delle poesie sigillate da tanto di copyright. Quest'ultima è una accortezza dovuta al proliferare di poeti e scrittori le cui opere attecchiscono copiose da quelle parti. Purtroppo, per quanti temono di essere depredati delle loro inimitabili composizioni in versi o prosa, va detto che chiudere una poesia o uno scritto con il simbolo grafico del copyright non ha nessun valore legale. Un altro fenomeno è la ricerca di foto altrui da pubblicare sui social, facebook in primis, senza citare l'autore, la fonte, né tanto meno un semplice ed onesto 'foto dal web', o 'fonte: web'. Niente di niente, anzi, come si dice dalle quelle mie parti, con odiosa espressione: 'fricam e jam dirittu' (cioè, per i non cirotani: 'rubiamo e tiriamo dritto').
Rimedi? Qualcuno 'griffa' le foto apponendovi il proprio nome, rendendole praticamente non riutilizzabili e offrendone una versione deteriorata. Altri ricorrono a qualche colpetto di fotoritocco.
Di parlare di rispetto della 'proprietà intellettuale' altrui non mi sembra il caso, sarebbe tempo perso (tutto questo scritto lo è)... Qualcuno, facendo forse lo gnorri, dice che tutto ciò che finisce in rete diventa proprietà di tutti... Forse bisognerebbe spiegare che la condivisione è una cosa, l'appropriazione è ben altro.
Dopo tutto il valore assoluto rimane, anche se a giovarsene sono altri, ma la cifra di questi tempi, e modi, è quella che è... E allora vuol dire che la mia foto di una vinedda di Cirò ha un suo valore assoluto, se è stata usata per produrre la locandina di uno stage fotografico, peccato per quelle strisce nere che ne rovinano la solarità, ma insomma, ho avuto, da ignoto come sempre, un certo successo. Anche con le pagine facebook di Cirò Marina e dintorni me la sono cavata bene: migliaia di visualizzazioni e decine di condivisioni: una bella soddisfazione, non c'è che dire.
Ora immagino che anche gli scritti sul dialetto cirotano abbiano cambiato o stiano per cambiare paternità, magari con qualche lieve ritocco. Nessuna mania di persecuzione, tranquilli, oh miei tre o quattro amici lettori!, e nemmeno istinti alla Mazzarò, al quale Verga fa dire: ''roba mia, vientene con me'', cioè, alla cirotana: rrobba meja, venitìnni ccu mmija. Tutto sommato, anche questi, seppure avuti in maniera non proprio ortodossa, sono riconoscimenti, soprattutto la locandina: è comunque una attestazione avuta da professionisti della fotografia, anche se a mia insaputa.
Figura 1: foto di una vinedda di Cirò, fatta da me.
Figura 2: la stessa foto, scurita e ritoccata, riutilizzata per la locandina. Notare l'ombra dei panni stesi: impossibile pensare ad una coincidenza.
                       

Figura 3: passando il mouse sulla miniatura della foto (quella di figura 1... ma anche 2, il mio pc legge le informazioni: data, ora, modello di fotocamera)



Fig. 5: foto dal web.
Fig. 4: qualcuno ricorre ad orribili espedienti simili a questo.
          
E veniamo alle pagine di facebook: sotto mentite spoglie, una bella soddisfazione, migliaia di visualizzazioni e decine di visualizzazioni per la foto in fig. 6, di un treno in transito nei pressi di Madonna di Mare, foto poi ritirata, credo, dal gestore della pagina.
                                       Fig. 6
    Fig. 7: l'originale della foto... su carta Kodak, indistruttibile.
Fig. 8: tanto per non smentirsi, un altro mio successo per interposta persona... parlando di Cirò Marina e dintorni.
         Fig. 9: ...ed ecco l'originale.
        Senza rancore, senza polemiche, e giusto per il rispetto di ciò che anima le produzioni originali: lo spirito.
        © copyright? no, semplice cicerchiata!!!