Domani è San Cataldo, festa grande per Cirò, Cirò Marina... e altri. Mi piace ricordare questa ricorrenza con le parole sagge, profonde, e umanissime, del compianto maestro Peppino Ferrari, con le quali egli descriveva la festa e le lotte fra le due comunità per il possesso, o la custodia, forse meglio, della statua del Santo. Molte volte mio padre mi raccontò delle botte da orbi tra cirotani e marinoti nel contendersi la preziosa e adoratissima statua... E oggi annoto quasi con piacere che almeno a quei tempi si lottava, si litigava, si arrivava alle mani (e poi ci si ravvedeva e pentiva) per qualcosa di sacro, sebbene questo sacro, a causa di quelle 'palàti', venisse a stridere pesantemente nel contatto con il profano... Erano altri tempi, altri uomini, altre istanze morali e pratiche, e va bene, andava bene così, cioè a quel modo: probabilmente oggi una scazzottata per un simulacro sarebbe impensabile... e vorrà dire che può esserci del buono anche in una sciarrijàta, sempre che a qualcuno non passi per la testa una inopportuna 'replica': al di là dei 'particolari tecnici', amministrativi, le due comunità, a mio modestissimo parere, devono andare avanti così, con tutti i punti di contatto, e di forza, che le uniscono... come San Cataldo, appunto.
Non vi annoio oltre, e vi lascio alla lettura di uno stralcio tratto da Giuseppe Ferrari, L'identità della memoria, Calabria Letteraria Editrice, Soveria Mannelli, 2002.
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